Prologo 01
La storia di Leonardo Moreno è un po' noiosa.
Intorno ai secondi anni Novanta era ancora vivo, aveva ventidue anni e lavorava da poco in una filiale dell'Assita (Assicurazioni Italiane). Sulle prime sarebbe dovuto essere un impiego interessante, ricco di soddisfazioni personali e dagli ottimi guadagni, invece si rivelò una vera e propria schifezza.
Gli avevano detto che avrebbe percepito un fisso di settecentomila lire al mese (benché lorde) più le provvigioni che si accaparrava stipulando contratti. Non gli avevano detto tanto bene, però, che quelle settecentomila lire mensili sarebbero finite dopo il terzo mese di lavoro. Soprattutto non gli avevano detto affatto che il suo non era un lavoro da impiegato d'ufficio, incentrato sullo smaltimento di pratiche burocratiche e sulle relazioni con i clienti. E no, il suo lavoro consisteva nel battere tutto il comprensorio territoriale della sua agenzia alla ricerca di nuovi clienti, gente a cui far firmare polizze o contratti d'investimento. Altro che lavoro d'ufficio! Dopo il primo mese iniziò a invidiare le segretarie che guadagnavano il doppio e regolarmente, che, al limite, si stressavano nel ricevere telefonate e non nel farle di continuo ripetendo sempre la solita frase; infine loro avevano una scrivania personale e non erano costrette a girovagare come un piazzista di pentole qua e là senza combinare un cazzo.
Il fatto era che Moreno non era tagliato per questo lavoro, a partire dalle basi materiali. La verità era che aveva accettato l'offerta perché era stato l'unico lavoro ad aver accettato lui. Agli inizi se lo fece piacere, aveva sempre visto gli assicuratori come giovani ben vestiti che guadagnavano parecchio, ma poi capì come stavano le cose: il suo era un lavoro per giovani “inseriti”. Per guadagnare serviva un grosso numero di amici e parenti da convincere a farti il favore di sottoscrivere una polizza, oppure avere un giro di conoscenze tali da poter diventare un referente affidabile in fatto di consulenze finanziarie.
Moreno non aveva niente di tutto questo. Non aveva neppure una cultura in politica economica e finanziaria decente, gli mancava persino la macchina, aveva mentito quando al primo colloquio gli avevano chiesto se fosse automunito.
Purtroppo però aveva un disperato bisogno di lavorare. La mamma non c'era più, il cancro l'aveva portata via un anno fa. Il papà non lavorava da due anni, allorquando in fabbrica si tranciò quattro dita sulla mano destra; aveva la sua pensione d'inabilità, ma aveva iniziato a bersela presto e nell'ultimo anno, logicamente, la cosa era peggiorata.
Moreno e il padre vivevano come delle bestie in un paesino vicino Siena cercando di far di tutto per non incrociarsi mai. Dopo la morte della madre per qualche mese una sorella di lei venne tutti i giorni a tenere in ordine, ma una volta Leonardo non trovò la sua camicia stirata ed esplose di rabbia travolgendo d'insulti la zia. La zia, giustamente offesa, se ne andò e non tornò mai più e la casa diventò una discarica così come la vita dei due uomini che in certe giornate non riuscivano neppure a capire quando fosse l'ora di cena.
A quei tempi Leonando si era ritrovato con la disperata necessità di cavarsela da solo con, come unico patrimonio, una collezione di fumetti Marvel e D.C.; in effetti non stava riuscendo tanto bene. Di amici ne aveva, qualcuno, ma erano dei ragazzi come lui; con l'unica differenza che avevano forse famiglie disastrate loro stessi, ma almeno li mantenevano, o gli davano una mano.
Leonardo era a metà del terzo mese di lavoro all'agenzia, le settecentomila del mese precedente erano finite da un pezzo per un vestito, un paio di scarpe, un paio di cene, due serate in discoteca... Quando arrivò a desiderare una zoccola da strada già non c'erano più e la sua fidanzatina appena diciottenne non aveva retto al lutto e al conseguente sfascio della famiglia di Leonardo. Moreno meditava d'intascarsi l'ultimo fisso mensile e di andarsene – poi Dio provvederà – per il resto fingeva di fare telefonate svogliate a questo e a quello senza prendersela più di tanto.
Però in una di quelle giornate un tizio gli rispose che giusto giusto stava pensando di aprire un fondo integrativo. Moreno quasi ebbe un orgasmo lì al telefono, dopo tanta merda finalmente uno spiraglio di luce. Cercò subito di fissare un appuntamento.
«Vediamo un po'», disse il suo primo cliente, «Sarei libero sabato... No! Sabato pomeriggio ho promesso a mia figlia di portarla a vedere la Sirenetta al cinema, sa com'è? Ci porto tutta la famiglia. Però per le otto di sera saremo di sicuro a casa, se per lei va bene può venire a quell'ora, tanto noi non ceniamo mai prima delle nove».
A Moreno una cena vera non sarebbe dispiaciuta, ormai non faceva che aprire e rovesciare scatolette di tonno sopra a degli spaghetti scotti... Accettò.
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