giovedì 8 novembre 2007

“Sono troppo vecchio per queste stronzate”


Sono troppo vecchio per queste stronzate”


Perugia, via Cortonese.

No, questa volta non è il Mignottificio. Ci troviamo a pochi metri da Piazza del Bacio, dove hanno costruito tutto intorno uno splendido complesso architettonico in marmo bianco e finiture verdi che col suo design moderno e minimalista soppiantò il vecchio stabilimento della famosa industria di cioccolato Perugina. È rimasto solo il vecchio comignolo per la torrefazione del cacao, tutto il resto è occupato dagli uffici amministrativi della Regione Umbria e da piccoli appartamenti, un McDonald e qualche altro negozio del genere.

Iona si trovava a circa duecento metri dal complesso, nascosto tra la vegetazione che cresceva a lato della trafficata via Cortonese; sopra la sua testa passava la monorotaia del minimetrò, intorno le deviazioni e le recinzioni del cantiere della più avveniristica e imponente opera urbanistica della città dalla costruzione della Rocca Paolina.

Le auto passavano vicino a lui.

Troppo lenta...e questa è troppo piccola.

La Smart uscì dalla sua visuale oltre la curva. Iona indossava un paio di semplici jeans, scarpe da ginnastica, una maglietta di cotone e un giubbotto di pelle abbastanza logoro. Stava cercando un passaggio. Il Daeva doveva incontrare un Carthiano, il Barone lo aveva ordinato e lui si era scelto il Carthiano ma non lo aveva avvertito. Non poteva fare altro che presentarsi di sorpresa, altrimenti sarebbero saltati fuori tutti i Carthiani di Perugia a contrattare Debiti di Prestazione, patti di sangue, scambi di favori, puttanate varie per il semplice fatto che un Drago voleva parlare con uno di loro. Erano fatti così i 'compagni', e non avevano neanche tutti i torti, ma non per questo era giusto subire un tale trattamento.

Quindi Iona aveva escogitato uno dei suoi piani per arrivare direttamente al Carthiano prescelto, evitando il controllo costante e capillare del territorio messo in atto dal Movimento.

Il rumore di un motore ancora lontano attirò la sua attenzione.

Questo è un SUV e corre parecchio.

Iona si preparò. Un X5 comparve lanciato sui centodieci lungo strada cittadina a traffico canalizzato. Iona chiamò la Vitae e sfrecciò in mezzo alla strada a centoventi l'ora fermandosi di colpo davanti all'auto molto oltre qualunque tempo umano di reazione. Il SUV lo centrò in pieno scaraventandolo contro il guardrail che lo respinse e lo gettò a venti metri dal punto d'impatto.

Faceva un male cane. Il braccio sinistro era andato fuori uso, l'òmero spezzato si era quasi piegato in due e praticamente tutte le costole sul fianco avevano subito la stessa sorte, sentiva di avere il bacino incrinato, tre o quattro vertebre schiacciate o polverizzate del tutto, e doveva essersi rotto pure la calotta cranica.

A volte essere morti ha di questi vantaggi, pensò mentre cercava di sopportare al meglio il dolore, e speriamo che il tizio ci metta poco a razionalizzare, ho un sasso sotto la schiena.

L'X5 era uscito dallo scontro con il cofano un po' ammaccato e la mascherina frontale con i supporti rotti; il conducente aveva frenato solo dopo l'impatto, ma capì velocemente che un pazzo si era buttato sotto la sua macchina.

La portiera si aprì e il guidatore piantò a terra le gambe tremanti, stupefatto e sbiancato.

Oddio, Dio mio, Dio mio Dio mio Dio mio, Gesù e tutti i santi aiuto...”

E prendi questo telefono, pensò Iona a terra e abbastanza scocciato, anche se l'imitazione del cadavere gli riusciva benissimo.

Il tizio sulla cinquantina avanzò verso di lui con gli occhi sbarrati. Iona emise un rantolo per fingere di essere un uomo in fin di vita. A quello che lo aveva investito vennero le lacrime agli occhi: si era rovinato proprio ora che si era potuto comprare un macchinone da mezzo testone. Però non perse troppo tempo e alla fine riuscì a prendere il cellulare e a chiamare il 118, mentre altre auto sfilavano lentamente ai lati dell'incidente.

Hai visto? Vale ancora la pena confidare nel buon cuore della gente.

Iona restò immobile a terra per quattro minuti a partire da quel momento, emettendo di tanto in tanto un rantolo, mentre veniva circondato da una folla di curiosi e ascoltava frasi del tipo: “Non va spostato!”, “Bisognerà fargli la respirazione artificiale?”, “È vivo?”, “Oh Signore!”, “Io non l'ho visto, io non l'ho visto, si è buttato sotto all'improvviso”, “Secondo me è un drogato: guarda che faccia pallida”, “Speriamo bene”, “Ma tu guarda la gente che si vuole suicidare, almeno ammazzi col gas! Impiccati!, non andare a rovinare le persone”, “Io non l'ho visto, oh Dio mio, mio Dio...”

Le sirene dei mezzi d'emergenza iniziarono a sentirsi in lontananza. Prima arrivò la polizia e immediatamente dopo l'ambulanza dei paramedici. Vista la gravità della situazione nessuno si perse in chiacchiere e imbracarono il vampiro su una barella caricandolo nell'ambulanza che ripartì a razzo verso l'ospedale di Santa Maria della Misericordia, a cinque minuti dal luogo dell'incidente

Un medico aveva strappato la maglia di cotone sul petto di Iona (maglia di cotone con questo freddo? Pensò) e un altro infermiere gli aveva alzato la manica della giacca di pelle per infilargli una flebo, o meglio: ci stava provando, perché la Succube aveva rimesso in moto il suo sangue quel tanto che si addiceva per un tizio in fin di vita. Ed era persino troppo: usare i poteri da vampiro per simulare l'esistenza vivente in quel momento gli procurava un dolore lancinante alle ferite.

Il dottore armeggiava auscultandolo quando gli mosse il braccio spezzato in due. Iona urlò come mai prima e iniziò a vedere rosso; si dibatté con la sua forza di non morto che non poteva essere quella di un morente. Nei sobbalzi dell'ambulanza sentì il medico dire: “Prendigli un campione di sangue, appena arriva al pronto soccorso gli va fatto un tossicologico”.

Eh no! Merda! Questo non deve succedere, pensò Iona rinsavendo immediatamente. Doveva trovare un diversivo perché i medici lasciassero perdere la sua Vitae.

Bloccò gli occhi a fissare il tetto dell'abitacolo e fermò il cuore ponendo fine all'incantesimo della falsa vita. Gli elettrodi che gli avevano appena attaccato sul petto registrarono la cosa e sotto il canto della sirena si impose il fastidioso beep di un cuore spento. Intorno a lui la confusione aumentò. “Intuba!” Gridò il medico.

Il secondo infermiere che gli aveva sfilato le scarpe e stava lavorando sui pantaloni fece un balzo in avanti salendogli cavalcioni sul corpo e gli infilò in una frazione di secondo un tubo in gola.

Ma nei telefilm non lo fanno da dietro? Pensò Iona mentre gli pompavano a mano aria in corpo.

Fatta l'adrenalina?” Disse il medico di spalle mentre girava delle manopole.

Non riesco a prendere la vena, sono collassate tutte!” Urlò disperato l'infermiere.

Ma che cazzo è?” Rispose l'altro che lo ventilava mentre si faceva da parte, “I polmoni non si riempiono”. Il dottore non li ascoltò, doveva assolutamente farlo arrivare vivo al pronto soccorso, si voltò di scatto per piazzare le piastre del defibrillatore sul petto di Iona.

La scarica partì e fu solo perché un tubo gli ostruiva la gola che Iona riuscì a continuare nella farsa. Il medico ripeté la scarica mettendo a dura prova la sua resistenza, ma per fortuna erano arrivati all'ospedale.

Lo sbarcarono tra i sobbalzi, fu un rollio forsennato di luci fredde e voci concitate mentre non smettevano di ventilarlo – tra un po' non resisto più e tiro una di quelle scoregge...pensò il vampiro – fino a una sala del pronto soccorso. I medici gli si accalcarono intorno come un branco di lupi sulla preda, tranne uno che si infilò i guanti con metodo e iniziò a guardalo da dietro. Gli mosse la testa di lato: “Lasciate perdere”, disse dopo aver notato una profonda abrasione e un taglio in corrispondenza di una vistosa dislocazione dell'osso occipitale, “'Sto poveretto si è spaccato la testa ed è già in arresto, è andato”.

