lunedì 2 giugno 2008

Tra l'arca e il muro (3)


Parte terza

Quando Iona era ancora dentro la macchina ferma davanti alla magione di Arimanni, una voce di donna al telefono gli disse: «Ma cos'è questo casino? Sei a una festa?»



«Questo casino sono i Linking Park, e sono una precauzione. Ora mi dici che diavolo vuoi, Vania?»

Vania era la progenie più vecchia di Patricia Swalchech, la vampira che Iona aveva brutalizzato qualche sera prima per estorcerle informazioni sulla sua congrega pagana. Vania era quella dall'aspetto più giovane con fama di animale terribile e pericoloso nell'allegra famigliola delle discendenti rinnegate dell'Augusto Barone. Con opportuna negligenza le leggi segregazioniste che si interessavano di loro non si esprimevano con chiarezza sulle conversazioni telefoniche, ma c'era più di una ragione per mantenere i confratelli di congrega all'oscuro.

«Mi serve il tuo aiuto immediato», disse Vania.

«No grazie, sono allergico alle assassine seriali», rispose Iona alzando ancora di più il volume.

Vania cambiò di tono: «Mia madre non ha raccontato a nessuno del vostro ultimo incontro...» Oh! Almeno una cosa l'ho capita, pensò Iona che in verità si aspettava una mossa del genere, Sangue bastardo di Ventrue non tradisce, «Ma se non vieni subito qui cambierà idea».

Iona accese il motore dell'auto, si aspettava pure questo. «Vi offendete se dico che siete delle mignotte?»

Vania gli diede l'indirizzo di una casa nelle vicinanze dello stadio Renato Curi, poco distante da un locale chiamato L'Orto del Frate. Erano quasi le quattro di notte, ormai per la città giravano solo i metronotte e i vampiri. Quando Iona uscì dall'incrocio di Santa Sabina per andare verso Sant'Andrea delle Fratte, schiacciò a tavoletta per tutto il lungo rettilineo. L'Infiniti divenne una scheggia dal sibilo metallico, alla rotonda di fronte allo stabilimento della Perugina, Iona staccò a duecentotrenta chilometri orari scalando quattro marce su sei nello spazio di venti metri. Con tante buone dosi di controsterzo riuscì a tenere la curva mentre vi lasciava sopra circa duemila euro di battistrada, attraversò San Sisto a una velocità sopra i centocinquanta l'ora, arroventò i freni sui tornanti che portavano a Centova e non sarebbe finita qui, doveva risalire a Madonna Alta, svoltare a sinistra presso il semaforo, ridiscendere fino a via Caetani, tra saliscendi e curve a non finire.

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