venerdì 30 maggio 2008

Tra l'arca e il muro (2)


Parte seconda

Per l'ennesima volta in tanti anni Arimanni e Sansepolcri venivano piantati da Skidone nel bel mezzo di un'importante discussione. Era sicuro che per una volta ancora la discussione non sarebbe mai stata ripresa e che Skidone sarebbe andato avanti da solo, fin sulla bocca dell'Inferno per quanto era immaginabile.

Arimanni si spostò verso la porta, Sansepolcri uscì dal quadrilatero dei divani.

«Ha acceso la trasmittente radio», disse costernato il Kogaion dell'Ordine e poi, senza il bisogno dei suoi sensi soprannaturali, udì l'auto mettersi in moto e partire decisamente affrettata.

Sansepolcri aveva il volto aggrottato: «Questa volta è stato molto più insopportabile del solito», disse il Ventrue.

«Più che altro è stato gravemente pericoloso», rispose Arimanni accendendosi un altro sigaretto alla vaniglia. «Per la Grande Opera», precisò.

Sansepolcri poggiò le mani sopra uno dei tavolinetti tondi, incassando cupo la testa tra le spalle. «Siamo in stallo da anni, per causa sua», disse.

«No, a causa della sua arroganza intellettuale», rispose Arimanni espirando il fumo dal naso che si confondeva con i ricci dei suoi grandi baffi arcuati.

«Non possiamo permetterci una cesura così netta, a meno che lui non ci porti qualcosa di concreto per farlo», ragionò Sansepolcri.

Arimanni scrollò il sigaretto per non sporcarsi di nuovo con la cenere, diede le spalle al Custode dell'Elysium e proclamò: «Io sono pronto ad affermare che Iona Schidon rifiuti per principio il filone di studio del vecchio corso, è convinto che può farne a meno e ottenere lo stesso dei risultati con le sue metodologie personali; non so dire se riuscirà a capire che cosa stavano cercando i nostri fondatori, ma sono pronto a scommettere che se ha trovato qualcosa lo tiene segretamente stretto».

«Tutto quello che ci ha dato in questi anni non erano che omaggi di gradimento», chiosò Sansepolcri.

«Lavorerò per trovare un equilibrio nel Dominio», promise il Primogenito dell'Augusto Barone.

«Ma in questo nuovo equilibrio non dovrà esservi Skydone», suggerì il Custode dell'Eliseo.

«No», confermò Arimanni.

mercoledì 28 maggio 2008

Tra l'arca e il muro (1)


Parte prima

«Skydone, hai commesso un errore», disse Attia.

Skidone “si spense”, il suo bagliore d'angelo caduto svanì, nella stanza cadde un'atmosfera cupa e fredda. Attia si voltò e prese l'uscita senza salutare nessuno, mutò la sua forma in una cappa di vapore gelido per poi spiegare le ali della Nyctalus noctula e lanciarsi in un volo silenzioso quando fu fuori dalla Casa Capitolare dell'Ordo Dracul. All'interno Skidone era rimasto in posizione immutata, Arimanni e Sansepolcri lo stesso, e ben si guardavano dal dire una sola parola. Skidone si girò sui suoi piedi pieno di furia, afferrò un gran vaso decorato con l'ornato rinascimentale e lo alzò di scatto sopra le spalle. Allorché fu per scagliarlo a terra si ritrovò Arimanni di fronte a bloccare il gesto.

«Ma non c'è proprio niente qui dentro che possa rompere?» Chiese Iona con ingenuità.

«No», rispose asciutto Arimanni.

Iona lasciò perdere il vaso, arrivò a uno dei due divani e si lasciò cadere come la brutta serata che stava passando richiedeva. Si accese stancamente una sigaretta.

«Che casino», disse a mente fredda.

«Però conosciamo l'identità di chi è a capo della cospirazione», tentò di analizzare Arimanni, e persino di consolare la Succube.

«E questo cosa risolve?» Domandò Iona, «Oh be', andiamo dall'Augusto a dire che... “Guardi, la Gerofante è in marcia forzata verso la liberazione del potere mistico di Mucchio di Merda per usarlo ai suoi comodi” e, ciò detto, aspettiamo che il Barone promulghi una Caccia di Sangue su una Primogenita?» Senza dare il tempo di replicare continuò: «A parte che l'Augusto in centocinquant'anni ha proclamato solo una lextanalionis, a parte che... Chi se la sente d'andare a infastidire la Bestia?, e a parte tutto: chi se la sente di fare una guerra di questi tempi? Perché guerra sarà e, naturalmente, i Carthiani se ne fregheranno a fatti e parole, i Consacrati a fatti, l'Invictus farà guerra solo con le parole, quindi...»

Arimanni fece compagnia a Iona con il suo sigaretto, mentre Sansepolcri non dava segni di attività, forse pensava.

«Ha già un'idea di quello che riferirà all'Augusto?» Chiese Arimanni dall'angolo, nei pressi di una porta-finestra.

«Uhm... Intanto che ad Attia sono saltati i nervi, e che quindi, con una certa probabilità, ha detto abbastanza la verità», rispose Iona facendo delle smorfie pensose.

«Ha corso un grande rischio, non usi più quel potere in presenza di altri Fratelli», disse Sansepolcri. Iona si aggiustò di posizione sul divano per guardare stizzito il Ventrue. Che cazzo voleva dire il Custode? Uno non si può difendere?

Poi l'osservò meglio e capì che in Vittorio Sansepolcri c'era qualcosa che non andava, i suoi occhi guardavano il vuoto, entrambi nello stesso punto. «Dovremo anche dire che la Somma Sacerdotessa ci ha rivelato che ora il potere del Mostro è fuori controllo», aggiunse il Drago del clan dei Patrizi.

«No!» Urlò di scatto Skidone, «Evitare nel modo più assoluto di dare ad Attia e ai suoi vaneggiamenti la benché minima validità. Lo ha scritto pure Nietzsche: la conoscenza è un fatto che si produce con il conflitto politico. Se diamo ragione ad Attia facciamo torto a noi»

Sansepolcri stava per replicare accigliato. Non che Skidone fosse in errore, tuttavia non aveva appreso nulla, neppure negli ultimi quindici minuti, sulle buone maniere e sul rispetto. La voce di Arimanni proveniente dall'angolo lo fece esitare e riflettere sull'opportunità di non creare un'escalation di insulti col Daeva.

