martedì 17 luglio 2007

Quattro stupidi sassolini



I vampiri sono morti. Sono morti che camminano di notte, e di giorno... Sono morti. Al riparo dal sole, nelle loro cripte o in stanze comunque impenetrabili dalla luce, giacciono rigidi e freddi come i cadaveri che sono. Ma se credete all'anima o a qualche altra spiegazione ancora più astrusa, potete accettare il fatto che le loro menti non riposino mai, non si spengano mai. I vampiri sono capaci di sognare e come tutti quelli che sognano, possono avere incubi e svegliarsi di soprassalto. L'unica differenza è che non saranno mai coperti da un velo di sudore caldo o gelido che sia.


Iona si ritrovò seduto sulla sua pietra. Se avesse avuto aria in corpo avrebbe urlato a squarciagola. Aveva gli occhi spalancati sul buio assoluto e la mascella quasi slogata. Quando la coscienza di se stesso tornò completamente, si lasciò andare all'indietro e colpì rumorosamente e dolorosamente la nuca sul suo duro giaciglio, l'eco dell'osso contro la pietra si espanse e rimbalzò più volte sulla volta tondeggiante dell'Antro.

Si alzò prima sui gomiti e poi scese con i piedi tra la pietra polverizzata della grotta. Quando infine fu in posizione seduta una fitta lo colpì alle tempie, la stessa fitta da postumi di sbornia che chiunque potrebbe avere.

È... È giorno! Pensò. Non è affatto normale. La Spira... La Spira si è attivata! No...

Si era alzato e si sentiva intorpidito, affaticato, se avesse avuto il bisogno di respirare ciò gli sarebbe costato una fatica estrema. Il sole, il tempo diurno, era terribile: schiacciava come un macigno chiunque della Sua gente osasse muoversi oltre i limiti imposti da Dio.

No. Non è la Spira.

Iona si concentrò, fissò un punto immaginario nel suo cervello e convogliò verso questo tutte le sue energie. Le sue spalle si alzarono e si distesero, un scroscio improvviso di ossa si diffuse nel vuoto della grotta e, in lui, la spossatezza causata dal tempo diurno si ridusse a una nausea quasi impercettibile.

Adesso è la Spira! O forse è una nuova Spira? Potrebbe... Ma perché?

Ai suoi occhi la tenebra eterna scomparve e comparve l'interno dell'Antro, una grotta sepolta da millenni duecentoventitré metri sotto il centro di Todi. Una stanza scavata in forma ellittica: trentadue metri per trentasei che da anni era il suo vero rifugio dalla Nemesi del sole e il suo grande e inestimabile tesoro.

L'Antro era come sempre, ma Iona non guardava la volta di tufo e travertino in via di sgretolamento, le iscrizioni in lingue perdute ormai completamente cancellate. Guardava oltre tutto questo.

Ma la risposta come sempre era proprio sotto i suoi occhi, davanti a suoi piedi.

Al centro dell'Antro, dentro una macchia più scura della pietra a forma quadrata (testimonianza dell'antica presenza di un piedistallo o di un altare) Iona aveva disposto quattro piccoli ciottoli dalla forma ogivale. Quattro stupidi sassolini di fiume arrivati quaggiù da chissà dove e chissà quando. Quattro sassi che apparivano completamente scompaginati rispetto a come li aveva posizionati molto tempo fa.

Oh crap!” Esclamò Iona.

Prese la semplice camicia da notte di cotone alle anche e si diresse verso l'uscita. Che fosse giorno era ormai un dettaglio quasi irrilevante. Senza rallentare iniziò il Richiamo per Ivo, sperando che non fosse fuori casa a bighellonare o a fare la spesa. Non aveva con sé l'orologio perché prima di ogni alba, quando si preparava al riposo diurno, rinunciava a ogni oggetto a esclusione di una camicia che fungeva da sudario, ma tanto più si avvicinava alla superficie, tanto più si rendeva conto di quanto presto si era risvegliato. A un certo punto dovette ricorrere alla Vitae per darsi più forza.

Fortunatamente Ivo era in casa. Aveva già chiuso tutte le imposte e lo aspettava all'uscita del cunicolo con in mano una pesante coperta. Quando l'uomo vide il vampiro la sorpresa derivata dalla circostanza del tutto eccezionale mutò in orrore. Vide un essere scarno e pallido dai capelli lunghi, radi e scarmigliati, gli occhi appannati e gli zigomi spettrali accentuati da una barba crespa e attorcigliata su tutto il volto. Questo era l'aspetto nel quale Ionandreij Skiidony venne colto dalla morte anni or sono, ma le circostanze lo rendevano ancora più raccapricciante: uno scheletrico eremita pazzo che usciva da una caverna del deserto.

La coperta che Ivo gli drappeggiò addosso lo avrebbe protetto completamente da ogni possibile spiraglio di luce, ma non dalla sensazione di caldo soffocante che permeava l'aria, ed era novembre. Se fosse stata estate Iona si sarebbe sentito bruciare. Ivo gli diede il braccio e lo condusse come un vecchio malfermo verso stanze più sicure.


Poco dopo, immerso in una grande vasca colma d'acqua fredda, Iona aveva riacquistato in parte il suo aspetto più tipico. I capelli erano stati tagliati e ordinati, corti come ora andavano di moda tra i professionisti con qualche problema tricologico e un'accurata rasatura aveva fatto risorgere i suoi lineamenti lisci e delicati.

Iona aveva in mano la cornetta di un cordless e stava litigando con un Asservito Mezzosangue: “Ascoltami! Lo so che il signore non può essere disturbato prima di un paio d'ore. Io sono Skydone e, di solito, ho lo stesso e identico problema, ma 'oggi' a quanto pare ne ho uno ben più grosso. Quindi, non appena potrai comunica immediatamente ora e luogo al tuo signore e digli che sono stato CA-TE-GO-RI-CO”.

Chiuse la conversazione con una smorfia. Ivo intanto era capitato con uno scaldavivande in mano e un sorriso rasserenato in volto: Jo' era tornato a essere lui.

Iona uscì dalla vasca e aprì lo scaldavivande: sangue. Non era fresco però, veniva dalla sua riserva congelata d'emergenza.

Credo che questa sera me ne servirà altrettanto”, disse all'uomo.

La scorta è quasi finita, a meno che non rimediamo qualcosa di animale”.

Cosa? Ma bevila tu quella schifezza!” Rispose stizzito Iona mentre dava un sorso, “Già questo fa schifo, e inoltre l'eparina mi dà il voltastomaco”.

Ivo non replicò, si avviò a scongelare un'altra sacca.

La verità è che, maledizione, davvero non riesco più a nutrirmi di sangue animale. Ci ho provato per anni senza risultati. Che noia.


Dopo il tramonto, Iona si spostò da Todi a Perugia. Per la precisione nella zona di confine tra il quartiere di Fontivegge e Madonna Alta: all'incrocio tra via Martiri dei Lager, via Magno Magnini e la via Pievaiola. Aveva parcheggiato l'auto di fronte a una chiesa bianca dalla struttura che voleva ricordare la capanna dove nacque il Redentore e si era seduto abbastanza liberamente sul cofano del coupé con un lungo Balmoral tra le dita.

Era in abiti 'appropriati': anfibi, pantaloni militari di tela robusta, giubbotto di pelle da aviatore e un cuffia di lana in testa. Alle 19 e 40 comparve Vittorio Sansepolcri, clan Ventures: impermeabile avana fino alle caviglie e cappello in testa. Alle 19 e 45 Cristoforo Gallimori, che come tutti quelli di Sangue Mechét sembrava incapace di rinunciare al full-black.

I due Fratelli erano stati abbastanza puntuali, ma come al solito la Succube era in ritardo. Alessandro Orsini, un Divus scandalosamente giovane, buono solo per leccare i piedi al Barone e a riportare ogni minimo dettaglio che la sua stupidità faceva sembrare interessante, arrivò solo quando Iona era già a metà del terzo sigaro. Ovviamente non aveva rinunciato all'Audi A8 e all'autista, così come non riuscì a saltare i salamelecchi d'ordinanza: “Buonasera carissimi e stimati Fratelli. Prego che perdonerete questo leggero e trascurabile ritardo, ma l'avviso dello stimato Magister mi ha colto... Eh eh... Proprio di sorpresa perché ero proprio a riposare”.