Smisero di ventilarlo. Quando il pallone venne staccato dal tubo Iona poté espellere lentamente l'aria in eccesso con un sospiro. Era finita, ed era entrato nell'ospedale senza destare alcun sospetto.

Gli stesero un lenzuolo in faccia e lo lasciarono lì. Sicuramente andavano a parlare con la polizia di uno sconosciuto senza documenti. Per prima cosa si sistemò il braccio che faceva ancora male, il resto sarebbe venuto dopo, quando lo avrebbero spostato per lasciare spazio alla prossima emergenza. Sperò che non ci mettesse molto ad arrivare.

Infine un inserviente arrivò per spostarlo, spingendo la barella fuori dalla sala emergenze verso un corridoio oscuro, forse in compagnia di altri sventurati.

Mmmh...non male come occasione...al limite ci sarebbero i cadaveri freschi. Tutto questo non movimento mi ha messo sete. Pensò e poi ci ripensò: meglio lasciar perdere. Ho punito un bracconiere poche settimane fa e non è caso di ridursi a essere come loro.

Fu lasciato solo e finalmente si poté togliere quel fastidioso tubo dalla gola, comunque sempre meglio che un clistere, e si alzò a sedere sulla lettiga. Gli infermieri gli avevano lasciato le scarpe sulla barella, erano solo un paio di Nike di quattro anni fa dopotutto, la maglietta era tagliata ma il giubbotto ancora decente. Chiuse la zip sul petto, si aggiustò i pantaloni e iniziò ad ascoltare se ci fosse nessuno intorno.

Vagò con circospezione per l'ospedale, non tanto perché temeva di essere riconosciuto per il moribondo entrato in orizzontale venti minuti prima, ma con la paura di incrociare qualche Carthiano. Invece incontrò un'infermiera vecchia striminzita che gli faceva sangue lo stesso dato che aveva rigenerato tutte le ferite e aveva appetito. Finse di essere spaesato e perso, lo avevano chiamato per identificare il corpo di un parente deceduto ma non riusciva a trovare la strada per l'obitorio. L'infermiera lo fissò stralunata.

Azz! Sta a vedere che qui in Italia non funziona così. Maledetti filmacci americani.

Si diede un aiuto con le sue doti da Succube, l'infermiera cambiò d'umore e d'espressione e gli spiegò come raggiungere l'obitorio prendendo un ascensore di servizio.

Scese nei piani sotterranei trovando tutte le porte aperte e le stanze vuote fino alla sala della autopsie. Entrò trionfante annusando l'odore di cloroformio e disinfettante della stanza, piccola, ma lucida e pulita. C'era tutto, anche gli 'schedari' con i cadaveri dentro. Era curioso, quasi impaziente, gli sarebbe piaciuto davvero mettersi un camice e iniziare a tagliuzzare corpi per vedere com'erano fatti dentro. Ma era Inviato dal Barone, non poteva permettersi cazzate, così si stese su tavolo operatorio a coltivarsi la sete.

Passarono quaranta lunghi ed eterni minuti, poi sentì dei passi avvicinarsi e insieme a questi la presenza di un Fratello.

La porta si aprì ed Asclepio, Nosferatu del Movimento Carthiano, entrò. Era alto uno e novanta per centosessanta chili, calvo, rugoso e con la pelle cadente, gli occhi piccoli e infossati nel lardo, ma tutto sommato era uno dei Nosferatu perugini catalogabili come presentabili, a parte il fatto che aveva tre menti e due bocche; parlava solo con quella di sopra, quella normale – quella inferiore di solito seguiva i movimenti dell'altra tremando e mostrando pochi denti e una rossa cavità.

Asclepio comprese subito che il corpo sul tavolo non era né il lavoro di quella sera né la cena, anche perché sapeva benissimo chi era. Appena entrato il Nosferatu ebbe un momento di assenza per poi iniziare a tremolare in tutta la sua montagna di carne, il mento inferiore cadde di scatto e dalla sua seconda bocca uscì una sporgenza con quattro o cinque zanne arcuate.

Iona sgranò gli occhi, “Oh crap!” Esclamò balzando giù dal tavolo e piegandosi sotto questo per cercare riparo. “Calmo...buono...”, disse la Succube come se fronteggiasse un animale feroce. Non sapeva se in condizioni normali avrebbe potuto reggere un Asclepio in Frenesia, ma affamato com'era sarebbe stato troppo lento per evitare quella massa di carne e grasso.

Asclepio appariva calmo, fermissimo nel suo calmo intento di aggredire Iona con rabbia e ferocia, avanzava minaccioso. Eppure sento che non è più forte di me...pensò mentre muoveva gli occhi alla ricerca di un'arma, macché bisturi! Ci vorrebbe una granata!

Asclepio si schiantò di fronte a Iona schiacciando i palmi delle mani sul tavolo operatorio che non si frantumò per miracolo.

Skidone...”ansimò il Carthiano, “Che cazzo ci fai qua?”

Iona si rasserenò, il pericolo era scampato, e sorrise.

Sono Inviato in Nome dell'Augusto Barone”, disse presuntuoso come non mai.

Asclepio grugnì aiutandosi con le mani a raddrizzare la schiena tirata verso il basso dal ventre sproporzionato. “E dicendo questo sei passato ai controlli?”

Be'...” Iona allargò la bocca, “Ne parleremo, ma prima posso approfittare della tua ospitalità?” Asclepio lo guardò di traverso, “E dai, è una tradizione...”

Il Carthiano grugnì, si avvicinò con movenze pinguinesche alle celle dei cadaveri e ne aprì una facendo scivolare fuori la salma contenuta.

Qui ho solo questo, non ti lamentare”, disse.

Iona guardò affascinato Asclepio che con delle mani piccole e perfette, del tutto sproporzionate al resto del corpo, prendeva un bisturi e incideva profondamente il fianco del cadavere sotto il fegato. Spinse a fondo la lama e metà dell'impugnatura e poi la sollevò per allargare l'incisione. Del sangue iniziò a uscire nero e denso, quasi schiumoso, che venne raccolto in un beaker da mezzo litro. Quando fu pieno per poco meno di metà il Nosferatu lo passò al Daeva.

Iona lo prese ansioso e poi saltò a sedere sul tavolo operatorio per la pappa.

La pappa faceva schifo, era roba morta da ore.

Fa schifo!”

Ti avevo detto di non lamentarti”.

Iona guardò il grassone con astio, aveva a disposizione un'intera banca del sangue, la più grande riserva di tutto il Dominio, e lo stava trattando come uno straccione. Inghiottì il boccone amaro e se lo segnò sulla sua agendina nera.

Certo che sei sistemato bene Asclepio, chissà quante cose interessanti combini qui”.

Non sono affari tuoi”.

E dai, siamo due scienziati, non vedo cosa c'è di male”.

La scienza, Schidone, è la chiave di volta della liberazione di tutti gli esseri razionali...”

Frase più vecchia dei vampiri”, lo interruppe Iona, ma Asclepio proseguì: “Tu non sei uno scienziato. Vorresti essere uno stregone e persegui la via dell'oscurantismo. Se la mia è una frase vecchia, è vecchia quanto la lotta tra l'opposizione e la liberazione”.

Io”, rispose Skidone alzando la voce, “Sono il Magister Illuminator dell'Ordine del Drago”, si erse in piedi a fronteggiare venti centimetri di differenza in altezza, “Tu compagno devi portarmi rispetto, riferisciti a me con il Lei, anzi, col Voi”. Quando era troppo era troppo.

A Corte, può darsi, quando verrò. Ma tu sei in territorio Carthiano, e scommetto che sei entrato di nascosto. Sai bene che noi non vogliamo rapporti con i Dragoni e quindi inizia a pensare a un prezzo da pagare per questa chiacchierata”.

Bene”, disse Iona asciutto, “Passiamo al sodo: sono qui Inviato dall'Augusto Barone in ottemperanza del Protocollo dell'Indirizzamento, devi combinare un incontro ufficiale tra me e Attia dei Pagani”.

Non so di che parli”, rispose Asclepio.

Sarà il tuo capo ossia il Priore dei Nonmorti a fare tutto – a proposito come sta? Sono anni che non lo vedo”.

Asclepio non rispose, si limitò a grugnire ruotando di lato tutto il suo lardo.

Bene, ora dimmi un'altra cosa: che ne sai tu quel neonato che Attia ha mandato a rapire? Che doveva farci?”

Asclepio fece vento con la sua stazza tornando a fissare Iona con gli occhi stupefatti.

Non so di che parli”.