«Tuttavia non possiamo trascurare il pericolo».

«Tuttavia», fece Iona cadenzando con veemenza, «Non possiamo andarlo a dire al Barone. Ma voi l'avete capito o no che tra lui e Attia non c'è questa gran differenza? Cioè: lui ci ha affidato il compito di vigilare sul Drago, sugli strati e sulle sorgenti infinite di potere mistico del Dominio, non perché ci ritiene bravi e competenti; ma perché è convinto che niente sfugga al nostro controllo. Non posso presentarmi e dirgli: “Sai, io ero assolutamente in buona fede quando ho impedito a Moreno – chissà se ha idea di chi sia – di rapire un neonato e di farci un festino di sangue sopra, però poi ho scoperto che forse non era proprio la cosa più opportuna da fare!”» Spense la sigaretta nel posacenere e, come in precedenza, impedì il contraddittorio: «Questo genere di scusanti non funzionano proprio, e le conseguenze saranno che ci ritroveremo appiedati. Primo: avremo un nuovo Guardiamo dell'Elysium in sua sostituzione», Iona fissò Sansepolcri che questa volta replicò fortemente offeso: «Non sarà certo per colpa sua che andrò a rimetterci io!»

«Se lo dice lei», disse Iona sarcastico, «Ma questo a parte, è certo che Danzetta ritirerà fuori dall'armadio il buon vecchio Weddington e tutti i segreti della Famiglia Mechèt Invicta. Del resto», continuò con un pizzico di saccenteria, «Per il Barone mettere in salamoia la progenie di Angelico è stato giusto un surplus quando Angelico si eclissò; è stato solo il tentativo di smorzare ogni possibile influenza del Maestro in torpore che lo ha spinto a fare di Antonio il nuovo Primogenito. Ma cosa gli costerebbe riportare sulla scena Weddington? Lui è gestibile e Angelico non si risveglierà domani».

Fu il turno di Arimanni per fissare il vuoto, ma non era uno spettacolo insolito data l'abitudine sedentaria del vampiro. Tuttavia la cenere del sigaretto che ardeva fra le sue labbra stava per cadere sul folto pizzo del Mekhet senza che lui cercasse d'evitarlo. Era un chiaro segno d'estraniamento. Skidone non aveva tutti i torti, forse aveva completamente ragione.

«Dobbiamo lavorarci unitamente», disse Arimanni ripulendosi il mento con disgusto, «Convocherò un Caucus straordinario».

«Ottima idea», fece eco Sansepolcri.

«Almeno i ragazzi potranno divertirsi», commentò Skidone, «Ma credo che dovremo agire anche su un altro fronte», aggiunse: «Vittorio, io comunicherò all'Augusto che non tutto è perduto, anzi che la situazione può essere recuperata in fretta, lei però dovrà farmi da sponda tra i Signori del clan Ventures perché non facciano troppe domande. Per ogni cosa che andrà storta dovrà lasciar intendere che si sta trattando delle contromosse di quella strega della Megera. Le darò notizie dettagliate tramite Lucrezia, un testimone in più».

Sansepolcri non ne poté veramente più e offeso fin nell'intimo accusò Iona: «Ma come si permette di dettare legge nel mio clan? Con che faccia viene a ordinarmi di mentire spudoratamente?»

Iona non venne spiazzato dallo scatto d'ira e spiegò che: «Se le Succubi fossero così influenti farei tutto da me tra la mia famiglia. Sfortunatamente le Dame non parlano d'altro che del torbido triangolo tra me, Chichi e il suo defunto ghoul e i Signori sono ben più preoccupati del ritorno di Florenzi-Baglioni al periodo delle sue manie omosessuali che del Mostro...Quindi...»

Iona sorrideva sfrontatamente in faccia a Sansepolcri, Arimanni era impegnato nella lettura delle aure dei due e aveva capito che Sansepolcri stava per entrare nella mente di Skidone per metter fine a tutto questo; sebbene non sembrasse, Iona era molto provato dallo scontro con Attia, Vittorio avrebbe potuto Dominarlo con facilità e imporgli una nuova linea di pensiero.

Il rumore di una chitarra frenetica irruppe nella stanza disturbando e distogliendo l'attenzione di tutti. Ciò che solo uno su tre dei presenti avrebbe definito “melodia” proveniva da un cappotto sull'appendiabiti. Era il cellulare di Skidone. Lui arrivò al cappotto ed estrasse il telefono, guardò il display ed uscì immediatamente tirando via il cappotto.




Suoneria del cellulare di Iona

domenica 18 maggio 2008

Pubblicati ebook

L'undicesima puntata comporta l'apertura di una nuova pagina dell'archivio per scaricare i file, buon download

giovedì 15 maggio 2008

L'errore - parte quarta

Parte quarta

Iona prese la parola: “Incolpa me della sua stessa incapacità. Se lei non desidera altro che la distruzione di tutto quello che c'è per il ripristino di un ordine antico, regno dei suoi Dei Morti be', qui in Perugia siamo tutti talmente tolleranti da lasciarle libertà di culto. Ma quanti secoli sono che lei impegna ogni goccia del suo potere per partorire questo progetto? Andiamo... Se lei stessa li chiama 'Dei Morti' vi sarà una ragione, la morte è definitiva e assoluta anche per i Fratelli, in un certo senso di morte... Comunque sia, io... Io imbriglierei un potere così grande e inconcepibile impedendone l'esplosione in palingenesi? Io?” Iona replicò Robert de Niro in una famosa scena di 'Taxi Driver' nella quale era allo specchio e giocava con una pistola: “Ma diciamo che evito che qualcheduno sfrutti con intenzioni genocide alcuni dei più oscuri poteri mistici presenti in questa regione, che ne è già piena come una fogna è piena di merda, e non c'era davvero nessun bisogno che arrivasse persino un Mostro”.