Eravamo tutti a riposare e di certo non avrei distolto nessuno da tale condizione se non fosse stato assolutamente necessario”, rispose il Magister Illuminator dell'Ordo Dracul, Iona Skidone.

Oh certamente! Certamente non farebbe mai niente di sconsiderato, non potrei mai pensarlo”, replicò Orsini falso come l'essere vivente che cercava di impersonare.

Comunque è strano che le sentinelle non abbiano avvisato nessuno al riguardo”, intervenne Gallimori solo per fomentare il dubbio.

Da dietro le sue lenti Iona fulminò l'Inquisitore della Lancea. La Bestia iniziava a crescere e Sansepolcri invece di giungere a dar manforte a un compagno dell'Ordine, restava rigido nel suo stile compassato.

Oh infatti”, prese la palla al balzo il giovane Orsini, “Il mio ritardo è giustificato dal fatto che abbiamo tentato di metterci in contatto con le sentinelle...”

Iona gettò a terra il sigaro, scivolò dal cofano dell'auto e pose la sua Bestia sul neonato: “E non avete avuto risposta. Il ritardo è perdonato a patto che non diventi un'abitudine. Potrei lasciarti fuori della porta evitando che ti sporchi i mocassini e, se avessi voluto, già sarei sceso di sotto, dove tu non sei stato neanche per una volta”.

Be' questo Fratello Schidòn sarebbe una violazione dei patti, oltre che un'invasione di un luogo della Lancea Sanctum”.

È solo per dire Fratello Consacrato, giusto per dire”.

Iona si volse verso la chiesa e mosse il primo passo: “Avanti, vediamo che cosa è successo”.


Fu Cristoforo Gallimori a far aprire la chiesa dal sagrestano, un Mezzosangue dei Consacrati che in realtà si aspettava la consueta consegna di 'viveri' per le sentinelle.

I vampiri solcarono la navata in stile moderno del luogo di culto inginocchiandosi devotamente di fronte all'altare, prima di spostarlo per scoprire la botola. Questa scendeva sottoterra, verso un vecchio canale di scolo delle acque nere che anni fa venne deviato, almeno in parte perché un basso rivolo di liquame e rifiuti continuava a scorrere impenitente.

Erano passati diversi anni dall'ultima volta che Iona e Sansepolcri erano scesi in questo luogo, ma tutto era rimasto come allora, compresa una lunga scala di ferro che i due sollevarono e misero di traverso sopra il canale per creare una specie di passerella.

Prego, in qualità di rappresentante del Primo Stato la precedenza va al signor Orsini. Stia attento a non scivolare, altrimenti quelle Tods da seicento euro saranno da buttare”, disse Iona.

La ringrazio per la cortesia e la precauzione, ma mi muovo come una libellula, e le mie scarpe sono costate l'inezia di novecentocinquanta euro”.

Davvero? Mi pareva di averle viste in una vetrina del Corso durante i saldi”, controbatté Iona con un insulto a dir poco mortale che voleva dire: 'muoversi'.

Con Gallimori come séguito, i primi due vampiri attraversarono il ponticello mentre i Draghi facevano attenzione che reggesse. In quel momento Sansepolcri ruppe il suo preoccupato silenzio per mormorare all'altro Drago: “È proprio sicuro di quello che ha fatto?”

Mi prende per demente Sansepolcri? Secondo lei decido di voler affrontare il Mostro solo perché mi è venuta voglia di un po' di orrore? Certo che sono sicuro! Il Drago me lo ha detto”.

Sansepolcri non poté far altro che roteare fuori sincronia i suoi vistosamente strabici occhi.

Quando Primo e Secondo Stato ebbero attraversato, toccò ai rappresentanti dell'Accademia. Infine si ritrovarono tutti a infilare un brevissimo corridoio scavato nelle fondamenta di Perugia. Dietro una svolta vi era una porta sbarrata che si poteva aprire solo dall'esterno. Mentre l'Inquisitore faceva da anfitrione, Iona mormorò in modo che Orsini potesse sentire: “Speriamo che Ottavio e Italo non ci saltino alla gola all'istante”, e ottenne l'effetto di far voltare il neonato verso di lui con la paura negli occhi.

La porta si aprì su un lungo e stretto corridoio illuminato da lampade da miniera. Nonostante il cigolio molto ben pronunciato nessun Gangrel dall'occhio infiammato balzò dalle ombre a ghermirli, anzi non si udì neppure un “Chi va là” come si sarebbe potuto prevedere.

Sangue!” Esclamò allarmato Gallimori.

Lo so! Lo sento anch'io. Pensò Iona, “State indietro”, disse mentre sopravanzava tutti di qualche passo per scattare poi in avanti.

Mantenete la calma!” Urlò dal fondo del corridoio.

Signore Onnipotente e Longino...”, mormorò Gallimori segnandosi il costato.

Avanzando gli altri videro un corpo di un Fratello, una delle sentinelle del luogo, disteso a terra con un braccio strappato sopra la spalla, come se qualcosa gli avesse aperto la gola e avesse divelto tutto quello che c'era a partire dalla clavicola e dalla scapola.

Iona era avanzato ancora: “Ottavio è messo peggio: gli manca metà del petto”.

Gallimori mormorava qualcosa in latino coprendosi la bocca con le mani, Sansepolcri si abbassò leggermente sul primo corpo. “Si stanno decomponendo: è Morte Ultima”.

Già”, borbottò Iona mentre in ginocchio si faceva il segno della croce e senza farsi vedere dal Consacrato metteva una moneta da un euro in bocca al Fratello definitivamente deceduto.

Orsini scuoteva la testa da una parte all'altra, non aveva più nulla del suo aspetto compìto ed elegante che tanta strada gli aveva fatto fare in così poco tempo. Sembrava un animale preso tra due fuochi e Iona se ne era accorto.

La Succube più anziana scattò veloce come il vento e si fermò a un centimetro dal naso di Orsini. Lo spinse contro il muro mentre con le braccia lo circondava sopra le spalle impedendogli virtualmente ogni via di fuga.

Ogni tanto a Perugia succedono cose come queste. Conviene farsene una ragione e continuare a tirare avanti. Così sono le nostre Requie”.

Orsini stava quasi per sudare e pisciare sangue in modo letterale, ma quando Iona lo vide riprendere il controllo della sua Bestia, tolse le mani dal muro.

Come commento Orsini disse la cosa più scontata e banale che poté: “Attia dei Pagani non sarà contenta di ciò”.

Le porti le mie condoglianze”, rispose Iona che già si incamminava oltre il lungo corridoio, verso quello che tutti i presenti, tranne Orsini, sapevano.

Aspetti!” Esclamò senza speranza di fermarlo Sansepolcri, rassegnandosi a dovergli correre appresso insieme agli altri.

Orsini fu l'ultimo a uscire dal corridoio dopo una svolta e a entrare in un'ampia camera illuminata nella quale ricevette un altro potentissimo pugno allo stomaco e alla coscienza.

Non era possibile. Non era reale. Non poteva essere vero. Eppure c'era: il Mostro.

Un rettile antico, una specie di dinosauro, era l'ultima cosa che poteva venire in mente di fronte a quella visione di orrore puro. Una gobba pustolosa e lucida color della merda alta due uomini. Qualcosa come tre o quattro paia di zampe del tutto diverse l'una dalle altre. Alla base di una strana coda che sembrava un fascio di cavi elettrici neri e blu, c'erano due massicce zampe da lucertola ricoperte di scaglie e bozze cheratinose. Alcuni pseudopodi lungo ciò che poteva essere un ventre pendevano fin quasi a toccare il suolo come mammelle flaccide e nere dalle quali si distinguevano quelle che dovevano essere le zampe anteriori; salvo per il fatto che tutto erano tranne che delle zampe. Erano come due grandi tubi carnosi e rugosi, larghi quanto un uomo che sembravano poggiare a terra afflosciandosi in volute di cuscinetti adiposi. Un grosso squarcio tra queste due, sul 'lato' frontale somigliava a una specie di bocca mostruosa e sopra questa si allungava, forse, un collo grande quanto un pitone ma tre volte più largo che terminava con una sporgenza ovale senza nessun caratteristica a parte due luci arancioni, poste ai lati del globulo, comunicanti intelligenza.