Oh, se ti riferisci al fatto che non sai niente dell'uso di cui Attia voleva fare dell'ultimo bambino nato nella prima decade di novembre, mi può anche stare bene; ma non dire anche che ignori del tutto il fatto che qualcuno ha passato ai Pagani tutte le generalità di tale bimbo e della sua famiglia...be' questa è una menzogna”, Iona alzò il mento assumendo un'aria furbetta, “Che ti lega mani e piedi a qualcosa di oscuro e pericoloso che ha a che fare con il Mostro, qualcosa su cui sto indagando”, Asclepio spalancò entrambe le bocce pietrificandosi, “Non sai niente neppure di questo?” Inquisì Iona.

Asclepio fece tremare tutti e tre i menti, le guance e il ventre.

Ora lo sai”, concluse Iona. “Be', io vado via. Per favore, nessun disturbo o altre stupide pretese, e – oh! è scomparso il cadavere di uno sconosciuto morto investito un'ora e mezzo fa. Occupatene, grazie”.

mercoledì 22 agosto 2007

Preparativi per la festa


No! Poggia subito quell'aggeggio infernale!” Urlò Iona sulla sedia del barbiere di fronte allo specchio del bagno, “Ti ho detto che questa sera i capelli me li devi lasciare un po' più lunghi e tirarmeli all'indietro”.

Ma ti stanno male...” Rispose con poca convinzione l'uomo riluttante ad abbandonare il rasoio elettrico.

Iona non gli diede alcun peso, aggiunse anche: “Lasciami i baffetti e la mosca sotto il mento”.

Ivo rise: “Che è una delle vostre feste a tema? Stasera è 'Pupe & Gangster' per caso?”

Magari...” Sospirò il vampiro, “Mi ha chiamato il Barone”.

Chi? Il grande vecchio che ogni tanto si stupisce del fatto che non c'è più la Rocca Paolina?”

Iona lo guardò in tralice: “Non copiare le mie battute e non azzardarti neanche a pensare di nuovo una cosa del genere, questo non è uno scherzo”.

Lo so”.

Non abbastanza. Ci sono troppe cose che sai e non dovresti. Avanti, fa bene il tuo lavoro e pensa solo che quello è il mio capo, cioè quello che mi permette di continuare a esistere, quindi è quello che permette anche a te di continuare a vivere”.

Ivo non si fece ripetere la lezione, infilò le dita negli anelli delle forbici e iniziò a tagliuzzare.

La tranquillità non era durata abbastanza, solo il tempo di riprendersi dalla nottata con Patricia, senza poter neppure pianificare una mezza idea per il futuro, che già la Danza era ricominciata con la sua musica. Una convocazione a cena col Barone, roba da far scappare in esilio chiunque, anche solo per aver detto una parolaccia a Corte. Comunque Iona si sentiva abbastanza sicuro: non c'era possibilità che fosse trapelata la storia della scappatella tra lui e la ex progenie dell'Augusto. Oh sì, la Pagana si sarebbe torturata per l'eternità con l'anelito della vendetta, ma di questo si sarebbe occupato presto, sempre che il Barone non lo incastrasse con qualche stronzata delle sue. L'unica nota positiva era che l'altra ragazzina sembrava partita davvero per Genova, e Iona sperava di poterla rincontrare solo dopo il suo terzo parto.

Iona Skidone, del clan dei Daeva, Giurato ai Misteri dell'Ordo Dracul perugino e comprovato perito di questioni esoteriche lasciò la sua Infiniti G35 coupè al parcheggio custodito del Mercato Coperto, una struttura costruita sul dirupo a picco dell'Acropoli cittadina. Un ascensore lo avrebbe portato in Piazza Matteotti, quella che per secoli era stata chiamata la Piazza Piccola o del Sopramuro, dove si trovava il magnifico palazzo dell'antica Università, ora sede del Tribunale.

Erano le otto e venticinque di una serata di fine novembre, l'appuntamento era per le otto e trenta, la puntualità il massimo grado di rispetto che poteva tributare all'Augusto Barone Giacomo Danzetta, Domine Perusinum, Principe di tutti i Fratelli dell'Umbria. Tuttavia c'era ressa agli ascensori, e gli ascensori hanno dei terribili difetti chiamati 'specchi' al loro interno, e i vampiri vengono riflessi distorti da questi.

Seppur terrorizzato da un ritardo, Iona attese che la calca scemasse controllando che le sue scarpe fossero così lucide da far male agli occhi e che il gessato nero non si fosse sciupato. Infine riuscì a imboccare un ascensore in solitaria, indossò lo spolverino una volta dentro e controllò che i capelli tenessero l'acconciatura; non sarebbe stato bello che quando si fosse tolto cappello qualche ciuffo ribelle si sarebbe alzato, peggiorando tra l'altro la sua calvizie.

L'ascensore lo depositò all'altezza del corso di Perugia: due vie parallele collegate da alcune traverse e da Piazza Italia in fondo alla sua sinistra. C'era vita in questo inizio di serata di venerdì, la gente aveva appena chiuso con gli aperitivi e iniziava a recarsi a cena. C'era sempre vita di notte nell'Acropoli di Perugia, perché altrove non c'era assolutamente nulla o quasi, e per un abitante dell'Umbria era un'abitudine normale farsi trenta, quaranta oppure anche cinquanta chilometri ogni sera solo per farsi una passeggiata, persino quando era freddo e pioveva. Erano stati Loro a volere tutto questo, erano stati loro a creare questa Ville Lumière in miniatura in mezzo a una regione dominata dai boschi e dalle montagne; questo era il Loro regno dove prosperavano sicuri, protetti dall'ambiente urbano che avevano costruito in base ai loro desideri. C'erano circa cinquanta Fratelli in Umbria, un numero elevatissimo per solo 850.000 abitanti, forse 900.000 contando gli immigrati non regolari; di più proprio non ne poteva contenere e probabilmente anche per questo era ricominciata la Danza Macabra – troppi vampiri in un solo luogo non durano per molto, è l'antica e ineluttabile legge dei predatori che essi si riducano di numero quando si oltrepassa una certa soglia critica.

Iona aveva appuntamento con l'Augusto Barone al Gran Caffè di Perugia, neanche quattrocento metri di strada da dove si trovava in quel momento. Tuttavia mentre si avvicinava, insieme alla percezione della presenza di un Fratello ebbe la certezza che sarebbe arrivato drammaticamente in ritardo, perché questo Fratello era Ascanio dei Nosferatu.

Ascanio era già a Caccia, anzi, Ascanio era sempre a Caccia perché aveva come unico Territorio nell'Acropoli i tre gradini di marmo posti di fronte all'ingresso del Palazzo delle Poste, la cui unica attrattiva era un chiosco di birra a buon mercato che tutti chiamavano da sempre 'La zozza'; ma Ascanio non aveva diritto di lamentarsi e non lo faceva, era appena un neonato a cui era stato dato il rango di Fratello del Corso, escludendo altri, ben più anziani e titolati. Forse aveva ricevuto il privilegio di poter cacciare nell'Acropoli solo perché così qualche escluso era stato oltraggiato e umiliato dal potere dell'Invictus.

Non appena i due vampiri entrarono nel raggio in cui i loro sensi iniziavano a funzionare, Iona sperò che Ascanio prendesse paura e scappasse, invece lo vide col suo passo claudicante, causato dalle ossa del bacino difettose, indirizzarsi verso di lui. Le prede abituali di Ascanio erano membri di gruppuscoli di punkabestia, freakkettoni, tossici senza un soldo in tasca e cani che questi si portavano dietro ovunque andassero. Per essere più efficiente si mescolava a loro: alto, magro, allampanato ed emaciato, da anni con i soliti anfibi bucati, un paio di jeans attillati, una camicia di flanella legata ai fianchi che forse un tempo era a scacchi, il chiodo di pelle sopra una maglietta bisunta e spille, spillette, piercing, borchie, una cresta al posto dei capelli... Stava sempre curvo, aveva un occhio perennemente chiuso e non riusciva ad aprire completamente la bocca se non per addentare una vena e succhiare il sangue; sembrava un ritardato mentale sempre alla ricerca di una birra a scrocco, di qualche droga o di spiccioli, ma in realtà era perfettamente furbo e intelligente.

Iona era stato un cosmopolita un tempo, e conosceva quasi tutte le famiglie e i lignaggi dei vampiri al mondo visti personalmente oppure per sentito dire, ma gli Infestatori di Perugia erano particolari e bizzarri; nessun Nosferatu era capace di essere attraente o gradevole, ma questi qua erano tutti drammaticamente deformi e raccapriccianti. Ascanio, guercio, zoppo, storpio, piegato e con una favella poco intelligibile, non era affatto uno dei peggiori esemplari. Iona sapeva benissimo quello che lui stava facendo, sapeva che cosa gli avrebbe detto e Ascanio già conosceva la risposta; ma il gioco non cambiava perché l'Infestatore insisteva, insisteva e insisteva.