I tre Draghi avvertirono palesemente che qualcosa stava accadendo in Attia, qualcosa di non raccomandabile. Iona però era travolto dall'impeto: “Qualcheduno che pur d'ottenere le profezie di onnipotenza e i deliri di gloria che un demonietto dell'incubo le sussurra nell'orecchio, non si fa scrupolo di consacrare a morte due dei suoi fedeli seguaci nonché Sangue del suo stesso Sangue!”, concluse fingendo di avvicinarsi all'anziana sacerdotessa pagana.

La Bestia di Attia saturava ormai ogni angolo della villa intera, ad Arimanni fischiavano le orecchie da quanta rabbia era emanata, ma lui non sapeva che fare: Iona aveva attraversato il Rubicone con la fanfara in pompa magna.

Iona Skidone, essi perirono per causa tua”, replicò Attia indignata, “Poiché tu fosti colui che li obbligò a vigilare sull'Apocalissi...”

Eh certo. Certo che sono stato io. Speravo che così qualche Pagano capisse che tipo di orror...” Iona sbarrò gli occhi di terrore, l'aria vibrò di Potere del Sangue, Attia si avvicinava a lui col suo aspetto più pauroso, un braccio arcuato sopra la testa e i suoi artigli da rapace emersi dalla scorza dell'essere umano.

Arimanni balzò in piedi come una saetta, Sansepolcri provò a tenere il passo, ma tutti si congelarono nell'istante in cui i loro sensi vennero squassati da un'esplosione di energia mistica ancora più potente di quella che c'era stata fin'ora. Accadde in meno di una porzione di secondo, Attia fendette l'aria con le Unghie della Bestia per colpire Iona, per straziarlo come un pupazzo di cartapesta, ma inaspettatamente il braccio le si ritrasse proprio quando le sue lame soprannaturali sfiorarono il bavero della giacca. I due vampiri si ritrovarono distanziati di un metro, nella stanza la luce delle applique era divenuta trascurabile, Iona al centro della sala era più appariscente di tutto il resto, produceva luce; un bagliore inspiegabile ardeva su di lui, a partire dalle sue iridi che sovrastavano per imponenza e splendore i grandi occhi mediterranei di Attia, un mostro più antico della casa che l'ospitava e che ora gorgogliava come un felino.

Hai ucciso il servo di Chichi”, sibilò Attia come se volesse sputare addosso a Skidone.

Ehi! Quello è stato un incidente!” Replicò Iona come se Attia non avesse più le sue armi vampiresche sulle dita.

Hai impedito che Moreno terminasse la sua prova, lo hai torturato e poi lo hai lasciato andare per renderlo tuo schiavo. Se lo avessi ucciso non ti porterei tanto astio quanto è forte l'odio che ho per te”.

Oh, parliamo proprio di questo Moreno e specialmente del suo tentativo di rapire L'Ultimo-Bambino-Nato-nella-Prima-Decade-del-Mese-dei-Morti...” Disse Iona nella folgore della sua Maestosità mentre pensava: Perché di Patricia non dice nulla?

Sciocchezze...” Minimizzò Attia mentre si ritraeva.

Sciocchezze? La scienza dice che tante singole coincidenze fanno un fatto un mistico”, s'inventò lì per lì Iona, “Veramente non c'è nessuna corrispondenza con l'Agnus Novus?” interrogò senza tregua il 'Drago Numinoso'.

Attia cercava di allontanarsi sempre di più dall'alone stregato della Succube, il Daeva sprigionava un campo di forza che lo rendeva inattaccabile e irresistibile e Attia si sentiva più umiliata da questo che da tutto il resto perché le vere battaglie tra i Fratelli erano basate sulla volizione. Skidone aveva dimostrato quella sera che il suo non era solo un fatuo atteggiarsi; l'aveva battuta con i Poteri del Sangue e aveva vinto una battaglia.

Giunta prossima all'uscita del salone Attia si sentì meno oppressa dalla Presenza abbagliante di Iona e poté replicare: “Hai desiderio di conoscere? Sì, mandai io a prendere quel fanciullo poiché diedi all'Apocalissi in Sacrificio il potere di lottare contro la prigionia a cui l'avete condannato. Pregai gli Dei Morti e le Grandi Forze per un nuovo Avvento e loro mi risposero. Ma cosa credi di conoscere tu che prescindi di poter plasmare la realtà a tua volontà, e sottovaluti e ignori che io stessa conosco gli esatti segreti di cui fai gran vanto, altrettanto e meglio di te in persona. Fermamente non dimentico quanto pericolo vi è nell'Apocalissi in Sacrificio, perciò inviai Moreno a prendere quel fanciullo poiché esso era una forza pura atta a vincolare l'Apocalissi in Sacrificio per farlo servitore della Megera. Tu hai impedito tutto ciò e ormai è troppo tardi per dell'altro. L'Apocalissi in Sacrificio non ha più e non avrà mai più né limite né padrone. Skidone, hai commesso un errore”.

mercoledì 14 maggio 2008

L'errore - parte terza

Parte terza

La ringrazio nuovamente per aver accettato questo invito, non sarà mai abbastanza”, iniziò Iona, “Siamo onorati di poterci pregiare di qualsiasi superbo consiglio avrà la grazia di concederci riguardo l'esiziale problematica che torna a percuotere la nostra terra una volta ancora”.

Attia lo ascoltava attentamente. Nella sua rigidità statuaria era perfettamente percettibile il capo leggermente proteso in avanti, simbolo della sua concentrazione sul senso dell'udito. Mentre Iona sciorinava la formula diplomatica la Gerofante lasciò andare un braccio lungo la coscia mantenendo l'altro piegato contro il busto. Ciò bastò a far smettere Iona di parlare senza aggiungere altro al suo discorso, Attia era disposta a rispondere subito.

Un cane, tu sei un cane”, disse con voce ferma dal timbro nobiliare, “Dal pelo più lucido e dal guinzaglio più lustro, tu sei il cane che il Barone sciolse mandandolo a me appresso”.

Arimanni e Sansepolcri scelsero d'estraniarsi del tutto dalla vicenda in corso, come se non fossero lì in quel momento. Iona ricadde nella disperazione catastrofista. Un Gangrel che sferza un Fratello con battute aspre su quadrupedi e affini! Maledizione! Ma dov'è Freida quando serve? Si era imboscato e ora ne era chiaro il motivo!