Orsini notò che il Mostro sembrava fissare con odio Skidone, il quale si era arrestato a circa tre metri da lui. D'improvviso si udì un sibilo. Dalla 'testa' del Mostro una cosa come una frusta saettò rapida i direzione del Daeva. Nessuno poteva trattenere il respiro, ma era come se lo stessero facendo. Videro questa 'lingua' sfiorare il volto di Skidone senza toccarlo, impennarsi e arrotolarsi in un arabesco intricato verso il soffitto e poi scomparire di nuovo, ritratta nel corpo del Mostro.

È ancora vincolato”, disse Skidone pieno di sé.

Sansepolcri si accostò a Orsini e gli sussurrò quasi paterno: “Non farti domande, perché tanto qui nessuno ha delle vere risposte”.

Orsini vide Iona avanzare verso quella cosa con maggiore sicurezza ora, e solo in quel momento notò che di fronte a quell'ammasso indescrivibile c'erano tre steli erette, alte circa un metro. Erano nere, come d'ossidiana lucida e dalla forma suggestiva. Le loro parti superiori apparivano come scolpite con un'inclinazione di quarantacinque gradi e su questi piani vi erano fissate delle pietre di un brillante blu cobalto dalla forma spigolosa e irregolare.

A meno di un metro, la cosa muoveva lentamente ogni sua appendice dimostrando una qualche bizzarra forma di intelligenza, e con quelle due piccole luci arancioni su quella specie di proto-testa sembrava fissare odiosamente Skidone. Il vampiro iniziò a toccare ciascuna di quelle pietre blu con le sue dita. A Orsini sembrarono gesti misurati e consapevoli, e credendo che non vi fosse reale pericolo si fece sopraffare dalla curiosità azzardando un passo in avanti. Senza proferire verbo la mano di Gallimori sul suo braccio lo bloccò immediatamente.

Improvvisamente Skidone si voltò con lo stesso identico gesto di un prestigiatore che aveva appena concluso il suo numero migliore.

Tutto a posto”, disse a voce alta e intonata, “A quanto pare nulla è cambiato per quanto riguarda Mucchio di Merda”.

Sansepolcri e Gallimori sembrarono assentire gravosamente in silenzio, ma per il giovane Alessandro Orsini tutto questo sembrava una cosa ancora più assurda: “Tutto a posto? Con due Fratelli Garou morti, in sincerità stento a dire che sia tutto a posto”, e incrociò le braccia. Gli anziani sarebbero stati contenti del suo modo elegante di mantenere distacco e imporre che una spiegazione venisse data al Primo Stato.

Il Magister Illuminator estrasse un pacchetto di sigarette dal taschino sulla manica del giubbotto e disse: “Oltre il dolore e la tragedia, sono certo che Padre Gallimori, Inquisitore Consacrato, si attiverà celermente per investigare sulle cause di queste due Fini, e ci darà quanto prima una spiegazione resocontata dei fatti”. Iona disse le ultime parole torcendo il collo di fronte a Orsini, con un'espressione che voleva indicare: ti sei forse dimenticato questo è territorio della Lancea Sanctum e che spetta a loro custodirlo?

Per quanto riguarda l'Accademia, se il mio confratello Signor Sansepolcri non ha altro da investigare, possiamo ringraziare per l'ospitalità e lasciare il luogo”.

Sansepolcri in effetti non aveva niente da fare qua, era venuto solo perché il suo incarico di Custode dell'Elìsio imponeva la sua presenza e supervisione contro ogni genere di breccia potenziale. Quindi si incamminò salutando dietro i passi di Skidone.


Quando i due Draghi furono fuori della chiesa Iona finalmente accese la sua sigaretta.

Potrò sembrarle monotono e banale Signor Sansepolcri, ma finisce sempre che l'Ordine va a spalare letame e la Lancia fa le cose più divertenti”.

Signor Skidone”, replicò il Ventrue che questa sera era rimasto curiosamente silenzioso. “La vostra conoscenza dei Nervi è impareggiabile, tuttavia non riesco a spiegare come mai avete affermato che non è successo niente: due Garou morti non sono niente”.

Oh lo so Chevalier, lo so. Oltretutto sire e infante che da anni si erano assunti il compito di presidiare il Nido del Mostro. Due Fratelli così disciplinati e vincolati non si uccidono a vicenda, mai... Impensabile. Proprio per questo non ci resta altro che attendere un responso dei Consacrati”.

E ritenete che sarà obiettivo?” Chiese Sansepolcri mentre si lisciava i capelli corvini sul collo.

Iona gli rispose con uno scatto severo che gli indicava di tacere. L'udito da Mekhet del Daeva aveva captato l'avvicinarsi dell'Inquisitore e del Delfino dell'Invictus alle loro spalle.

In quel momento l'aria dei quartieri di Fontivegge e di Madonna Alta venne sconvolta, devastata e sommersa da una esplosione di incredibile potenza. Iona fu colto di sorpresa con i Sensi Acuti alzati e gli sembrò che il mondo gli si chiudesse intorno come un guanto nero. Cadde sulle ginocchia e quando riaprì gli occhi vide le bocche di Sansepolcri, Gallimori e Orsini muoversi senza udire suono. Chiamò il Sangue per riavere l'udito e alzando ancora di più lo sguardo vide che all'inizio di via Pievaiola, proprio nei pressi della Stazione delle FS ardeva un bagliore sinistro.

I quattro vampiri non attesero oltre, anche Orsini mise da parte lo stile da Primo Stato e si incamminò in fretta, ma non troppo, perché già si sentivano le sirene, i colpi di clacson e l'assembrarsi di curiosi.

Giunti i prossimità dell'incrocio successivo si fermarono a duecento metri da un condominio di otto piani, con i primi due completamente avvolti dalle fiamme.

Signore Onnipotente e Longino”, disse Gallimori.

Ehi, ma quel palazzo non fa parte del complesso del Mignottificio?” Esclamò Iona.

Sì, e anzi”, intervenne Orsini alle sue spalle, “Proprio in quello c'è una proprietà di Cestcenko”.

I vampiri in quel momento erano troppo magnetizzati dal fascino e dal terrore proposto dallo spettacolo di fiamme a distanza di sicurezza per accorgersi che Skidone, appena appresa la notizia, iniziò a guardarsi intorno con la stessa espressione di un bambino che ha appena combinato un grosso disastro.

domenica 15 luglio 2007

L'interdizione del sale


Il tramonto della sera seguente fu qualcosa di emozionante per gli occhi di un vampiro. La foschia nata dalle acque del Tevere che scorreva a un tiro di schioppo dal casolare non si era minimamente dissipata, e questa nebbia di novembre avvolgeva ogni cosa, attutiva i rumori e ammorbidiva le forme delle case e della campagna in lontananza, immergendole in un mare d'ambra violetta. Dietro quel colore c'erano gli ultimi raggi del sole, talmente smorzati che non potevano ferire i Dannati.

Iona stava salendo le scale interne di casa a piedi nudi, con indosso una camicia da notte e un paio di leggeri, e appositamente abbondanti, pantaloni di cotone. Dalla porta del salotto veniva il suono della TV accesa. Senza far rumore si affacciò sulla soglia. Sullo schermo da cinquanta pollici Michael Chicklis, nelle vesti del detective Mackey violentava la bocca di un nero losangelino con la canna della pistola, sciorinando il suo tipico calembour di poliziotto violento e un pelino razzista. Lucia era seduta sul divano con le gambe allungate sul tavolino da tè, appariva tranquilla e soddisfatta quanto Lisette, la gatta persiana di Iona, che era accoccolata nei pressi del bracciolo della poltrona. Lucia mangiava patatine fritte e beveva pepsi-cola, tutto intorno era imbrattato dalla bibita appiccicosa e cosparso di briciole. Ivo avrebbe raccolto ogni residuo con le pinzette!