Siz-ghior Sc-chidon, 'uona sera”, eccolo qua, già all'attacco.

Iona si frugò nelle tasche alla ricerca di spiccioli, ma aveva solo banconote da cinquanta euro. Dovevano salvare le apparenze di fronte al bestiame.

Sera 'Scanio, com'è la Caccia?”

Bb-uona, sc-cusi se la fer-mo ma volevo sa-ere se e-o st-à-o ac-c-cet-tato”.

Sfogliando la mazzetta dei contanti Iona trovò cinque euro spiegazzati tra le altre banconote. “Non ne ho idea, non sono io quello che si occupa del reclutamento dei nuovi membri”.

Ma pb-uò met-e-rere un pb-pa-ola?”

Non lo so, e ora scusami, devo andare di fretta”, Iona passò oltre, “Eh oh!” Disse fermandosi lo stretto necessario: “Non mi ricordo più se è la settima o l'ottava volta che mi fai questa domanda”, si fece severo, “Abbiamo compreso i tuoi desideri e la tua chiara volontà, tranquillo”, sorrise rassicurante.

Ma tu guarda se devo fare il lavoro degli altri. Persino le pubbliche relazioni coi Tiepidini mi devo sobbarcare. Arimanni mi sentirà, una di queste notti mi sentirà. Pensava il Daeva.

Il Gran Caffè di Perugia era il ristorante-bar più lussuoso di tutta la città posizionato a metà strada nella prima traversa tra Piazza Matteotti e Corso Vannucci, l'accesso era vietato a tutti i vampiri a meno che non avessero un invito formale del loro capo. Entrato, Iona rimase splendidamente colpito dal brillare dei marmi e anche un po' intimorito dal fatto che riflettevano tutti i presenti. Senza dubbio questo era un locale che nascondeva molte cose, ed era fatto apposta per tenere alla larga gli indesiderati.

Un cameriere dietro il bancone lo fissò, ma non sembrò badare alla sua immagine distorta riflessa in terra. “Desidera?” Gli chiese premurosamente.

Iona si accostò al bancone e disse: “Ho un invito”, ed estrasse un piccolo biglietto da visita che l'entourage dell'Augusto gli aveva recapitato insieme alla sua convocazione.

Il cameriere si fece ancora più cortese, “Oh sì sì, solo un secondo per favore”, e poi si avventò sul biglietto col chiaro intento di strapparlo dalla mano della Succube a qualsiasi costo. Il cameriere usò un telefono interno e in quel momento scoccarono le venti e trenta, almeno l'obiettivo della puntualità era stato raggiunto. Comparve un signore in completo grigio, spalle poderose, un metro e novanta di statura e auricolare nell'orecchio destro. Salutò e disse: “Se vuole lasciare il soprabito e il cappello, può seguirmi”.

Fece come richiesto e seguì l'uomo fino a una sala da pranzo privata. La porta si aprì e Ionandreij Skiidonÿ venne introdotto alla presenza dell'Augusto Barone.

C'era un motivo per cui Iona aveva indossato un gessato doppiopetto nero, un panciotto da cerimonia, cravatta in tinta unita e scarpe con un foggia che non veniva più modellata da molti anni, perché era lo stesso stile di abbigliamento solitamente usato da Sua Maestà Giacomo Danzetta; l'unica differenza era che per l'Augusto questo era il periodo del tweed di un colore verde oliva molto scuro. A vederli come due semplici umani i due dimostravano più o meno la stessa età; Iona era un po' pelatino e questa sera aveva la testa piena di righe di capelli impomatati di gel, il Barone difficilmente superava i trent'anni e sembrava avere un volto tipico del XVIII secolo. Aveva i capelli dall'attaccatura alta ma perfetta, stirati e acconcianti dietro alle orecchie in morbide onde, se non fosse stato per il naso leggermente adunco, un po' troppo sporgente, e per due triangoli di carne morta e raggrinzita sotto gli occhi, sarebbe stato veramente un bellissimo uomo nel fiore degli anni. Ma era vecchio di secoli, alcuni – esagerando – dicevano oltre seicento anni. Nessuno lo sapeva perché l'Augusto aveva quel dono che gli permetteva di occultare il suo potere ai sensi dei Fratelli, e lui ne faceva cortesemente uso, per evitare che i suoi sudditi fuggissero come animali impazziti alla sua presenza.

Senza aspettare alcunché Iona poggiò il suo ginocchio sinistro a terra, un inchino profondo con il quale lasciò che la sua mano destra poggiasse sull'altro ginocchio per mettere in evidenza un semplice anello di onice nera all'anulare. Quello era un simbolo da mostrare in queste occasioni, Iona dava per certo che l'Augusto sapesse cosa era un Giurato ai Misteri dell'Ordo Dracul, e che il titolo di Arimanni come 'capocongrega' in realtà non valeva la carta dove era stato scritto per la prima volta; lui era il vero rappresentante politico dell'Ordine, il cervello, colui che decretava sulla Danza Macabra per tutti i Dragoni.

Iona aveva alle sue spalle una guardia del corpo dell'Augusto, alle spalle del Barone ve ne erano altre due, sempre prestanti, in completo grigio e dotate di auricolari. L'Augusto non era seduto solo al tavolo sontuosamente imbandito per la cena, c'era un uomo di mezza età calvo e grasso che doveva essere un qualche alto funzionario della pubblica amministrazione italiana, accompagnato dalla moglie e dalla loro figlia. Tutti erano umani più o meno, perché tutti erano più o meno vincolati misticamente all'Augusto Barone, servi, attendenti e bambole da cui spillare il sangue.

E quanta fatica gli costa mantenere in piedi tutta questa claque? Si ritrovò a pensare Iona, ma era un'osservazione sciocca, perché proprio questo codazzo di umani era la dimostrazione più limpida del potere del signore di tutti i vampiri della città.

Infatti: “Benvenuto alla Nostra mensa Magister”, disse l'Augusto con solennità, “È solo?” Aggiunse, come fosse una constatazione umiliante.

Sì Augusto. Non rammento se mai ho avuto modo di manifestarlo, ma le mie abitudini sono frugali”, rispose Iona conoscendo ancora meglio che se era vero che la Prima Tradizione della Maschera imponeva ai vampiri di essere quanto più distanti dagli uomini, il potere di creare una mandria intera di bestiame senza correre minimamente il rischio di svelare la propria natura, era il culmine del paradigma di un predatore.

Si alzi e sieda con Noi”, lo omaggiò l'Augusto.

Iona si rialzò, c'era un posto d'onore libero dirimpetto all'Augusto al tavolo imbandito per una serata di gran gala. Un body guard gli stava accostando la sedia. Iona si mise comodo e composto, si sbottonò la giacca e depose il tovagliolo sulle ginocchia scimmiottando un uomo.

Un altro body guard accorse con un carrello che trasportava una zuppiera d'argento, Iona osservò interdetto il servo del Barone versare acqua e vino nei suoi bicchieri e poi fargli una porzione di minestra calda e fumante nel piatto.

Cos'è? Uno scherzo sulle chiacchiere intorno ai Draghi? E poi io non mi ricordo se devo usare il cucchiaio di destra o quello di fronte... Pensò Iona preoccupato per il suo galateo.

La Nostra opera è stata di coltivare una terra ricca e florida, così da poterla condividere con i Nostri sudditi”, proruppe l'Augusto, “Si nutra Magister”.

La ragazza giovane, seduta alla destra del Barone, si alzò educatamente e in silenzio si accostò a Iona mentre un servo aveva già predisposto la sedia per ospitarla a fianco del Daeva. La ragazza avrà avuto tra i diciassette e i vent'anni, assomigliava vistosamente alla madre: era elegante ma non bella, alta e filiforme. La testa un ovale perfetto, ma il volto era allungato dal naso a punta e troncato dal mento sfuggente. Quando lei sedette come una bambola mettendosi le mani tra le ginocchia aveva una strada luce negli occhi, a metà strada tra paura e desiderio.

Iona non aveva fame (o sete) ma non poteva permettersi di rifiutare l'offerta, questo era ovvio, era meno ovvio se doveva abbrancare la preda e sbatterla a terra come una fiera lasciandola quasi in fin di vita, oppure doveva darle solo un assaggio elegante e formale, valli a capire i vampiri anziani e fuori dal tempo, quelli che si fanno le regole secondo il capriccio. Tuttavia, nell'attimo di indecisione la Succube ebbe modo di assaporare la situazione: aveva di fronte i suoi genitori che lo stavano osservando mentre era in procinto di fare alla loro figlia qualcosa di inimmaginabile e blasfemo in termini morali, religiosi, etici, sessuali, personali. I genitori non sembravano affatto scossi, sembravano incapaci di mostrare emozioni, come rassegnati, e questo era piacevole, sublime.