Signoria”, riprese Iona dimostrando d'aver accusato il colpo, “Voi avete ragione: non sono altro che un servo del Signore del Dominio... Tutti siamo servi Vostri. Ma appellandomi al 'Parlar Franco' vorrei dimostrare a Voi che sono conscio della situazione: ebbene è vero, qui ho solo il compito meschino di dire a Voi quello che verrà fatto riguardo al Mostro”.

Iona aveva compiuto una delle sue famose acrobazie retoriche cercando di cambiare immediatamente posizione. Attia snudò i denti assolutamente candidi in un sorriso minaccioso e canzonatorio, quella grande bocca splendente si incastrava perfettamente sul suo volto di signora abbrutita a megera.

Bugiardo!” Disse lei ancor più velenosa e sprezzante di prima, “Credi che tenga in conto le volontà del Barone? È mai questo un insulto della peggior specie? A chiedermi d'essere accondiscendente tu vieni, per una cosa che mai accettai. Credi che possa barattare la notte con la luce diurna?”

Oh certo, Voi non cambiate idea su un dio morto che prima di risorgere spazza via tutti i Fratelli senza distinguere tra fedeli e apostati!” Iona rispose d'impulso, la provocazione di Attia era stata troppo grande per mantenere l'autocontrollo e se ne pentì immediatamente.

Non comprendi nulla. La tua è una mente povera e demente, oppressa da quella tua scienza empia e dalla cappa della religione del Cristo, la stessa che uccise tutti gli Dei Morti. Non saprai mai e non sai né riconosceresti l'Avvento dei Tempi neppure se ti prendessi tra le mie braccia e ti guidassi attraverso essi nutrendoti con la mia stessa Vitae”. Attia iniziò a ondeggiare sul busto, attirando con il suo carisma ferino i presenti, “Così pieno di te, giovane Iona, saresti disposto a qualsiasi cosa pur di vincere ai tuoi giochi solitari. Gonfio come un rospo dipingi te stesso come il più gran sapiente della Nostra gente e non hai mai avuto pena dei danni che procuri, della distruzione che apporti. Uccidesti l'Araldo dell'Ultimo Dio, rubasti a Noi fedeli 'L'Apocalissi in Sacrificio' e ancora esisti solo perché aiutasti un tiranno bastardo a restare nella protezione della sua scintillante città. Quanto credi che possa durarti tutto questo? Così pietosamente giovane, illuso d'esserti creato una posizione di potere imperitura”, Attia piegò le ginocchia e tirò indietro il bacino per dare ancor più espressività al suo presagio commiserante, “Non è nulla! Nulla! Succube barbarica, niente è per le Grandi Forze della Natura che tu, tu hai devastato. Una notte, presto, sarò la prima a voler bere l'anima tua direttamente dal tuo cuore, ma sarò ben l'ultima ad arrivarvi, ciò è scritto nelle stelle in cielo”.

A metà del monologo di Attia Iona si era ficcato una mano in tasca e aveva stretto il suo scovolino d'acciaio per la pipa come fosse un oggetto magico contro il malocchio; a sentire e vedere la Gerofante esprimersi in quel modo tutto era probabile. Lasciò che le maledizioni di Attia corressero in libertà abbozzando uno svogliato passeggiare in circolo e lanciando un'occhiata di sfuggita ai suoi due 'sostenitori'. Ai quali mancherebbero solo tazze, teiera e pasticcini, e scusate tanto se vi arrechiamo disturbo! Pensò

Poi rialzò di scatto la testa come un divo dello spettacolo sotto i flash. “Ora è lei quella che mente”, disse.

Ad Attia si rizzò metaforicamente il pelo sulla groppa, Arimanni e Sansepolcri si scossero colti dall'orrore: non ci si rivolge in quel modo a un Primogenito!

martedì 13 maggio 2008

L'Errore - parte seconda

Parte seconda

Quando gli altri due Draghi raggiunsero il salone resero onore ad Attia dei Pagani per poi sedersi. Attia restò rigida come un albero infestato di parassiti mentre una lumachina spenzolava sull'orlo della sua vesta lasciando cadere bava sul pavimento splendente di casa Arimanni. La Gerofante sembrava assente e istupidita, forse una divinità morta le stava sussurrando uno dei segni dell'Apocalissi all'orecchio, più probabilmente era in difficoltà nel mettere nel giusto ordine i concetti di Vittorio Sansepolcri, Antonio Arimanni della Loggia, Primogenito Mekhet, Guardiano dell'Elysium, Ordo Dracul e tutto il resto; si diceva in giro che la sua mente funzionasse a salti, specialmente per quanto riguardava il susseguirsi degli eventi nel corso degli anni.

Gli altri due Draghi ignorarono del tutto la cosa sebbene non siano mai stati la quintessenza dell'esuberanza, apparivano svogliati palesando l'obbligo di nascondere l'astio e il disagio. Questo era tanto ovvio quanto irrilevante per Iona; era lui il Veggente Giurato ai Misteri, e se lui giudicava politicamente corretto trattare un accordo sulla base di una sfida a chi saliva per primo in cima all'albero della cuccagna, questo andava fatto e con poche storie.

Attia andava stuzzicata, almeno un po', poiché se non perdeva la pazienza e quel tanto di controllo, sarebbe stato impossibile tirarle fuori la più infinitesima briciola di verità. Lei sapeva, sapeva tutto quello che accadeva d'importante fuori Perugia e si teneva stretti i suoi segreti, perché odiava tutto ciò che era più recente d'un tempio romano, vampiri inclusi; il mondo moderno aveva ucciso le sue divinità e nessuno (a parte i suoi Accoliti) si impegnava a farle rinascere.

Durante il gioco di molestia a danno di Attia, Arimanni e Sansepolcri dovevano servire come garanzia per Iona. Con un Primogenito (be', non esattamente un 'Primogenito' nel vero e proprio senso della parola) e il Custode dell'Elìsio presenti, Attia non si sarebbe mai permessa di fare la cosa più semplice contro Iona: ucciderlo. Attia voleva Iona Morto-per-Sempre perché lui aveva sottratto il Mostro ai suoi progetti palingenetici, ma non lo avrebbe mai toccato di fronte a quei due, e non per timore d'infrangere la legge sotto l'occhio di testimoni, bensì per non dimostrare che a lei di Skidone importava, e che Skidone aveva avuto ragione.