Iona avanzò oltre la soglia e sentì le briciole sotto i piedi... Fin lì erano arrivate. Il suo disappunto crebbe impetuosamente.

Non dovresti vedere questa roba. Non è adatta a te”, sbottò infine.

Lucia si volse e con gli occhi improvvisamente illuminati gli sorrise in modo disarmante.

The Shield?”, disse, “Non credevo che ti piacesse”.

Guardo un po' di TV sì, per capire da che parte va il mondo”.

Con i telefilm? Ma sono solo opere di finzione”.

Iona si sentì nuovamente irritato dall'osservazione, ma in quel momento Lemansky e Shane rincorrevano uno spacciatore lungo una via assolata di L.A. e il suo occhio fu catturato dalla scena.

Questo non sfuggì a Lucia.

Che cosa provi quando vedi il sole in un filmato?”

Iona scosse la testa e sorrise con una smorfia per non urlare di rabbia. “Questa”, disse sforzandosi di restare calmo, “Questa è una domanda molto, molto personale. Ora vado a prepararmi, fatti trovare pronta, torniamo a Todi da tua nonna”.


Indossò una camicia bianca e un completo grigio con un cappotto dello stesso colore, solo un po' più scuro. Prese un borsalino dalla falda larga, che era ridicola e sproporzionata rispetto alla sua corporatura, ma insieme a un paio di occhiali dalla spessa montatura nera era ottima per confondere quanto più possibile la sua fisionomia. Ivo intanto aveva tolto la macchina dalla rimessa, Lucia lo aspettava al piano di sotto. Iona scese e la portò in auto.

Prendere l'E45 fu questione di pochi minuti, attraversato lo sterrato ed entrati nel caseggiato di Pontevalleceppi, lo svincolo li attendeva a poco meno di un chilometro. Iona guidava senza fretta, Lucia costretta ad allacciarsi la cintura di sicurezza sembra già annoiata dalla radio.

Vuoi vedere un video?” Le chiese Iona, “Se ti piace ho Shakira e anche Beyoncé”, azionò un comando sul volante e sullo schermo del navigatore satellitare comparve un'ancheggiante regina della pop-music.

Lo sai che non so il tuo nome?” Disse Lucia.

Sì, ed è una fortuna per entrambi”.

Ma così se ci rincontriamo non potrò chiamarti”.

Iona sogghignò, pensando a questa frase ingenua, ma proprio per evitare che Lucia capisse che non l'avrebbe mai più rivisto disse: “Mi chiamo Giovanni”.

Giovanni?” Lucia rise: “Pensavo che voi aveste nomi più fighi”.

Iona sorrise ancora, questa volta genuinamente divertito, “Siamo fighi lo stesso anche con nomi comuni”.

Giovanni, tu sei uno dei vampiri buoni?”.

La domanda sembrò a Iona completamente vuota di senso.

Buoni?”.

Sì, cioè, ci sono quelli che uccidono e quelli, come te”.

È una questione molto complicata”.

In che senso?”

Nel senso che prima o poi chiunque di noi”, nel frattempo aveva considerevolmente aumentato la velocità di viaggio, “trova una buona ragione per uccidere”.

Ma ieri tu non l'hai fatto”.

Appunto: non avevo una buona ragione”.

E mi stai aiutando”.

No, sto aiutando me stesso, evitando di trovare un'ottima ragione per uccidere te e tutta la tua famiglia”.

Lucia restò in silenzio per un attimo, poi, incredibilmente, si mise a ridere sinceramente divertita.

Vuoi solo spaventarmi”.

Probabilmente era troppo giovane per capire, non aveva conosciuto abbastanza il mondo per discernere la fredda verità del gioco. Per questo Iona si chiuse nel mutismo per lunghi momenti.

Quando l'auto ebbe superato Casalina, Lucia riprese la sua personale intervista.

Se un giorno avrò bisogno del tuo aiuto potrò chiamarti?”

Per fare cosa?”

Se voglio diventare una cacciatrice di vampiri cattivi, sarai il mio alleato buono?”

Iona la guardò in tralice.

No! Per la semplice ragione che non diventerai nessuna maledetta cacciatrice del cazzo! Qualsiasi deficiente che abbia l'idea idiota di fare una cosa del genere non dura una notte. Noi abbiamo le nostre leggi e non bisogno di... Di bambini che vengono a fare la guerra. E basta così, mi hai stufato”.

Questa volta l'intimidazione funzionò a dovere e Lucia restò zitta per tutto il tragitto restante, quasi si fosse offesa.


Il luogo di arrivo fu un umile e umido appartamento del centro storico di Todi, neanche settecento metri distante dal palazzo di Iona. La nonna di Lucia – Nonna 'Cetta – li accolse con un misto di gioia e paura. Abbracciò la nipote cercando immediatamente di vedere se il mostro, intabarrato in un cappotto sotto un cappello da uomo nero le avesse fatto qualcosa di brutto e poi, con un freddo rimprovero la fece sparire al piano di sopra.

Iona osservò a lungo la donna, sin dal primo momento. Il suo aspetto era quello di una ordinaria signora sui settant'anni, ed era corso dietro a tutti i riflessi delle sue emozioni. Ormai sapeva che l'anziana non era sicuramente una strega, e il mistero si infittiva. Come sapeva di Loro, di lui e di Leonardo, soprattutto del tentativo di bracconaggio?

Quando rimasero soli, lei lo guardò per la prima volta con timore, ma anche con disprezzo: lo stesso atteggiamento di sfida che aveva tenuto Lucia nei primi momenti in cui l'aveva visto. Nonna Concetta entrò nella piccola cucina a lato dell'ingresso dell'abitazione facendo segno al Dannato che lo seguisse. Iona imboccò l'uscio e si accorse di aver calpestato qualcosa di friabile e granuloso. Si arrestò di scatto e abbassò lo sguardo. Sul pavimento della stanza, dall'umile lavandino scrostato in una nicchia dietro una tenda, alla stufa a legna in ghisa, la vecchia aveva tracciato un cerchio di sale da cucina grosso. Lei era al centro, Iona aveva un piede su questo, un piede che si affrettò a ritirare.

Vedendo il mostro bloccato sulla soglia della sua cucina la vecchia si rianimò, chiunque avrebbe potuto notare il ritorno di colore sulla sua pelle rugosa e cascante del volto.

Abbozzò un'espressione trionfante che il demonio senza nome smorzò repentinamente.

So che cosa pensa e si sbaglia”, disse Iona senza che il suo viso prendesse alcuna espressione, la sua bocca si muoveva del tutto indipendentemente dal resto e sembrava una sorta di spettro, scarno e pallido, reso ancora più inquietante dal cappello largo e dai riflessi del neon tubolare sulle lenti dei suoi occhiali.

Legge i pensieri della gente?” Chiese Concetta.

No”, si sentì rispondere da quella sottile ombra nera che ora enfatizzava la sua aura di imprevedibile minaccia scoprendo due fila di denti candidi, così bianchi che lasciavano immaginare quanto potessero essere affilati. “Non mi permetterei mai”, aggiunse Iona, “Ma ho il buonsenso di non sfidare l'ignoto senza una buona ragione: un cerchio di sale per me è solo una sciocchezza, ma ugualmente non ho desiderio di averne conferma”.

La vecchia non capì un accidente di questa elaborata forma di espressione, Iona non ebbe bisogno di scrutare le sue emozioni, gli bastò guardare l'ossessivo deglutire di quel collo di testuggine.