Iona si tolse gli occhiali e si accostò alla preda, lei chinò la testa di lato mettendo in mostra un lungo collo da cigno, Iona la toccò con la destra sulla spalla senza ricevere risposta, si allungò e arrivò sulla carotide da dietro; solo in quel momento la ragazza reagì al Bacio, ma era una Bambola di Sangue, una puttana per Dannati e il suo fluido scarlatto non aveva la stessa freschezza di quello rimediabile da una vera Battuta di Caccia. Ciò fece svanire la magia del momento, spingendo Iona a bere quel tanto per riempirsi la bocca, facendo attenzione che non una sola goccia cadesse, lasciò la presa e chiuse le ferite. Un gesto praticamente perfetto. La fanciulla lo guardò insoddisfatta: Se proprio dovevi farlo, almeno avresti potuto farlo durare, sembrò dirgli.

Appena tornò composto sulla sedia Iona vide il Barone fare un gesto senza la minima partecipazione. La ragazza si alzò dalla sedia lentamente così come i suoi genitori e silenziosamente si allontanarono dalla tavola senza neanche salutare, poiché erano servi, decorazioni, nulla di più.

Magister”, lo richiamò il Barone perché i convenevoli dunque erano stati ultimati, “L'abbiamo portata alla Nostra presenza perché lei non è un comune ospite del Nostro Dominio”, questa era una cosa buona, “Come tutti i Nostri sudditi ha delle responsabilità”, no, non era affatto una buona cosa; era la solita e melensa sagra Invictus delle frasi fatte.

Gli ultimi accadimenti Ci hanno turbati e su di essi attendiamo un responso dalla congrega dei Dragoni”.

Stiamo lavorando con tutta l'alacrità e l'abnegazione che conosciamo”, rispose Iona sapendo che era altamente insufficiente, ma l'Augusto si sarebbe dovuto accontentare per ora; aveva passato le ultime notti a pensare e pensare a diverse strategie, ma sceglierne una e metterla in pratica era tutta un'altra questione.

Il Barone si adombrò, non nel senso che si fece più cupo d'espressione, ma nel senso letterale per il quale delle ombre cominciarono ad allargarsi senza ragione sul suo corpo, macchiando minacciosamente il suo volto.

A breve sarà il Nostro cento e cinquantesimo anno di Regno”, cioè nel 2011, pensò Iona prendendo nota della bizzarra percezione del tempo dell'Augusto; “Lei non era neanche nato in qualità di essere vivente quando Noi già regnavamo da molto a lungo, e non permetteremo che alcun avvenimento turbi l'avvento dell'anno cento e cinquanta in questa città, men che mai quelli di natura mistica”.

Sarà fatto”, rispose convintissimo Iona.

In base alla sua conoscenza e alla sua saggezza, quali potrebbero essere le possibili implicazioni dei Pagani in queste vicende?” L'Augusto fece una pausa mentre Iona metteva a tacere la Bestia sperando fortemente che il Barone avesse dei canali tutti suoi e completamente diversi dai propri per arrivare a tali conclusioni, “Ha facoltà di esprimersi liberamente”, concluse Giacomo Danzetta.

Primo: scartare le cose ovvie - “Il fatto che siano trapassati alla Fine Ultima due Fratelli del Circolo non rende l'ipotesi impossibile, in nessun caso”, secondo: ribadire le cose ovvie - “Poiché per quanto superficiale e incompleta è la mia conoscenza nei riguardi dei Pagani, ho sempre potuto constatare oggettivamente che il loro desiderio di acquisire il controllo delle risorse soprannaturali di questa terra è stato sempre capace di trascendere regole, tradizioni e farsi perfino beffe delle prospettive apocalittiche”, terzo: rendere ogni cosa ovviamente impossibile - “Ma in tutta umiltà e sincerità, ritengo che la risposta a questi interrogativi possa trovarsi unicamente in bocca alla Gerofante Attia, perché è notorio che ella tiene all'oscuro di quasi ogni cosa i suoi Accoliti”.

Concordiamo”, rispose il Barone quasi soddisfatto, “Perciò lei sarà il Nostro Inviato presso Attia”. Iona sgranò gli occhi. Tradotto in termini da ventunesimo secolo tutto questo stava a significare: non fare il furbo con me.

Noi vi conosciamo e apprezziamo le vostre doti dialettiche ed espressive”, era passato al 'voi' inaspettatamente, “E confidiamo che solo queste potranno essere capaci di portare un risultato confacente alle Nostre aspettative. Ci soddisfi Magister e avrete uno scranno d'onore nella notte del cento e cinquantesimo anno”.

Failure isn't an option, si ritrovò a pensare Iona.

Dovrete usare il Protocollo dell'Indirizzamento”, terminò il boss.

Iona stralunò gli occhi a causa di una falla nella sua memoria. Questo 'Protocollo dell'Indirizzamento' doveva essere una delle molteplici 'espressioni di volontà' del signore dei vampiri: Legge, Patto, Accordo, Editto, Contestazione, Delibera, aveva praticamente saccheggiato il dizionario della giurisprudenza per dare a ogni pezzo di carta con la sua firma un nome proprio. Mentre in gran parte delle questioni di ogni notte la Praxis del Danzetta poteva essere considerata incredibilmente liberale – all'insegna del 'tu non mi crei guai e io non ti mando il mio Segugio Gangrel a deturparti la faccia' - qualsiasi questione che sfiorasse la politica era letteralmente sommersa da una valanga di codici e codicilli scritti anche centinaia di anni prima, che si accavallavano e si contraddicevano spudoratamente. Un bel vantaggio per il Barone: il più grande nemico dei suoi nemici era una burocrazia infernale, mancare un solo dettaglio nelle procedure legittimava una messa in stato di accusa per sovversione e illegalità.

L'Augusto stava attendendo da ben tre secondi che il suo Inviato desse conferma di conoscere il Protocollo dell'Indirizzamento, quando per miracolo Iona se lo ricordò: “In qualità di Inviato dell'Augusto Barone, non posso indirizzarmi direttamente a nessuno del Circolo della Megera poiché ciò contravverrebbe alla 'Regalìa della Sottomissione', la quale impone all'Invictus e a tutte le sue emanazioni di mantenere come primo destinatario degli incontri ufficiali la Lancea Sanctum. Ma dato che la Lancea nega ogni relazione politica formale con i Pagani, è stato istituito un 'Protocollo dell'Indirizzamento' con il quale il tramite tra l'Invictus e il Circolo può essere il Movimento Carthiano”.

Esatto”, disse veramente soddisfatto il Barone.

C'era un problema: erano anni che il Movimento Carthiano aveva rotto ogni tipo di rapporto cordiale con l'Ordo Dracul, anche solo avvicinarsi a un suo territorio significava una lunga e faticosa opera di contrattazione per qualche grosso favore... Vecchie ruggini. E c'era un problema ben più grave: Iona non sapeva neppure da che parte iniziare per andare a chiedere un 'compagno' Carthiano un appuntamento al buio con Attia dei Pagani... Tralasciando cosa significava incontrare Attia...

Iona sperò che l'Augusto Barone non fosse in grado di leggere nella sua mente.


Qualche ora più tardi le cose erano decisamente migliorate. Cioè, i problemi e i casini erano ancora là, tutti in piedi e irrisolti, ma per un bel pezzo Iona non ci aveva pensato grazie a un diversivo.

Si era infilato in un locale a caso del centro - tanto il suo titolare quella sera non c'era - aveva incontrato un paio di ragazze molto appetitose e si era preso cinque minuti per rimediare un po' di roba contro la sinusite. Al suo ritorno era capitato un tipo che diceva di essere il ragazzo di una delle due. E pazienza, si arrese Iona, sia sesso di gruppo, non era il tipo che sceglieva una preda per l'altra dopo che aveva deciso di mangiucchiarsele tutte e due.

Così era finito per ritrovarsi disteso in un letto di un piccolo appartamento di Perugia, nudo, in mezzo a due belle ragazze addormentate per la stanchezza indotta dal sesso, dalla droga e da un'improvvisa carenza di sangue in corpo. Il ragazzo di una di queste due (ancora non aveva capito quale), dormiva con il culo all'insù sopra un divanetto poco più in là nella stanza. Tutto sommato non era stato un brutto banchetto, se si escludeva che per un paio di volte ebbe l'impressione che il maschietto gli si stesse offrendo... Ecco perché non aveva fatto tante storie!