Così riprese il gioco, con la Succube eretta verso un non morto d'età sconosciuta e con Arimanni e Sansepolcri in disparte, entrambi sullo stesso divano con i gomiti sulle ginocchia.

lunedì 12 maggio 2008

L'Errore - parte prima


Parte prima

Be' dopotutto non è gita male. Pensò Basile fuori dall'appartamento del Vescovo. Riaccese il cellulare che, senza avere tempo d'essere riposto in tasca, suonò: il Billy.

Il Billy è uno dei suoi freghi.

Chiamava dopo l'una di notte, dopo aver ricevuto 'serata libera'. Basile doveva rispondere.

Il Billy è uno serio.

Rispose: “Oh Ste'”, disse il Billy, “Abbiam sgamato un fascio a fa' attacchinaggio de straforo in giro, che fâmo?”

Stefano si fermò per strada muovendo gli occhi in tutte le direzioni, le orecchie dritte come un pastore tedesco e il cervello in centrifuga: “Indo' state?” Domandò.

Qua, giù, vicino a via de la Pescara”, rimandò il Billy.

S'è accorto?”

No, no”, disse il Billy con tono di fiero, “Stavamo a fuma' 'na canna in macchina e l'abbiam visto. Ma tra cinque minuti me sa che se sposta. Lo tonfamo?” Chiese eccitato.

No, spe'. Voglio fa' 'na cosa diversa. I' so' in centro, mo' scendo giù verso Porta Pesa. Vedi de manda' qualcuno co' 'na macchina che so' a piede. Voi stategli dietro se se sposta, ci sentiam poi, capito?”

O.K. Ho capìt' tutto lo pediniamo, bulo”.

Stefano si era ricordato del rimbrotto di Asclepio sul fatto che menare alla cieca tutti i fascisti in giro per la città, non era poi così conveniente ai fini dello sbrogliare le matasse create dalle influenze dei Fratelli sulla piccola criminalità locale (be', quella di Cestcenko non è affatto piccola, ma Basile non è un sottilizzatore). Quindi se dopo aver schivato l'offensiva burocratica dei poteri forti, riusciva a scoprire qualcosa in più sui fasci di Perugia, avrebbe guadagnato un casino di punti in una sola notte.

Vuoi che i neonazi non fossero preoccupati di due loro camerati spariti dall'altra sera? Di sicuro se fosse accaduta una cosa del genere a due dei suoi freghi a quest'ora li avrebbe già cercati da tutte le parti.


Lasciamo Stefano Basile correre appresso a un attacchinatore abusivo di manifesti, perché nella notte del due dicembre 2006 sono accadute parecchie cose, come in ogni notte del resto.

Portiamoci temporalmente pochi minuti più avanti dal momento in cui Basile e il Vescovo si erano lasciati (il primo sappiamo a fare cosa, il secondo probabilmente si sarebbe recato ad accogliere quelli di Padova), e allontaniamoci alcuni chilometri dal centro di Perugia.

Usciamo dall'abitato urbano principale e arriviamo in una delle frazioni della cintura metropolitana. Intorno Perugia, partendo dall'angolo di sud est, corrono in cerchio una serie di frazioni chiamate collettivamente 'i Ponti'; si parte con Ponte della Pietra, si passa per Ponte San Giovanni e poi Pontevalleceppi, Ponte Felcino e via e via... Circondando la città per tre quarti del suo perimetro.

Noi ci stiamo dirigendo verso quello spicchio 'senza ponti', orientato a nord est in direzione del lago Trasimeno. Dopo Santa Sabina siamo già fuori dei confini comunali del capoluogo e sotto l'amministrazione della città di Corciano. Uno dei più bei borghi di questi luoghi si chiama San Mariano, originariamente sorto sulla cima di una collina. Ma noi non arriveremo proprio lì. Ci fermeremo in pianura, sul confine tra Santa Sabina e San Mariano, non molto distanti dal Golf Club di Perugia, in mezzo a una gradevolissima zona suburbana per metà periferia, per metà zona industriale e per metà 'ritiro di campagna a due passi da tutto'.

Ci interessa una bella villa con dependance e quasi un ettaro di giardino. Sbirciando attraverso l'alta siepe dietro la recinzione si potrà vedere che là dentro manca davvero poco, sembra che ci siano addirittura delle strutture adatte per un piccolo maneggio di cavalli. Questa villa, bella, elegante, curata, appartata, è la Casa Capitolare dell'Ordo Dracul.

Di solito, pur se è difficile da notare, è abbastanza frequentata da dieci o più 'persone'; tuttavia a noi appare alquanto quieta. Il piazzale di ghiaia accuratamente rastrellato è quasi vuoto di auto e sembrano poche le luci interne accese nell'abitazione principale.

A una certa ora di quella notte qualcuno si presentò alla porta e bussò. Dopo pochi secondi di attesa si udirono dei passi avvicinarsi all'entrata. Si udì anche il rumore che si fa quando si urta con una mano il vetro della finestra accanto alla porta per scostare la tenda e vedere chi è che ha bussato. Poi la serratura scattò, i cardini frusciarono e la luce dell'ingresso si sparse sul pianerottolo disegnando le ombre di due vampiri.

Il vampiro al di là della soglia era Iona. Sulla sua fronte alta e stempiata c'erano poggiati di traverso un paio di occhiali da saldatore trattenuti coll'elastico. Sotto il suo sorrisino indossava una sorta di casacca verde scuro da vigile del fuoco lunga fin sotto le ginocchia; le sue mani erano dentro dei guanti dall'aspetto ignifugo e quella destra recava una comune confezione di plastica con dell'alcol etilico denaturato dentro. Insomma, gli mancava solo la fuliggine sulle guance.

Dopo aver aperto la porta il Daeva fece qualche passo all'indietro e senza proferir parola s'inchinò come se fosse stato un burattino di legno guidato da fili.

Il vampiro al di qua della soglia oltrepassò il confine incurante della sceneggiata. Lei, la Bestia, la Strega o per trattarla col dovuto rispetto, Attia dei Pagani, Alta Gerofante, Somma Sacerdotessa degli Dei Morti aveva mantenuto la promessa di rispettare il Dominio accettando l'incontro con l'Accademia dell'Ordine del Drago.