Ora”, riprese a parlare la Succube, “Questo sarebbe il momento delle spiegazioni, ma non rispetteremo il copione”, disse scuotendo il capo e tenendosi con due dita la larga falda del cappello che si rifiutava di assecondare i movimenti. “Io avrei delle domande, come lei avrà le sue, ma i miei interrogativi non saranno soddisfatti dalle sue risposte”, concluse infine.

Concetta cercò di dire qualcosa. “È... È gentile, e sicuro di sé... Perché?”

Perché se lei in gioventù fosse stata una bella ragazza, di sicuro mi avrebbe già conosciuto”, ora mentiva, ma lo faceva di proposito per pungere il rudere decrepito che aveva di fronte, ed ebbe successo, “Invece solo ora ci incontriamo, quindi per me lei non è niente di interessante”.

Dio mi salvi se speravo che fosse il contrario”, rispose offesa la vecchia.

Dio la sta salvando infatti, ma non chieda più di quanto le è stato concesso, non cerchi di infastidirmi nuovamente, termini la sua vita in silenzio e lontano da me”, disse Iona mostrando piena consapevolezza delle sue parole.

È lei che in questo momento vuole stare lontano da me”, rispose Concetta.

Solo per il suo bene, e qualunque cosa lei sia in grado di fare io non la temo”. Concetta non lo vide più di fronte a sé, ruotò lo sguardo per cercarlo così velocemente da avere un momento di vertigine, sentì la voce del vampiro alle sue spalle nello stesso istante in cui nel suo cervello si scolpiva l'immagine dell'impronta della suola di una scarpa sulla parete sopra la stufa a legna. “Se lei è una pedina”, si sentì dire la vecchia mentre scrutava inorridita sopra la sua spalla, “È sacrificabile, se lei è qualsiasi altra cosa, è sola e indifesa. Resti sola e in silenzio e non cerchi più di incrociare il mio cammino”.

Senza sfiorare il cerchio di sale Iona si avvicinò alla finestra della cucina e l'aprì saltandoci oltre senza dire arrivederci.


Aveva fatto un salto di sei metri ed era atterrato come un gatto ma i talloni gli dolevano lo stesso. Be' era normale, rifletté Iona, era quasi digiuno da un paio di notti. Doveva nutrirsi. Per questo si affrettò a sparire dalla circolazione e a dirigersi verso casa. Ivo doveva aver organizzato un festino tra amici e lui sarebbe arrivato proprio al momento del dessert.

Oh sì... Tecnicamente questa è un'altra breccia, ma sarò attento che la vecchia non sparga la voce in giro. Del resto, quanto ancora le resta da campare?.

martedì 10 luglio 2007

Non nel mio Dominio


Circa venti minuti più tardi. Todi, provincia di Perugia.

In via Ciuffelli, strada di accesso principale alla piazza della città, Iona Skidone stava facendo uscire in retromarcia la sua Infiniti GCoupé 35 dal garage. Messa l'auto in strada, indugiò un momento per sistemarsi meglio il giubbotto antiproiettile indossato sotto la camicia.

E-bay, pensò, il mercato che non c'è ma dove trovi tutto.

Innestò il primo dei sei rapporti della sua sportiva color grigio e la spinse in discesa. Quando la cupola del Santuario della Consolazione, capolavoro architettonico del Bramante, spuntò dietro una curva, iniziò a pensare alla situazione.

Aveva un infante bracconiere, un Mechèt dei Pagani, un vicolo conosciuto ma insignificante, un furgone bianco e una faccia nota su tre di quegli uomini visti poco prima. La faccia conosciuta era di un certo Romano, o Romeo “ne-so-qualcosa-io-del-cognome?”. Forse aveva dato un morso alla figlia qualche tempo fa, forse ne aveva sentito parlare da altre prede; comunque questo tizio doveva lavorare come giardiniere, o qualcosa del genere, presso case e villette di gente che trascorreva le vacanze, o i fine settimana, nella ridente cittadina di Todi.

Per un predatore è fondamentale la conoscenza del territorio e del suo ecosistema, anche di quelle prede che non toccherebbe mai. Rifletté soddisfatto di se stesso.

In realtà non aveva molto in mano, però altre volte aveva iniziato con molto meno. C'era da capire che maledetto casino era venuto a fare quaggiù quel miserabile Pagano, e per quale maledetta ragione Romeo (o Romano) aveva messo in piedi una specie di Task-Force anti-Fratello.

Iona distese le sue dita sopra il volante dell'auto: erano dieci. Così a intuito potevano esserci più di dieci risposte per entrambe le domande.

Guidò senza fretta verso una meta precisa: un quartierino di monofamiliari a schiera appena fuori l'abitato cittadino. Se la memoria non lo ingannava, lì si trovavano le abitazioni di alcuni clienti di questo “Romano”. Quando arrivò, il piazzale era vuoto eccetto che per un furgone bianco. Tutte le case sembravano disabitate, i proprietari dovevano stare a Roma, a Firenze o a Vancouver in questo martedì sera della prima decade di novembre; ma tra tutte le finestre buie e sbarrate, una lasciava trapelare della luce dietro la serranda abbassata.

Gli uomini a volte sono così...Così stupidi, noiosi e scarsi di risorse.

Iona fermò il motore dell'auto e scese circospetto. Si guardò intorno amplificando a turno ogni suo senso, anche quello che gli permetteva di vedere oltre il velo materiale delle cose, almeno fino a un certo punto. Nulla. Non c'era nessuno. E se qualcuno lo stava osservando, probabilmente era afflosciato sopra un divano fingendo di guardare annoiato qualche reality-show.

Trasse dall'auto il suo cappotto bordeaux scuro e lo indossò sopra il completo blu mare. Mentre si aggiustava il nodo della cravatta ripassò la parte da recitare, quella del misterioso agente del servizio segreto “scegli-tu-quale” che accorreva a togliere dai guai alcuni onesti e intraprendenti cittadini dello stato.

Si diresse al cancello della casa – era chiuso. Lo scavalcò saltandoci sopra con un unico e fluido gesto. Arrivato alla porta suonò come se nulla fosse.

Non venne nessuno, quindi suonò ancora...E ancora. Sentì un calpestio e dei bisbigli di nervosismo all'interno. Passò a battere educatamente sulla porta prima, e a dare un paio di colpi decisi che la fecero sussultare sui cardini poi.

Infine qualcuno giunse ad aprire: solo uno spiraglio dal quale spuntarono due occhi sospettosi e impauriti.

Giusto voi stavo cercando”, disse Iona allargando il volto in un sorriso.

Voi chi? Chi sta cercando, chi è l...” Rispose l'uomo ma rivolto a una soglia vuota perché Iona gli era già passato oltre quasi senza notarlo.

Lo so quello che state pensando”, iniziò a declamare a voce alta Iona mentre avanzava eretto e a grandi passi verso la stanza dove aveva percepito la presenza di vene, “Ma state tranquilli, io sono qui per aiut...”

Questo non l'avevo calcolato!

Si era ritrovato in una cucina. Seduti ai lati opposti di un tavolo c'erano 'Romano' e una ragazzina. Dodici, forse tredici anni, faccino pulito ancora fanciullesco, occhi come il cielo che non vedeva più da...E lunghi capelli che ancora non avevano conosciuto una seduta di permanente. Iona si bloccò sorpreso e la gola gli divenne incredibilmente secca.

L'uomo (sulla trentina) che aveva aperto la porta gli era corso dietro, 'Romano' era seduto impaurito e nervoso come l'altro, ma la ragazza sbiancò in volto e sgranò gli occhi.

È uno di loro!”, urlò improvvisamente.

'Romano' si alzò di scatto, all'altezza della sua pancia da quaranta-cinquantenne comparve una pistola. Iona fu immediatamente da lui e 'Romano' sentì l'anello intorno al grilletto che gli graffiava dolorosamente l'indice. L'arma non era più nella sua mano, Iona la stava facendo scivolare nella tasca del suo cappotto.

Non mi piacciono le pistole” disse, e poi, muovendosi intorno al tavolo, mani in tasca e gomiti larghi, si rivolse alla ragazzina: “Che cosa volevi dire con uno di loro?”