Iona odiava i gay. Non li sopportava. Sarebbe andato in Frenesia piuttosto che bere da uno di quelli.

Ora stava cercando di riflettere carezzando dolcemente le natiche di entrambe le ragazze. Esistono due tipi di vampiri: quelli che non si stancano mai di spegnere vite, e quelli che non si stancano mai di accarezzarla, coltivarla, lisciarla, sentirla vicina, visto che non possono averne una propria. Iona indubbiamente apparteneva alla seconda linea di pensiero, e non apprezzava affatto la prima.

Tuttavia la riflessione non funzionava molto, era riuscito soltanto a ricordare una vecchia massima di un suo maggiordomo di molti anni fa che diceva: “il segreto per una vita sana è una giusta alternanza tra ore di lavoro e ore di svago”. Bah!

Visto che anche questa sera non era buona per far piani Iona decise di farsi un po' di cocaina, questa volta in modo che funzionasse realmente. Prese il sacchetto e ne cavò una quantità capace di infartuare un cavallo e la ammonticchiò su una natica di una delle due ragazze. Dormivano entrambe pesantemente, sfoderò i canini e calò sulla morbida carne facendo due piccoli tagli e spremendo, il sangue si mescolò alla polvere e lui iniziò a succhiare e leccare l'impasto spingendolo giù in gola. Provò un lieve pizzicore e un formicolio, poi un'esplosione di colori in testa. Si coricò prono sul letto e roteò gli occhi; i suoi sensi di vampiro aumentarono di percezione oltre ogni 'normalità'. Ora vedeva con chiarezza ogni dettaglio unitamente alla visione d'insieme, il respiro dei mortali erano delle ondate di calore che sfuggivano alle leggi della fisica, allontanandosi dal vuoto prodotto dal suo corpo.

Vide per un attimo il volto di Leonardo Moreno, il suo naso appuntito completamente deformato, un'arcata sopraccigliare devastata, pezzi di carne morta svolazzanti. Moreno era stato mandato a Todi a rubare un bambino appena nato. Ma perché a Todi se tutti sapevano che era il suo principale Territorio di Caccia? Ma certo! Perché quello di Todi era proprio il bambino appena nato di tutta l'Umbria, l'ultimo nato! I Pagani avevano avuto questa informazione!

Iona guardò la sveglia digitale segnare le tre e quaranta. Scattò a sedere sul letto terrorizzato. Una mortale mugugnò di far piano e tornò a dormire.

Iona si prese la testa tra le mani.

Erano solo le tre quando sniffai la coca. Io ho dormito. Ho usato involontariamente la Spira del Drago... Potevo dormire per ore... Fino all'alba... Pensò mentre correva con l'occhio alla finestra.

Poi si ricordò i dettagli del sogno appena fatto e allora cambiò immediatamente d'umore, dimenticandosi del gravissimo pericolo corso.

Uscì dal letto e si rivestì a una velocità sorprendente – tanto questi dormono – e lasciò l'appartamento.

Si incamminò per le viuzze di Perugia sorridendo, fischiettando e pensando alla mazzata di parcheggio che avrebbe dovuto pagare. A un tratto ebbe una strana sensazione.

Sbaglio ma ho qualcuno dietro? Naaaa, sarà l'effetto euforico della coca, sarà qualcuno in una casa che si è alzato per pisciare.

Continuò, quasi con passo saltellante e spensierato, ma quella sensazione non spariva.

A un tratto udì: “Iona Skydone?”

domenica 19 agosto 2007

La lunga notte: disponibile l'ebook in formato pdf

Con il quinto capitolo si può dire che questa Cronaca è "iniziata definitivamente". Perugia, la città dei vampiri inizia a essere conosciuta, così come molti dei suoi abitanti notturni e le strane relazioni che li tengono coinvolti nella loro incomprensibile forma di governo.


Con un colpo di mouse sull'immagine verrete portati all'archivio per scaricare il quinto capitolo completo in formato pdf, e troverete anche una sezione dedicata agli approfondimenti che aiutano a farsi un'idea migliore di quanto si trova scritto nei racconti.
Buona lettura.
P.Ag.

sabato 18 agosto 2007

La lunga notte - Parte Sesta

I vampiri chiamano la loro forma di esistenza Requiem, e molto spesso questo è una specie di piatto susseguirsi di abitudini ripetute, tale che rende quasi impossibile percepire il passaggio degli anni. Altre volte però accadono più cose in una notte che in un secolo, e l'alba pare non arrivare mai, e potrebbe persino non contemplare più qualcuno di loro nella cerchia dei Dannati.

Questa volta me la sono vista brutta, pensava Iona alla guida della sua sportiva da 300 cavalli, quasi bevevo la Vitae di Patricia, c'è mancato solo un pelo. Oh fuck that! Ho ottenuto quello che mi serviva... Siamo di nuovo punto e a capo, maledetti Pagani.

Dopo una sosta presso una stazione di servizio per comprare le sigarette e lasciare mezzo dissanguato un camionista albanese addormentato nella piazzola di sosta – non che i camionisti albanesi siano in cima alla lista delle sue preferenze alimentari, ma la sgroppata lo aveva lasciato decisamente assetato – Iona riprese la strada verso Todi non desiderando altro che riposo.

Non sapeva che la notte finisce solo quando sorge il sole.

Al suo ritorno a casa erano quasi le cinque del mattino. Salito all'ingresso dalle scale che collegavano con il garage, Iona trovò le luci del padiglione stranamente accese per l'orario.

Non era possibile! Qualunque stronzata avesse fatto quella notte, non potevano essere stati così svelti!

Salì le scale e si precipitò con il sangue ribollente nella sala del caminetto. Non c'era un branco di Pagani incazzati e neppure il Segugio del Barone; c'era Lucia mezza addormentata su una poltrona tardo-impero davanti alle braci quasi spente del camino.

Giovanni!” Gridò lei tornata vigile d'improvviso.

Tu! Tu che ci fai qui?” Iona sentì che c'era Ivo che tentava di sgattaiolare giù per il corridoio. “Ivo!” Gridò il vampiro.

Ivo allargò le braccia e scosse la testa come per dire “non ci ho potuto fare niente”.

Iona poggiò la testa sul legno della porta sconfortato, poteva dirsi stanco stasera.

Che c'è?” Disse Lucia con apprensione.

Iona si avvicinò ciondolante e cupo a una poltrona per lasciarsi cadere su questa.

Come hai fatto a trovare casa mia?” Domandò assente.

L'ho sentita. Ho sentito che abitavi qui. Scusa se sono voluta entrare per forza, ma domani riparto e volevo vederti ancora”.

Era vero, non mentiva. Iona si accese l'ennesimo sigaro della serata e chiese con distacco: “Perché?”

Perché io ti considero un amico e anche una... Persona... Che può aiutarmi dicendomi cose importanti per me e la mia vita”.

Quali?” Domandò Iona sopportando la tortura.

Lucia si fece rossa, trasse un sospiro profondo e iniziò tentennando: “Be' ecco, vedi, io mi sto sviluppando e...” Iona si premette una tempia.

Sta a vedere che stanotte sfatiamo il mito che i vampiri non soffrono di emicrania, pensò. “Io so che di questi tempi a voi ragazze è concesso il privilegio di parlare con vostra madre di queste cose, e addirittura con vostro padre”, disse.

Oh ma no si tratta di fare domande sui preservativi, sugli assorbenti interi o sull'AIDS”.

E di cosa allora?” Ma è possibile che non capisce che mi sta rompendo i coglioni?!

Ecco, io ho il mio 'dono' e mi domandavo se resterà dopo che io avrò fatto...”

E io che ne so?” Tagliò corto Iona.

Ma tu hai detto che sono un'innocente per cui...”

Oh crap! No eh, io ho già dato per stasera!

Iona capì che aveva solo due alternativa: o l'ammazzava o la sopportava.

Tu cosa vorresti? Cioè vuoi mantenere il dono oppure no?”

Non lo so, una vita normale mi piacerebbe”.

Una vita normale?”

Sì...” E Lucia iniziò a parlare di che cosa significava per lei una vita normale,dei ragazzi che le piacevano, così come della pizza, dei gelati e del cinema; che presto sarebbe potuta andare in discoteca e sarebbe stato orribile avvertire tutti quei vampiri a caccia, che voleva studiare: le sarebbe piaciuto diventare infermiera o veterinaria – non sapeva decidersi – ma anche che di questi tempi è importante conoscere le lingue e usare il computer. Certo, sarebbe stato bello poter fare la stilista o la top-model, ma di questi tempi bisognava stare con i piedi piantati in terra anche se aveva paura di diventare una ragazza superficiale, come sua cugina più grande, che guardava solo ai soldi...