Il puro fatto che nessuno sappia chi sia più anziano tra la Primogenita dei Selvaggi e l'Augusto Barone provoca soggezione e riverenza, ma Attia è molto più di un Fratello imponente.

Doveva essere una donna attraente di aspetto nobile, dall'incedere regale che esaltava il suo fisico tonico e robusto, ossa grandi, il volto quadrato con il naso un po' schiacciato, affascinante perché non comune. Ma per vedere tutto questo era necessario il fuoco o qualcosa d'altrettanto energico per spazzar via dal sacro corpo immortale della Gerofante ciò che secoli e secoli d'un Requiem di Gangrel avevano accumulato. Tra i Fratelli più frivoli di Perugia l'acconciatura a 'Nido di Rondine' di Attia era rinomata, ma essa non doveva il suo nome alla forma, bensì a tutto quello che era intralicciato ai capelli forse di color fulvo.

Mentre la Primogenita Gangrel avanzava Iona poté ritrovare la conferma di come ai suoi tempi Attia dovette essere una divinità-regnante bella e tremenda. In effetti ella sembrava solo di pochissimo inferiore al metro e settanta e Iona non volle incrociarne gli occhi, sapeva quanto potere c'era sotto le croste nere e marroni; non volle soffermarsi sul seno alto e materno, nascosto da una specie di maglietta chiara sotto un golfino acrilico color rosa, bisunto, liso, perforato qua e là con la zip sul davanti; non volle neppure fermarsi sul grembo, un ventre piatto da ragazza protetto dalla gonna ampia e scura di zingara. Non gli restava che scendere ancora più in basso, alle caviglie nude spalmate di fango, ai piedi dentro un paio di zoccoli da infermiera. Da uno di questi zoccoli cadde un verme vivo che prese a contorcersi sulle brillanti mattonelle di marmo.

O.K.!: “Prego Vostra Signoria, presso il salone”, disse Iona.

Così dicendo Iona fece strada dall'ingresso a un'altra stanza illuminata di luce soffusa da applique in stile Ottocento. La Succube diede le spalle alla Selvaggia quasi con arroganza, in realtà non la voleva vedere coprire l'intera distanza con un solo slancio fluido e ineffabile, sarebbe stata una visione disturbante.

Il salone era ampio e in penombra per metà. Tre grandi porte-finestre si aprivano sul giardino dietro la villa. Nella stanza erano disseminati piccoli tavolini rotondi coperti di velluto verde e di lampade da scrivania d'ottone lucidato; in un angolo presso un caminetto, due morbidi divani e una coppia di poltrone si disponevano ai lati di un tavolinetto di cristallo. Qui i Draghi si ritrovano a socializzare, oppure – quando l'ambiente è favorevole – affrontano alcune delle loro celebri sfide intellettuali, chini sopra a libri in più lingue diverse.

Il fuoco nel camino era acceso e ardeva con fin troppo vigore, la figura di Iona dardeggiò riflessi rossi e arancio. Il Daeva s'avvicinò al fuoco schivando leggiadro un divano e mentre si voltava verso Attia dicendole: “Si accomodi”, gettò in contemporanea il flacone di alcol nel cuore della fiamma.

La Nemesi ruggì, sprizzò scintille e divorò con la sua luce i morbidi giochi delle applique.

Ops!” Disse Iona recitando la parte di quello con la testa perennemente persa tra le nuvole. Attia era rimasta distante sulla porta ad arco del salone, e non si avvicinava.

Iona non osò penetrare il buio che circondava la Gerofante per scrutare l'espressione di lei, un po' perché sentiva forte il calore del fuoco che voleva mangiarsi la sua guancia e un po' perché non se la sentiva di scommettere sui sentimenti imprevedibili della Primogenita. Decise quindi di porre fine al giochetto. Si allungò in basso verso l'angolo dietro il camino a occhi chiusi, sforzandosi di resistere al calore e al bagliore. Quando tornò in posizione eretta reggeva in mano un grosso estintore a cui aprì la valvola per indirizzare il getto contro le fiamme.

Chiedo perdono”, disse Iona mentre il ghiaccio secco e polverulento danzava ancora nell'aria, “Avrei dovuto spegnere prima le braci, me ne dolgo profondamente”.

Silenzio. Solo rumore degli zoccoli di legno che iniziavano a inoltrarsi nel salone. Attia si fermò e ruotò lentamente la testa in ogni direzione, uno sterpo cadde dalla sua fronte e s'incastrò tra lo zigomo e il naso ma non sembrò disturbare affatto la sua visuale né facilitò a Iona la sdrammatizzazione quando i due occhi della Fiera lo fissarono contornati di croste nerastre. Attia raccolse gli avambracci in croce sotto il seno con aria inquisitoria.

Iona si scrollò dalle spalle la sua protezione ignifuga, giacché guanti e occhiali erano spariti.

I Signori Arimanni e Sansepolcri sono di sopra”, le disse mentre misurava l'altezza dei polsini che uscivano dalle maniche del suo completo grigio, tagliato su misura da uno splendido tessuto lavorato a scacchiera in rilievo, “Stanno terminando la loro cena: sushi”, continuò mellifluo. Attia piegò la testa di lato, un movimento identico a quello di alcuni uccelli, “Oh, io preferisco la faraona farcita, ma perché sono a tutt'altro livello in fatto di gusti”, aggiunse frettoloso Iona.

Nessuna reazione apparente da parte del soggetto.

Iona iniziò a sentirsi disperato, non tanto e non solo perché sapeva della pericolosa imprevedibilità dei Gangrel, ma perché l'anziana lo stava spiazzando. Tutti i Fratelli reagivano ai suoi scherzetti dandogli modo d'innescare una lunga catena di tecniche psicologiche. Questo cadavere emerso da una cloaca no!

Non stava al gioco. Come lo avrebbe spiegato al Barone che aveva tanto fortemente confidato sulle sue brillanti doti di rompipalle? Serviva un diversivo. Quei due buffoni di Arimanni e Sansepolcri sarebbero dovuti scendere già da alcuni minuti, così s'erano accordati.