Sei un vampiro!”, sibilò in un misto di odio e paura mentre fissava il vuoto.

Oh-oh-oh”, rise Iona con la voce grossa mentre spostava il peso da un piede all'altro ed eseguiva una mezza piroetta.

Sul parcheggio antistante le villette monofamiliari deserte si sentì un botto sordo proveniente da una delle case, come un petardo, la finestra illuminata baluginò per un secondo con maggiore intensità. Poi tutto si spense di nuovo.

'Romano' aveva due pistole e Iona aveva fatto l'errore di dargli le spalle. Dal basso verso l'alto il proiettile entrò nella nuca del vampiro e uscì al centro della fronte piantandosi sul muro che si chiazzò di uno spruzzo di materia rosso-nerastra. Iona sobbalzò e poi il suo corpo rigido iniziò a inclinarsi verso la parente. Fu un immenso secondo e mezzo di silenzio, dopodiché i tre videro Iona allungare di scatto le braccia verso il muro e udirono un ruggito che non era né umano né animale. Iona era saltato sul tavolo, accovacciato. L'uomo e il Dannato incrociarono gli occhi, l'uomo poté vedere per un momento uno scintillio di rosso sovrannaturale dietro le sottili lenti di Iona e poi udì il fracassarsi del metallo contro una parete. Iona gli aveva tolto di mano anche la seconda pistola, questa volta senza usare minimamente la forza, per concentrarla tutta nell'atto di scagliarla contro il muro e ridurla in pezzi. Fortunatamente nessuno dei proiettili esplose.

Ti avevo detto che non mi piacciono le pistole!” Urlò feroce Iona. Poi ritrovò il suo contegno. Si alzò in piedi sul tavolo, finse di aggiustarsi il cappotto. “Ti lascio vivere solo perché hai mirato alla testa”, disse mentre si sporgeva sul tavolo e gli umani lo videro come discendere a piedi uniti, senza flettere le gambe, verso il pavimento. Tornato al normale livello di altezza, videro che la sua fronte era liscia e bianca, senza più il segno del foro di proiettile.

Allora dov'è l'altro tizio?” Domandò mentre pensava a come inventarsi un modo per rimediare a questa incredibile Rottura della Maschera.

I mortali erano ormai sotto completa soggezione. “È di sotto, Tommaso era sceso poco prima...”, iniziò a balbettare il trentenne.

Tommaso chi?” Lo interruppe Iona, “Tommaso quando? Qualcun altro è in questa casa e non si è affacciato quando ha sentito lo sparo?”, continuò crudelmente.

Era andato a...A controllare proprio nel momento in cui lei...”

Dove?” Tagliò corto di nuovo Iona.

Lo diressero verso un corridoio oltre la cucina, verso un porta davanti a delle scale che scendevano in uno scantinato. Iona avanzò come una furia liquida, i mortali al seguito.

Nella stanza illuminata da una lampadina era disteso un giovane sui venticinque: 'Tommaso'. C'era odore di sangue. L'occhio destro era tumefatto e iniziava a gonfiarsi, sul lato opposto, all'altezza del collo c'era una piccola pozza di sangue. Sembrava esanime.

Iona lo toccò sul collo, dove usciva il sangue, e si portò le dita alla bocca.

No, non è morto. Ha solo una botta in testa, e quell'inetto non gli ha preso né la giugulare né la carotide, solo vasi secondari. Certo, aveva una gran fretta se non gli ha richiuso la ferita”.

Uno dei tre, sempre più sbiancati in volto, a vedere tutto quel sangue si fece prendere dalla disperazione e disse senza pensare: “Salvalo ti prego!”

E no. Non posso”, rispose Iona con tono saccente, “Non posso chiudere le ferite di un altro” – ormai a cosa valeva nascondere la verità? Non aveva senso, anche se non aveva ancora pensato a come avrebbe risolto tutto questo gran casino.

Comunque”, riprendendo a parlare, “Non mi pare che stia per morire. Toglietegli la camicia e tamponategli la ferita. Portatelo di sopra”.

Mentre il trentenne eseguiva 'Romano' chiese: “E l'altro? Dov'è finito?”

Oh, di certo non più qui. Salite!”

Tornarono al piano superiore. 'Romano' e il trentenne trasportavano a braccia Tommaso che, scosso, sembrava riprendere conoscenza. Iona guardò in giro per la casa, mentre la ragazzina lo osservava a distanza completamente spiritata.

Ecco!” Esclamò il vampiro.

Ecco cosa?” Gli umani restarono attoniti mentre Iona gli indicava un muro completamente bianco.

Ecco questo!” Gli umani videro Iona allungare la mano verso la parete, fingere di afferrare qualcosa e scuoterla. In un attimo realizzarono che Iona stava muovendo una reale anta di una finestra che prima non c'era.

Iona fece cenno di stare zitti con i loro “Ma...ma..ma...” e li riportò in cucina.

Dobbiamo portare Tommaso all'ospedale”, disse Romano”. In effetti la camicia del ragazzo era già intrisa di sangue.

E io vorrei andare in vacanza sulle spiagge di Santo Domingo, ma tutto non si può avere dalla vita”, rispose Iona mentre si sedeva tranquillamente a capotavola.

Morirà!”

Mi dispiacerebbe”.

E allora?”

E allora ho una soluzione, fidati”.

Fidarmi? Ma tu...Lei...Sei un vampiro!” Urlò 'Romano'.

Mi sarebbe piaciuto essere Babbo Natale, ma sono troppo magro. Ora zitti tutti! Tu, ragazzina, come ti chiami?”.

La ragazzina rispose a mezza bocca un 'Lucia', ma più che spaventava sembrava a disagio, turbata più nell'anima che nella mente.

Bene Lucia, siediti qua”, le disse Iona indicandogli una sedia alla sua sinistra. Poi si alzò e andò verso una mensola, l'aprì, prese un bicchiere che sciacquò abbondantemente sotto il rubinetto e asciugò con uno strofinaccio finché non lo vide brillare. Si volse, aprì un paio di cassetti e trovò un coltello da cucina. Lasciò cadere il tutto sul tavolo, di fronte a Lucia.

Tornò a sedersi a capotavola, estrasse un sigaro toscano dalla giacca e se lo accese. “Avanti Lucia, tagliati un polso e lascia cadere il tuo sangue nel bicchiere”.

Brutto bastardo figlio di puttana!”

'Romano' gli si avventò contro. “Silenzio!” Ringhiò Iona lasciando uscire di fuori la sua natura sui lineamenti del viso. 'Romano' saltò all'indietro, come una lepre di fronte a un lupo.

Cerca di farti entrare nella tua zucca vuota che Io sono il predatore e voi siete le prede. Avete osato attaccare un mio Fratello! Mi avete sparato in testa”, si batté sulla fronte liscia e intonsa, “Siete entrati nel mio regno, qui comando Io! E, nonostante tutto! Nonostante tutto siete ancora vivi! Lo capite o no che sto cercando di salvarvi? Da me in primo luogo! E per questo sto chiedendo solo ciò che mi spetta! Quindi...” Tornando calmo e rivolgendosi a Lucia, “Tesoro: tagliati quel delizioso braccino. Anche perché credo che hai ancora baciato neppure un ragazzo, perciò mi pare sconveniente darti il Bacio dei Dannati”.

Lucia lo fissava con ribrezzo e odio, ma non con paura. Prese il coltello e con uno scatto da adolescente ribelle si incise le carni poco prima del polso.

Mettilo nel bicchiere”.

Il sangue iniziò a scivolare rosso e brillante sul bordo e sul vetro. Quando il bicchiere fu pieno per due dita Iona la fermò. Si passò l'indice e il pollice sulla lingua e protese la mano verso la ferita della bambina. Lei sussultò al contatto di quella pelle gelida, lui ebbe qualcosa di simile all'eccitazione sessuale. Non appena la saliva del Dannato entrò in contatto con le carni lacerate, la ferita scomparve all'istante, compreso il sangue che la circondava, non restò neppure un minimo segno.