Infine l'emicrania arrivò, perché stava albeggiando.

Lucia, io, io devo andare è l'alba”, disse Iona alzandosi senza indugiare, ma era già affaticato. Il padiglione per fortuna non aveva finestre in nessuna stanza, ma quando Iona si avvicinò alle scale si accorse che era già troppo tardi. Fuori stava già schiarendo e la luce saliva dalle scale.

Non era sufficiente a bruciarlo, ma bastava a risvegliare la Bestia e a ferirgli gli occhi come un abbagliante sparato diretto in faccia. Iona si appoggiò al muro del corridoio, le forze lo stavano abbandonando. Lucia gli corse dietro e lo sostenne.

In fondo... C'è un letto”, disse. Lucia lo aiutò e lo lasciò cadere sul giaciglio, era già rigido e la sua pelle aveva più marcati i tratti di un cadavere. Lucia tuttavia non lo lasciò da solo, si accoccolò sul suo petto.

Non provare a fare niente. Tanto io sono... Morto”, disse il vampiro mentre sprofondava nel torpore diurno con il calore della bambina su di sé.


Quando riaprì gli occhi era di nuovo buio. Alzò la testa di scatto completamente spaesato per un momento, poi ricordò la nottata infernale della sera prima.

Sul letto c'era un biglietto scritto da Lucia che lo ringraziava per la pazienza e la compagnia, lo salutava alla prossima volta che sarebbe tornata dalla nonna. Sulla soglia della camera da letto c'era Ivo con un sorriso beffardo che voleva dire: “Guarda il grande Jo': messo K.O. da una ragazzina”.

venerdì 17 agosto 2007

La lunga notte - Parte Quinta

Nei minuti successivi Ionandreij ripassò mentalmente quale fosse la differenza tra fare un sopralluogo non autorizzato alla Colonna e fare una visita segreta a Patricia: che, nel primo caso, ben tre vampiri potevano finire nei guai, mentre nel secondo avrebbe rischiato solo lui. Chissà se quei due testoni ci arrivavano da soli?

A Perugia chiunque non fosse Consacrato non poteva avvicinarsi alla Colonna, chi lo faceva violava una legge più vecchia della Praxis dell'Augusto Barone, e inoltre rischiava direttamente la propria incolumità. Per altre ragioni c'era una precisa disposizione dell'Augusto stesso che vietava a chiunque non fosse Fratello della stessa conventicola di Patricia di incontrarsi con lei, in più si diceva che questa fosse una cosa mortalmente pericolosa per natura.

Patricia era creatura del Barone e la sua più grande onta. Una splendida ragazza francese che l'Augusto fece venire dall'Oltralpe appositamente per donarle l'Abbraccio, alla notte d'oggi si può dire che l'acquistò su e-bay, pensò Iona. E la cosa peggiore fu che l'infante dell'Augusto rivelò un difetto di fabbrica solo dopo l'Abbraccio: una volizione capace di spezzare anche il Vincolo di Sangue. Iona ricordava bene negli ultimi anni Trenta quanto fosse forte e inquietante quella 'tiepidina', con quanta classe e fermezza sopportava senza piegarsi la condanna alla non vita non voluta in primo luogo, e privata di ogni possibilità di scelta in secondo. Poi venne la seconda guerra mondiale e il Dominio del Barone vacillò come mai prima; il mondo notturno di Perugia quasi andò in frantumi e solo per fortuna l'Augusto riuscì a riprendere in mano le redini della Danza Macabra prima che ogni cosa si distruggesse. Quando la cenere si depositò e le macchie di sangue si stinsero, fu il tempo di fare la conta dei danni, e Patricia fu uno di questi. Era fuggita, scappata dalla gabbia dorata dell'Invictus e in nome della sua libertà si era affidata alla protezione di Attia dei Pagani.

Nessuno è mai riuscito a capire veramente la ragione per cui l'Augusto non distrusse la creatura che lo tradì colpendolo nel suo unico punto 'vivo', anche se molti ritengono che il segreto sia riposto negli incomprensibili ed enigmatici rapporti tra i due vampiri più antichi di Perugia: il Barone e la Gerofante.

Patricia è la ribelle e la più grande ferita ancora aperta nell'onore del Signore del Dominio; Egli la rinnegò, la scacciò dalla Corte, vietò che qualunque altro Fratello potesse incontrarla sotto la pena di incontrare la sua ira. In cambio Pratricia creò altre due vampire, aumentò la presenza del Sangue Ventures tra i Pagani, scelse di servire la Megera come Santa Meretrice e, stando ai pettegolezzi, fu responsabile della scomparsa di alcuni Fratelli in passato, dei folli o degli idioti che per un qualsiasi motivo vollero incontrarla nonostante la legge di suo padre.

Iona aveva ripreso la macchina e l'aveva guidata giù per via Pascoli, oltre Porta Conca, di nuovo alla Stazione delle F.S., di nuovo in quel quartiere che la Sua gente chiamava il Mignottificio. Parcheggiò a poca distanza dal palazzo che aveva mandato a fuoco qualche notte prima e si diresse verso quello opposto. Entrato sotto il portico si fermò un attimo di fronte alla grande plafoniera dei citofoni. Pochi nomi di persona e moltissimi numeri d'interno; dovette ricorrere alla sua agendina per ricordare quale fosse l'appartamento dove Patricia riceveva le sue prede, rubandogli il sangue in sacrificio alle sue divinità mentre i clienti credevano di farsi una delle più grandi scopate della loro esistenza.

Quando Iona suonò, all'interfono crepitò una voce femminile che gli chiese chi fosse.

Mi chiamo Johnny, Johnny S. e sto cercando Patricia”.

Quarto piano, 56/A”, il portone si aprì.

Iona entrò e prese l'ascensore. Cercò di aggiustarsi l'abito, il nodo della cravatta e anche le radi ciocche dei capelli sulla fronte, ma naturalmente lo specchio non era di grande aiuto, le sue forme – come quelle di ogni altro vampiro – vengono riflesse distorte e sfuocate.

Bussò alla porta con una certa apprensione e il brivido dell'ignoto che gli percorreva il corpo, anche la sua Bestia iniziava a fargli l'occhiolino. Gli aprì la porta un'umana, una ragazzina piccola e minuta al limite dell'anoressia con addosso solo una canottiera e un perizoma; aveva i capelli unti raccolti da un elastico, Iona non seppe dire se l'ombra intorno agli occhi fosse un trucco molto pesante o delle occhiaie propriamente dette.

Entra”, gli disse lei asciutta e indifferente mentre si voltava mostrando un sedere ossuto e le giunture delle ginocchia sproporzionatamente sporgenti.

Oh Dio! E il bestiame paga per scopare con una come questa? Pensò.

L'appartamento era pulito e bene arredato, divani di vera pelle. Tutto spento a parte una TV in un'altra stanza.

Patricia ora è impegnata, se vuoi ci sono io. Cento euro bocca e fica con preservativo. Per il culo duecento”.

Iona raggiunse indifferente il divano e si sedette. “Voglio Patricia, aspetterò, non ho fretta”.

Ah bene”, disse la ragazza senza badare, lasciandolo solo nel salotto.

Iona si rilassò sul divano mentre la piccola prostituta tornava nel suo letto a guardare la TV, estrasse un pacchetto di sigarette e ne accese una fingendo tranquillità. Dopo un po' Iona sentì aprirsi la porta che si trovava alle sue spalle. Non si voltò, udì dei passi avanzare, fermarsi per un secondo e riprendere il loro cammino spedito verso l'uscita; il proprietario di quelle scarpe era solo un'ombra che puntava diretto verso la porta. Non udì i passi successivi però, perché tutti i suoi sensi furono sovrastati dal Marchio di Patricia che avanzava alle sue spalle. Era decisamente troppo potente per l'età del vampiro. In quell'attimo Iona comprese che le dicerie sui Fratelli scomparsi erano vere: si trovava di fronte una cannibale.

Giovanni Maria Schidòn detto Iona!” Esclamò Patricia con la sua erre arrotolata, “Sarà quasi mezzo secolo!”

Iona si costrinse a essere forte e sfoderò il suo Sorriso di Succube contro quell'icona erotica del periodo nazi-fascista: alta, snella, affusolata, bionda e ariana con un neo sulla guancia, una sopraveste blu trasparente e sbottonata lasciata cadere sulle spalle, lingerie di pizzo nero, calze e reggicalze. Era tutto quello che il denaro degli idioti poteva comprare di queste notti.

Avrei dovuto farlo molto tempo prima”, disse Iona e Patricia gli sorrise invitandolo con le sue volute bionde ad accomodarsi nella sua alcova.