I passi per le scale si fecero sentire miracolosamente; stavano arrivando, erano due stupidi ma non due stronzi.


venerdì 9 maggio 2008

Anche gli Approfondimenti della decima puntata sono arrivati

Li trovate qui.

Per invogliarvi ve ne do un assaggio.

A presto...

Nelle ultime due puntate delle Cronache d'Umbra si è più volte parlato della “Vista”, cioè della Disciplina dell'Auspex. Quindi reputo una buona idea compiere un breve excursus su aspetti tanto immediati quanto importanti come i modi in cui i vampiri percepiscono il mondo che li circonda. Tuttavia sono necessarie due premesse: i prodotti editi dalla White-Wolf nelle collane “Mondo di Tenebra” e “Vampiri: il Requiem” (da cui si trae ispirazione) hanno già trattato in parte questo genere di argomenti, perciò le informazioni non saranno ripetute per non essere scorretti e ridondanti. In secondo luogo è importante sottolineare che un vampiro resta sempre e da sempre un non morto con un'intelligenza umana. Molti vampiri hanno compiuto degli studi su loro stessi, utilizzando tutti gli approcci e le metodologie che il mondo scientifico ha potuto conoscere, ma non è possibile dire che secoli di studio siano giunti a delle conclusioni definitive. I vampiri sono qualcosa che trascende i limiti della natura e le sue leggi, una teoria completamente scientifica della loro natura porta sempre a delle conclusioni elusive che lasciano fuori alcuni aspetti importanti, mentre le teorie “mistiche” soffrono del difetto opposto: queste possono dare delle spiegazioni complete sui grandi enigmi dei Fratelli delle Tenebre, ma sia i presupposti che le conclusioni a cui si giunge attraverso il misticismo non sempre possono essere dimostrate scientificamente.
Auspex:
In italiano questa Disciplina può essere tradotta come “Auspicio”, termine derivante dal Latino classico che si riferiva alla divinazione effettuata tramite l'osservazione del volo degli uccelli. Nel Mondo Antico le attività profetiche erano importanti praticamente quanto lo è ai giorni nostri l'economia, e così esistevano molti vocaboli con significati estremamente precisi per definire e riferirsi alle profezie. Con il tempo, venendo meno l'importanza delle pratiche divinatorie, le parole hanno perso la loro caratteristica di avere un significato ben definito e i termini sono divenuti dei sinonimi quasi equivalenti.
I Fratelli chiamano questa disciplina sia con il termine popolare “Vista” (con l'appropriata enfasi), che con quello più ricercato di Auspex poiché i vampiri contano di un dettaglio linguistico per il quale “distorcono” molte parole della lingua umana fino ad ottenere un correlativo dalla dizione e dalla scrittura, a loro avviso, più esotico ed elegante. Si tratta di un sottile accento sulla loro contemporanea diversità e continuità con il genere umano.
L'Auspex è la Disciplina propria del clan Mekhet, non esistono altri clan che consentono di “ereditare innatamente” questo Potere del Sangue al momento dell'Abbraccio, solo alcune rare linee di sangue, diramatesi da clan diversi dalle Ombre la padroneggiano ma anche in questi pochi casi, ciò è avvenuto solo perché il fondatore di questa linea ha operato sul proprio Sangue per trasmettere alle sue progenie una Disciplina imparata da altri.
Nonostante la gradissima gelosia intorno alle cosiddette Discipline esclusive, c'è da registrare il fatto (tenuto nascosto) che proprio l'Auspex – patrimonio del clan più attento e geloso dei propri segreti tra tutti – è la Disciplina esclusiva più diffusa tra i membri degli altri quattro clan per via della sua indubbia utilità.
Basta dire che l'Auspex permette di vedere perfettamente al buio, di ascoltare i discorsi a distanza di metri e di porte chiuse, per capire quanto sia indispensabile per un predatore. Ma Auspex è molto altro ancora: man mano che un Fratello apprende a usare questo Potere del Sangue si accorge che non solo è capace di aumentare oltre ogni limite umano la proprie capacità di percezione, ma di svilupparne alcune completamente aliene alle capacità umane. Il resto è dettagliatamente descritto nei libri della White-Wolf.
I sensi dei vampiri:
Non esistono due vampiri identici, ed è persino estremamente difficile che esistano due vampiri molto simili tra loro, poiché sono esseri sovrannaturali e dopo l'Abbraccio ciascuno di loro si trova di fronte una via per diventare qualcosa di assolutamente unico sia negli aspetti più rilevanti ed evidenti, sia in quelli più banali e minuti del loro Requiem.
Si possono però descrivere dei tratti in comune tra tutti. Per esempio, un vampiro è un essere che si muove come se niente fosse, ma non ha battito cardiaco né produce spontaneamente calore corporeo. Volente o meno, qualsiasi vampiro è perfettamente in grado di restare assolutamente immobile per ore, perché i loro muscoli, le articolazioni e quant'altro, non soffrono dello stress e dell'affaticamento degli esseri viventi. Alcuni Fratelli possono atteggiarsi e muoversi esattamente come un essere umano: respirare involontariamente, avere dei piccoli tic, spostare il peso del corpo da un piede all'altro, ma questo dipende dalla loro Umanità, cioè da quanto sono “connessi” al loro retaggio di essere umano. Chi perde questa connessione molto spesso perde anche la capacità di atteggiarsi come un vivente, a partire da questo sono nate le leggende sulle stupefacenti movenze ultraterrene dei vampiri.
Sempre seguendo l'impostazione dei “tratti in comune”, vediamo quali tra questi corrispondono ai cinque sensi che i vampiri hanno in corrispondenza ai loro corpi di esseri umani.
Vista: I vampiri vedono il mondo esattamente come un normale essere umano. Se un umano miope viene Abbracciato, di solito resta miope per l'eternità. A volte però può riguadagnare le diottrie perdute. Potendo muoversi unicamente di notte, di solito i vampiri vedono mediamente meglio nel buio, riuscendo a distinguere meglio i particolari e, grazie all'abitudine sono meno infastiditi dai riflessi delle luci.
Tuttavia, in mancanza della Vista, se le fonti di luce sono molto basse o del tutto assenti, come chiunque altri i vampiri non riescono a vedere. L'uso della Vista in questi casi ha un curioso effetto: la visione notturna infatti è a colori, ma questi sono di tonalità pastello e del tutto irreali.