Mentre tutti erano fissi su quel prodigio blasfemo Iona agguantava il bicchiere e se lo portava alle labbra. Mugolò di piacere, come se avesse assaggiato il più dolce dei bignè alla crema, ma era qualcosa inspiegabilmente molto più buono, era Vitae.

Avevo ragione! Sei davvero un'innocente!” Esclamò rubicondo in viso mentre riprendeva a fumare il sigaro.

Tommaso si lamentò debolmente, pallido, quasi cadaverico.

Fatelo stare zitto!”

Sta male!”

È arrivata la cura!” Disse Iona guardando oltre le spalle di tutti.

Chi poté si voltò e vide dietro di loro, con l'espressione di un animale braccato in faccia, Leonardo.

Leo-nardo-o”, esclamò Iona, “Bentornato!”.

Il Mekhet era paralizzato nei suoi vestiti completamente neri da eroe della notte.

Hai lasciato un lavoro incompiuto a quanto pare. Rimedia!” Ringhiò serio Iona indicando il moribondo, “Non vorrai che questo bestiame avvalori l'idea che noi siamo assassini efferati, vero?”

Leonardo si fece avanti, prese la testa di Tommaso tra le mani, tolse la camicia – ormai uno straccio lurido di sangue – e leccò rapido il collo dove aveva lasciato il segno delle sue zanne.

Bravo! Ora siediti”.

Io...” Iniziò a dire il Mekhet.

Non il mio nome!” Ringhiò Iona. “Siediti e basta!”.

Proprio ora doveva usare i suoi poteri per richiamarmi?” Chiese lo stesso mentre si sedeva su una seggiola accostata alla parete.

Proprio qua dovevi portare la tua lurida presenza pagana?” Rispose Iona e aggiunse: “Cosa ci fai nel mio territorio?”

Leonardo non rispose, guardava da un'altra parte. Iona vedeva solo le ciocche dei capelli biondi che cadevano sul viso e la punta affilata del naso sporgere tra i boccoli.

Voleva...” Tentò di dire 'Romano'.

No!” Lo interruppe Iona alzandosi, “Me lo deve dire lui”.

Ma Leonardo continuava a tacere. Iona estrasse rapidamente la pistola che aveva sottratto a 'Romano', la puntò contro l'Accolito e gli ficcò due proiettili in pancia.

Dopo il boato e il fumo restava solo Leonardo che si contorceva sulla sedia digrignando i denti che trattenevano la Bestia a fatica.

Fa male?” Chiese Iona, “Sai che cosa c'è di più doloroso di un proiettile nello stomaco? Un proiettile nel ginocchio!” Sparò di nuovo centrando il bersaglio.

Leonardo schizzò letteralmente dalla sedia come fosse un rospo e si accasciò a terra, urlava belluino. Iona comprese che era chiaramente al limite della sopportazione. Gli mise un piede sulla testa.

Non ci pensare. Non provarci. Contieniti e resta calmo, altrimenti non mi interesserà nessuna spiegazione che potresti darmi”.

Facendo uno sforzo che nessuno dei vivi presenti poteva capire, l'Accolito respinse la Furia Rossa che lo sferzava con la lusinga di non sentire più alcun dolore se l'avesse liberata. Iona lo prese per una spalla e lo rimise sulla sedia. “Avanti, dimmi”.

Leonardo strinse i denti e poi emise un sibilo per il dolore e il disprezzo nei confronti del suo Fratello. “Dovevo...Dovevo...Prendere un neonato”.

Aaaaaah!” Iona urlo furente, come un gesuita che ode una bestemmia in chiesa, strattonò la spalla di Leonardo e si sentirono chiaramente le ossa spezzarsi, poi lo spinse a terra.

Gli umani ormai subivano passivamente ogni cosa, la quantità massima di terrore elaborabile era già stata oltrepassata da un pezzo. Iona finse di aggiustarsi il cappotto nuovamente e ordinò al Mekhet di rialzarsi. Come il Pagano obbedì, si ritrovò con Iona che gli agitava il bicchiere sporco del sangue di Lucia davanti il viso.

Lavalo”, gli disse con sarcasmo, “Dobbiamo difendere la Maschera”.

Leonardo prese il bicchiere e si avviò mezzo zoppo e mezzo storpio verso il lavabo. Pulì con cura il bicchiere e non appena ebbe finito Iona lo afferrò repentino per i capelli sulla nuca.

Tu! Bastardo d'un infante mal'Abbracciato!” Scaraventò la faccia del Mekhet contro le mattonelle della parete con una furia bestiale, “E tutta la tua mostruosa cerchia di fottuti Pagani!” Le mattonelle si infransero così come molte ossa della faccia di Leonardo a causa dei colpi ripetuti a velocità inumana, “Osate! Osate venire a praticare le vostre arti blasfeme nel mio territorio!”

Leonardo non udì il finale della frase, era scivolato nell'incoscienza. Iona lo lasciò andare e lui cadde a terra come una carogna di un animale. Poi si voltò verso i quattro vivi morenti, ormai senza più un briciolo di autodeterminazione in corpo, e gli chiese: “Avete delle corde?”

Fece legare a puntino Leonardo, poi trascinarono il suo corpo fuori della casa e lo deposero nel bagagliaio dell'auto di Iona. In seguito il vampiro si rivolse ai tre uomini e alla ragazza: se volevano restare vivi dovevano seguirlo in un posto. I tre uomini salirono sul furgone mentre Iona volle che Lucia lo accompagnasse in auto con lui.

Prima di partire Iona prese il cellulare e fece due telefonate. La prima a Ivo, nella quale gli disse che doveva spostarsi a Perugia, perché lì avrebbero passato il giorno di domani. L'altra chiamata venne indirizzata a Sansepolcri.

Quando poté parlare con il Custode Iona disse: “Ho un problema urgente di Masquerade, no! Non è colpa mia! Come si permette! Le spiegherò tutto, intanto, però, ho bisogno assoluto dei suoi servigi contro un po' di bestiame...E se ho chiesto di lei c'è un motivo”.

Iona mise in moto l'auto e, controllando che il furgone lo seguisse, guidò per una mezzoretta arrivando a un parcheggio poco fuori Perugia. Lì trovò una Mercedes ferma ad aspettarlo.

Disse a Lucia di restare in macchina e si diresse verso l'altra. Parlottò un po' con un tizio nella berlina e poi si voltò, appoggiandosi al posteriore dell'auto, fece cenno a quelli del furgone di avvicinarsi.


Quando Sansepolcri ebbe finito di raccontare a 'Romano' che non si sarebbe ricordato niente di tutto questo dopo aver sostituito le mattonelle e rimesso a posto le pareti forate dai proiettili, si rivolse a Skidone: “C'è anche quella ragazza nella sua macchina”.

Oh no Vittorio, lei è speciale”.

Speciale?”

Credo che sia, anzi è sicuramente dotata”.

Il Guardiano dell'Elìsio sgranò i suoi occhi micidiali: “Vuole dire che è una di quei leggendari mortali dotati di senso per il soprannaturale?”

Probabile”.

È pericolosa”.

Tanto quanto inutile che passi per la vostra cura. Ma soprattutto, è un capitolo di studio che non abbiamo mai affrontato”.

È una vostra responsabilità, se riuscirà a evitare nuove infrazioni della Maschera, spero che l'Ordine ne trarrà vantaggio”.

Sarà il primo a saperlo”.

Lo spero...E di Moreno? È convinto di quello che sta facendo?”

Mia la strada, mie le regole. Lui avrà un debito con me e io sono in debito con lei”.

Due debiti”. Sottolineò il Ventrue.

Sì, due debiti”.



Ore 01.00, nei pressi del Percorso Vede, zona Pian di Massiano, Perugia.

Iona Skidone fermò l'auto ai bordi della pista da jogging, praticamente sul confine di uno dei territori del Circolo della Megera. Lucia era addormentata sul sedile del passeggero. A quanto pare era riuscita ad abituarsi un po' alla presenza di un Dannato.