Iona attese che lei si voltasse di spalle prima di alzarsi; sapeva che in quel momento era iniziato un gioco mortale. Non guardarla negli occhi. Non guardarla negli occhi. Si ripeté mentalmente.

Iona entrò nella camera da letto di Patricia a testa bassa e appena poté si voltò a chiudere la porta mentre piegava il braccio sinistro per ogni evenienza, anche difendersi fisicamente.

Patricia, stanno succedendo delle cose”, disse in quella posizione.

Patricia si era già stesa sul letto: “Lo so, io vedo molte cose, persino in questo deserto di solitudine nel quale quello che mi creò ha deciso di confinarmi”.

Sono venuto qui per questo”, rispose Iona mentre si girava lentamente quasi con la paura di sbirciare quello splendore di femmina scelta tra milioni per essere Abbracciata.

Oh”, disse Patricia e, distesa sul fianco, mosse le anche come una serpe, “Ooh, Iona, pensavo che avessi dei concetti più raffinati riguardo i preliminari”.

Iona increspò le labbra con forza.

Sei malvagio e meschino. Sono anni che non ospito un Fratello e non ho mai avuto l'onore di accogliere una Succube nel mio gineceo! Tu, oh Divus, lo sai: diffondi nell'aria la tua magia, il tuo Dono rende vivi i morti e non hai neppure la compassione di avvicinarti a questa povera anima Dannata, sola e oppressa da una colpa che non si merita”.

Non solo era un campo minato, ma quell'antiquata e stentorea lusinga presagiva che sarebbe stato impossibile tirar fuori qualsiasi cosa se non stava al gioco e se non dava fondo alle sue risorse di Daeva; del resto Patricia lo stava persino chiedendo.

Accanto al letto c'era una sedia, Iona vi si diresse per sedersi e fingere di essere stato ipnotizzato dall'ombelico della Nobildonna.

Patricia fluì verso di lui sul bordo del letto, mise una mano sul ginocchio di Iona.

Tu temi me e temi tutti noi Accoliti, e questo mi piace, mi dà forza”. Patricia si allungò ancora e pose la sua testa esattamente sulla cintura della Succube alzando gli occhi... Iona roteò la testa all'indietro, stava subendo una tortura ed era vero.

Non temermi, non voglio tutta la tua anima”, disse Patricia demoniaca e risvegliando la Bestia di Skidone, “Me ne basta solo un pezzettino... Stasera posso soddisfare le mie voglie, e posso finalmente mostrarti i tuoi errori Iona”.

Non sono perfetto...” Rispose Iona imbarazzato, mentre sentiva le dita di Patricia armeggiare sulla sua patta.

No, non lo sei affatto”, rispose la Ventrue abbassando lo sguardo verso i pantaloni di Skidone, “Ci hai sempre denigrati, disprezzati e combattuti perché anche tu credi nel dio dei Consacrati... Ma ora, ora che hai bisogno corri qua da noi, da me. Sai? Era proprio quello che mi aspettavo, era quello che volevo, e ora se vuoi sapere quelle cose devi pagarne il prezzo: devi impazzire per me!”.

Patricia affondò la bocca nel grembo di Iona e lui sgranò gli occhi.

I vampiri non possiedono la capacità di eccitarsi sessualmente, almeno non 'automaticamente' perché non sintetizzano ormoni. Tuttavia la situazione era di una delicatezza estrema. Patricia aveva in bocca una parte di Iona: l'evirazione era l'ultima cosa che lo preoccupava, perché fortunatamente qualsiasi parte del corpo poteva essere ricreata identica a prima, era però terrorizzato dal fatto che Patricia avrebbe potuto sfoderare la potenza fisica di un anziano, schiacciarlo contro la parete e banchettare con il suo sangue e la sua anima. Quindi Iona decise di non contraddirla e chiamò la Vitae per dimostrare che stava 'gradendo' le attenzioni.

Facendo tornare in vita una parte di sé Iona ebbe modo di essere pienamente consapevole di cosa è davvero un vampiro: un cadavere gelido. Patricia era assolutamente capace in quelle cose, ma la sensazione era ributtante: la lingua, le labbra, il palato... Le zanne taglienti, erano mezzi per uccidere e non per dare piacere.

A questo punto era il momento di abbassare la testa, ma Iona conosceva quel trucco, anche lui faceva sesso con le donne mortali; sapeva cosa sarebbe accaduto, sapeva che Patricia avrebbe usato il potere della Dominazione in quel frangente. Ma anche Iona aveva le sue armi... Patricia aveva chiesto di poter godere dei frutti stregati di un Daeva? Sarebbe stata accontentata! Avrebbe capito cosa significava stare alla Presenza di una Succube, venire ammantati dal loro splendore e perdere il libero arbitrio.

Patricia non si accorse di nulla, sentì solo le dita lisce e vellutate di Iona sulle spalle e alzò la testa, Iona le disse di stendersi sul letto e lei lo fece semplicemente perché ora lo voleva molto più di prima.

Anche Iona si alzò dalla sedia per tornare verso la porta, dove accanto a questa c'era una cassettiera. Si sfilò la giacca e la depose sopra questa per poi passare alla camicia. Pure Patricia si stava disfacendo di quel poco che aveva sopra le sue nudità con l'impazienza di una adolescente e Iona poté guardare quella pelle bianca e perfetta, quel pube dorato da ragazzina; capì ammaliato la ragione della sua bellezza.

Sei villoso”, disse lei osservandolo mentre finiva di svestirsi, “Sei un uomo completo, mi piaci”, concluse.

Iona si protese verso di lei senza occhiali, le sue iridi da felino, verdi smeraldo, brillanti come scaglie di diamanti la turbarono.

No”, disse Iona sapendo bene che effetto faceva il marchio più evidente della sua Dannazione agli altri, “Io sono un Drago, sono più di qualunque altri al mondo”.

Iona prese Patricia per una coscia e con un solo gesto la rivoltò su se stessa supina sul letto. Non aspettò altro che lei si rialzasse sulle ginocchia e sui gomiti e le salì sopra entrando nel suo corpo ghiacciato.

Patricia gemette e ringhiò, cercò di ribellarsi e si arrese; piacere e dolore si stavano mescolando, l'umiliazione di essere montata come un animale si confondeva con l'abbandono all'amante. Iona chiamò più Sangue per contrastare gli sforzi di Patricia e trasformò l'amplesso in uno stupro. Senza fermarsi si allungò sulla schiena di lei fino al collo dove passò la lingua e premette le sue zanne sulla pelle di lei. Patricia dimostrò di comprendere quello che stava per avvenire ma non si ribellò. Iona la morse e l'Estasi del Bacio esplose nella non morta portandole un piacere proibito, destinato a pochi della Loro gente.

Iona sentì la Vitae di Patricia entrargli in bocca e si ritrasse di scatto sputandola contro la parete. Poi si fermò del tutto.

Si riaccostò alla testa di lei osservando i due fori che le aveva fatto sul collo.

Tesoro, io non ho finito, ne vuoi di più?” Le sussurrò in un orecchio.

Ancora... Bastardo! Ancora! Fottimi, divorami!” Urlò la Ventrue in frenesia sessuale.

Iona le massaggiò il collo delicatamente, avrebbe potuto strappare quella testa con un solo gesto.

Sei sempre stata una Sorella di molte pretese. C'è un prezzo da pagare, e non è semplicemente impazzire per me... Voglio sapere perché hai mandato Moreno a rubare un bambino. C'entra il Mostro vero?” Iona diede un colpo d'anca per spingerla a parlare.

Il Mostro c'entra sempre... È l'Agnus Novus, colui che ha preso il posto dell'Ultimo Dio”, dopodiché, “Aaaah...”.

A Iona bastava, stava pagando la puttana per l'informazione e lo fece fin quando Patricia non crollò sul letto quasi in stato d'incoscienza. Iona si levò in piedi e uscì dal letto, avrebbe voluto concedersi una sigaretta ma non c'era tempo e poi nulla era di più orribile che farsi un cadavere. Si rivestì in tutta fretta tenendo d'occhio la Ventures. Non resistette però a terminare l'opera lasciando una banconota da cento euro sulla cassettiera. Bocca e fica no? Pensò sogghignando.

Uscì dalla camera da letto. L'umana anoressica era ancora a guardare la TV. Doveva sbrigarsi ad andarsene, tra poco l'Incantesimo della Maestà sarebbe svanito e si sarebbe scatenato l'inferno quando Patricia si sarebbe resa conto di quello che le aveva fatto. Povera umana, difficilmente avrebbe visto il sole del prossimo mattino.