Il particolare proviene dal fatto che la “parte soprannaturale” dei sensi di un vampiro è stata sviluppata in una dimensione di esistenza nella quale non esiste la luce solare. La Vista rielabora i colori in base a ricordi o a concetti molto semplici di colore. Infatti uno dei più grandi limiti dei vampiri è che non possono più vedere la realtà sotto la luce del sole, quindi il colore del cielo azzurro è solo un ricordo, passibile di modificarsi con il tempo.
Solitamente i vampiri non soffrono di fotofobia. Le luci alte e intense non urtano i loro occhi, neppure gli ultravioletti, solo la presenza del fuoco come minaccia imminente – o una patologia psicologica – li disturba.
Udito: Senza l'uso di Auspex l'udito dei vampiri è esattamente lo stesso di quello dei comuni esseri umani, tuttavia i vampiri riescono a cogliere con più immediatezza alcuni dettagli che solitamente sfuggono ai viventi. Date le loro abitudini predatorie, riescono a cogliere molto prima i rumori di avvicinamento o di allontanamento di qualcuno a piedi, i versi e i rumori degli animali divengono per loro segnali molto evidenti, soprattutto i vampiri si concentrano quasi d'istinto sul rumore del battito cardiaco e della circolazione del sangue di qualunque essere vivente nelle loro vicinanze.
Gusto: Il gusto è senz'altro il senso maggiormente limitato dei vampiri. Loro possono nutrirsi solo ed esclusivamente di sangue e nella loro bocca questo liquido assume un gusto incredibilmente favoloso e desiderabile, inoltre ogni preda ha un gusto diverso per loro, la stessa preda può cambiare di sapore se viene “Baciata” in situazioni differenti. Niente è pari al sangue perché niente altro ha sapore per un vampiro, qualsiasi altra cosa liquida o solida entri in bocca a loro ha la consistenza della sabbia e il sapore della cenere. Anche se un vampiro è in grado di ricorrere ai Poteri del Sangue per imitare la vita, e quindi cenare come fosse un normale umano, il sapore dei cibi non cambia e il pasto risulta una tortura.
L'unica eccezione a questa regola riguarda la carne degli esseri viventi, contendendo sangue ed essendo delle prede a tutti gli effetti, un vampiro può percepire il sapore del sangue della vittima attraverso la sua pelle, ma l'atto del cannibalismo riporta tutto come prima ed è praticamente sconosciuto.
Olfatto: L'olfatto dei vampiri è praticamente simile a quello degli esseri umani e molti ne fanno largo uso perché, paradossalmente, i vampiri non possono assaporare nulla dei cibi e delle bevande umane, ma possono annusare quanto vogliono. Molti vampiri diventano dei consumati tabagisti o degli estimatori di vini e amano i fiori e le colonie. Per questa ragione il loro olfatto tende ad affinarsi col tempo, ma ovviamente l'odore di sangue è quello che riescono a discernere meglio per qualità. Auspex può trasformare un vampiro in un segugio ineludibile.
Tatto e sensazioni termiche: La pelle dei vampiri è un tessuto completamente morto e non secerne sebo. Questo è un vantaggio perché i vampiri non lasciano mai impronte digitali quando toccano gli oggetti, inoltre, senza quel sottilissimo velo che ricopre la pelle delle mani, la loro sensibilità è aumentata. Tendenzialmente i vampiri preferiscono gli oggetti e le superfici lisce, le più lisce possibili, proprio perché il ruvido li infastidisce abbastanza.
Per quanto riguarda la percezione del caldo e del freddo i vampiri sono abbastanza curiosi. Fondamentalmente sono eterotermi, cioè i loro corpi assumono la temperatura dell'ambiente in cui si trovano, quindi sono freddi e gelidi in un posto al di sotto dei 36° gradi e “scottano” sopra i 42°, visto che non possono sudare.
I vampiri, inoltre, non hanno una percezione istintiva del caldo e del freddo, loro possono fermarsi a un centimetro da un blocco di ferro arroventato ma non percepire l'emanazione di calore che proviene da questo; fin quando non l'oggetto caldo o freddo non viene toccato direttamente con l'epidermide il vampiro non saprà della sua temperatura. Un'eccezione a questa regola riguarda il calore che proviene dagli esseri viventi: i vivi sono caldi per via della circolazione sanguigna e dei processi mitrocondriali che sviluppano energia e calore, un vampiro sa che gli esseri viventi sono caldi per via del sangue che contengono, il sangue è vita e loro riescono a percepire quasi normalmente questo tipo di calore.
Pressione, tensione, colpi: I corpi dei vampiri sono mediamente molto più resistenti di un corpo vivente. Il senso di oppressione o di tensione sotto sforzo viene percepito esclusivamente come un peso o una botta senza particolari connotazioni fin quando questo non gli provoca delle ferite.
Dolore e piacere: Questo è senza dubbio uno degli argomenti più enigmatici perché non è possibile chiarire se le sensazioni di dolore e di piacere provengano dall'Uomo o dalla Bestia dei vampiri. Comunque sia i vampiri, nonostante la loro resistenza superiore agli esseri viventi, provano dolore come tutti; a volte può sembrare che un vampiro non provi il dolore fisico ma si tratta solo di una specie di farsa, perché in realtà il vampiro non ha paura del dolore dato che non può subire nessuna ferita permanente. Ma questo non significa che un vampiro non provi nulla né che non abbia paura di della Morte Ultima.
Per quanto riguarda il piacere carnale, tutti i vampiri condividono il concetto che non c'è maggiore piacere del bere sangue, solo questo riempie i loro corpi di una sensazione d'inebriante piacere inspiegabile per chi è vivo. È una cosa talmente potente per la quale una larga fetta di vampiri abbandona ogni altra forma di gratificazione carnale dedicandosi esclusivamente alla Caccia, tuttavia almeno la metà dei vampiri mantiene una normale capacità di trarre piacere dalla “carne” in modi “tradizionali”.

giovedì 1 maggio 2008

Ebook della decima puntata pubblicato

Buon primo maggio a tutte/i e (non)tutte/i

Oggi pubblico gli ebook - pdf e lit - della decima puntata, andate in archivio se volete scaricare.