Iona aprì il portabagagli del coupé. Leonardo Moreno si era ripreso. Lo tirò fuori in malo modo dal bagagliaio e gli piazzò occhi e zanne bene in vista in faccia.

Ascoltami bene cazzone! Bracconaggio, pratiche religiose fuori del territorio, infrazione della Maschera. Ce n'è abbastanza per farti vedere il sole quattro o cinque volte se si potesse”. Leonardo era ancora imbavagliato, mugolava, “E non me ne frega un cazzo di quello che hai da dire! Perché non mi serve. Ora io ti lascio andare. Va pure da Attia, Chichi o da chi ti pare a piangere come un vitello, ma ricorda bene: il tuo culo è roba mia adesso”.

Gli allentò le corde, gli tirò un sonoro calcio nei genitali e ripartì in macchina.


Poco dopo, nei pressi di Pontevalleceppi.

Iona fermò il motore dopo essere passato per un cancello e svegliò Lucia.

Dove siamo?” Chiese.

A casa mia”.

Di fronte alla ragazza si alzava un casolare di campagna a due piani. Non sapeva minimamente dov'era. Iona la fece scendere dall'auto e la invitò a entrare.

Lucia aveva ancora gli occhi appannati dal sonno, non notò quasi niente di quello che c'era in giro: un mobilio ricco e variegato, le pareti tappezzate di velluto nero e blu, sul pavimento mattonelle dipinte a mano. Vide solo, davanti a lei, una scala che saliva e sul pianerottolo l'alzarsi di una vetrata simile a quella di una chiesa, ma su questa c'era un inconfondibile drago rampante.

Devo tornare da mia nonna”.

Oh sì, dovresti essere a letto da un pezzo, ma forse sai bene ormai che le cose non vanno sempre come immagini”.

Cosa vuoi da me?” Chiese Lucia mentre Iona le faceva salire le scale.

Voglio conoscerti. Cioè, non in quel senso!” Sorrise, “Ci sono davvero troppi, troppi anni, ma voglio capire”.

Iona la fece entrare in quello che sembrava un salotto. Tappeti ricchissimi lo pavimentavano, dal blu e il nero si passava all'oro e allo scarlatto brillante. Libri, libri di ogni genere, diversi dall'aspetto antiquato, erano ovunque; un grande quadro col volto di un uomo d'aspetto demoniaco sopra un camino, attorniato da tre figure femminili.

E gli altri?” Chiese ancora Lucia.

Oh, gli altri staranno benissimo, non si ricorderanno assolutamente nulla!” Le rispose mentre la faceva accomodare su un divano in stile barocco.

E io? Io dimenticherò?”

Credo di no. Ma questo già lo sai, vero?”

Lucia assentì con la testa. Capitò Ivo con un vassoio con della cioccolata calda e pasticcini.

Tu non sei di Todi vero?” Chiese Iona mentre versava cioccolata dalla caffettiera alla tazza.

No. Io sono di Genova. Mia mamma è nata a Todi e qui ho la nonna. È stata lei...A chiamarmi. Voleva che...Aiutassi quelle persone a...A fermare il tuo amico”.

Iona alzò gli occhi verso le travi del soffitto, con una mano si accarezzò dietro la testa, nel punto in cui i suoi capelli non c'erano più da quando respirava ancora ogni minuto della sua esistenza.

Tua...Nonna? Tua nonna ha voluto questo?” Il tono della voce salì improvvisamente: “Tua nonna ti ha chiamata per mettere a rischio la tua vita? Una come te! Una come te potrebbe morire in modo orribile o peggio! La morte non sarebbe nulla se incontrassi un'anima depravata che solo per puro divertimento volesse condannarti a diventare un Dannato!” C'era indignazione nelle parole dure di Iona, disprezzo nei confronti degli uomini: ignoranti, codardi, ipocriti, superficiali.

Lucia aveva cercato di assaggiare la cioccolata, ma l'uscita di Iona l'aveva scossa. Gli occhi iniziarono a inumidirsi.

Mia nonna mi vuole bene”, singhiozzò, “Io...Io da sempre mi accorgo di voi, da sempre ho paura di notte! Non voglio mai uscire di casa la sera. A Genova ne ho visti molti e loro vedono me, mi fanno paura e nessuno mi crede! Solo la mia nonna mi dà retta, solo lei non ride del fatto che ho paura a dormire con la luce spenta”.

Ciò non toglie che tua nonna ti ha fatto rischiare la vita”, rispose freddo Iona.

Io lo so che un giorno...Un giorno mi prenderanno. Io non credo a Babbo Natale, ma all'Uomo Nero sì! E anche se ho paura, non voglio che mi prenda. Voglio combattere!”

Non sono parole di una bambina di dodici anni queste. È stata tua nonna a mettertele in testa”.

E allora? Devo fare quello che mi dici tu? Tu e il tuo amico che è andato a rapire un bambino appena nato, e la nonna lo sapeva. È stata lei a chiamarmi e a chiamare gli altri per fermarvi. E se provi a far qualcosa a me...!”

Iona sorrise candidamente. Lucia rimase sospesa perché si era accorta di non sapere minacciarlo.

Bevi la tua cioccolata”, disse tranquillo il vampiro, “E sta sicura: io non ti farò assolutamente nulla. Tu e la tua nonna mi avete fatto un favore dopotutto e io non approvo chi fa del male ai bambini. Domani ti riporto da tua nonna. Te lo prometto”.

Veramente?” Gli occhi arrossati di Lucia splendettero di speranza.

Iona le si accostò sul divano. “Sì”, le rispose dolcemente e aggiunse: “Ormai è tardi. Sei stanca, sei scossa. Dormi e riposa ora”. Iona le mise una mano dietro la nuca e l'esile corpo della bambina si rilassò immediatamente, distendendosi sui cuscini del divano. Iona le carezzò la nuca e le guance e Lucia sospirò. La cosa lo inquietò, ai suoi occhi non sfuggì il fatto che sulla maglia di lei erano comparsi i segni dei capezzoli acerbi e che le sue cosce si erano ritirate a proteggere il grembo. Il tocco freddo e lascivo delle sue dita era qualcosa di pretenaturalmente demoniaco, la sua stessa presenza era conturbante, lo sapeva, risvegliava i sensi o – come in questo caso – li faceva maturare precocemente.

Ma non era giusto. Poteva concupire e impadronirsi di tutti i corpi e le anime del mondo: era il suo Potere del Sangue, ma non questo – sentiva che non doveva.

Allora chiamò la Vitae, il sangue dannato nel suo corpo. Lo chiamò perché tramite esso potesse ingannare la morte imitando la vita. Le sue mani si riscaldarono, sentì un tonfo nel petto: il suo cuore flaccido, secco e corrugato, che tornava a battere. Lucia non ebbe più l'immagine di un predatore sensuale accanto a sé, dai lineamenti sottili, lisci, pallidi e imperturbabili ma vide un uomo di trent'anni su per giù che la cullava dolcemente. Un padre, uno zio, un fratello, una persona di cui fidarsi.

Dopo che Lucia si addormentò, Iona la prese in braccio senza nessuno sforzo e delicatamente, senza farla sobbalzare al passo, la portò nella camera da letto appena oltre il salotto.

La mise nel grande giaciglio che aveva ospitato centinaia di donne ben più adulte di lei. Le sfilò le scarpe e la coprì con le coperte di raso e lana. Cercò infine il cellulare della ragazza e andò da Ivo.

Informò, in parte,il suo amico delle novità. Poi gli chiese di cercare il numero della nonna e buttarla giù dal letto, se mai ci fosse entrata quella notte. Doveva tranquillizzarla promettendole che l'indomani sera avrebbe ritrovato sua nipote senza un capello torto, ma che doveva lasciar perdere ogni cosa e non chiamare nessuno.

Poi Iona lasciò Ivo e si rinchiuse nel suo studio. La notte non era ancora finita e aveva tempo per consultare un paio di volumi.