sabato 20 settembre 2008

Al cospetto degli Dei Morti (4)



Prologo 04

Una sera mentre si stava esercitando con il suo udito soprannaturale, Leonardo riuscì a captare un'inquietante conversazione fra Nicolas ed Ernest.

Nicolas diceva di aver parlato con il fantomatico Chef che: «Si è lamentato del nostro ragazzo, è diventato troppo autonomo da quando se ne va in giro da solo».

Ernest rispose: «Il territorio è troppo piccolo, non ci stiamo tutti. Dobbiamo prendere una decisione».

«Sì», rispose Nicolas.

Pochi minuti dopo Leonardo si trovò tremante e angosciato di fronte ai suoi sire, gli avevano spiegato fin troppo bene quali erano le regole a cui obbedire e aveva capito fin troppo accuratamente il significato della parola “mostro” per prendere le parole dei due alla leggera.

Con stupore Leonardo ricevette invece un discorso paternalista: era diventato un “ometto” vampiro grande ed era giunto il tempo che si facesse da solo la sua strada... Lontano da qui.

«E dove?» Chiese Leonardo ben più impaurito di questo che della minaccia d'essere arso, il suo mondo non era stato troppo grande da vivo e da vampiro i confini si erano ristretti ancora di più perché con la non morte erano sopraggiunti molti nuovi limiti.

«A Perugia!» Gli risposero e gli descrissero una città incredibile e magnifica dove c'erano venti, trenta, non si sapeva bene quanti, ma tanti Fratelli, e c'era davvero posto per tutti perché lì il Principe, cioè il Barone, era una gran brava persona.

«Tu quando arrivi», gli disse Nicolas, «Devi soltanto cercare di sistemarti e di non dare fastidio a nessuno; non appena incontri il primo Fratello non scappare, evita di fare qualsiasi cosa stupida, di' semplicemente che vuoi Presentarti al Principe e chiedi di un anziano Mechèt di nome Angelico. Quando sarai da lui racconta tutta la verità e tutto andrà bene».

Leonardo era un pivellino ma non così cretino, perciò chiese più volte di avere un recapito di qualcuno che l'aiutasse a sistemarsi laggiù, ma Nicolas ed Ernest negarono fermamente di conoscere personalmente qualcuno a Perugia, gli avevano già detto tutto quello che sapevano sulla città e per fare il pieno alla vecchia macchina di suo padre doveva arrangiarsi.

Leonardo partì da Siena e arrivò a Perugia nel giro di due ore, tuttavia il problema non era il volo ma l'atterraggio. Si era procurato una scorta di sacchi di plastica nera nell'idea di proteggersi con questi nel caso non avesse trovato un riparo. Si vedeva messo male, Perugia era incomparabile rispetto a Siena per popolazione, e credeva che se così tanta gente era in giro di notte, di giorno sarebbe stata cinque o sei volte tanto. Reperire un luogo appartato e sicuro gli sembrava impossibile.

Inaspettatamente trovò subito un locale abbandonato, o almeno così sembrava, sulla collina di Prepo a poca distanza dall'uscita dell'autostrada. Il locale aveva una stanza che poteva essere perfettamente sigillata nei confronti della luce con il telo dei sacchi. Decise di lasciare l'auto sul ciglio della strada a circa un chilometro dal nuovo rifugio; al fine di garantirsi la riservatezza s'impegnò quasi allo stremo per occultare misticamente l'intera vettura alla vista di tutti nella speranza che il suo Tocco d'Ombra di Mekhet durasse per qualche ora.

La notte dopo si risvegliò intatto e uscì per iniziare un nuovo Requiem. Voleva andare a Caccia con l'insita speranza di incontrare qualcuno e di cavarsela civilmente (gli avevano detto che era possibile). Quando arrivò dove aveva lasciato l'auto, questa era sparita del tutto e non per causa sua.

Non iniziamo bene. Pensò immaginando un carro attrezzi dei vigili urbani. Avvertì una presenza e vide una donna sui quaranta, non molto alta e tozza che lo fissava con aria gelida. Era Barbara Sperelli, una della Famiglia Mekhet del Primo Stato.

Leonardo riuscì a dirle tutto quello che gli avevano impartito e fu felice d'essere ascoltato ed esaudito anche se con estrema diffidenza e modi incredibilmente algidi. Poco dopo si ritrovò a ripetere per la seconda volta la sua storia al cospetto del Primogenito Angelico.

Leonardo non aveva mai visto un vero anziano. L'incontro con Angelico fu per lui memorabile. Egli sedeva su una sedia romana indossando vesti nere, le gambe lunghe e snelle divaricate, una piegata e l'altra lasciata distesa gli davano un'espressione regale; i capelli corvini sciolti e movimentati fino alle spalle, il viso allungato e aquilino da uomo del Mediterraneo con la pelle segnata di cicatrici infinite lo rendevano una specie statua su cui le intemperie avevano battuto per secoli.

Egli non disse una parola a Leonardo, non una frase né un pensiero direttamente nella mente di lui; il giovane non poté dire neppure d'essere osservato, pur se sapeva che tale percezione non era affatto veritiera.

Poi venne ripreso e portato via dal cospetto del Primogenito, gli dissero che era stato Riconosciuto e gli spiegarono per sommi capi le leggi di Perugia. Leonardo si limitò a memorizzare tutto quello che poté senza correre il rischio di fare domande od obiezioni.

Fu lasciato andare. Convinto d'essere lo stesso sotto osservazione, decise d'iniziare a conoscere la città e a vedere se fin da subito riusciva a stabilire un Territorio di Caccia tutto suo, dato che aveva capito che era possibile farlo.

Arrivò in via Canali, nella zona della Stazione di Fontivegge e s'infilò in un after dinner che gli sembrava un buon posto; era Territorio Carthiano, ma lo ignorava.

Cercò di essere il più anonimo possibile (ancora non riusciva a scomparire del tutto alla vista delle persone) e si mise a studiare il locale alla ricerca di una preda facile. Poco dopo mezzanotte entrarono due uomini e una ragazza facendo gran baccano. Erano Fratelli, s'accorse subito, e assistette a una strana scena da film.

I tre sembravano ubriachi e con cattive intenzioni, in particolare la ragazza, vestita come una “bad girl” americana lanciò subito delle urla imprecisate a un barista mentre Moreno vide gli altri due amici dall'aspetto arruffato molestare con pesanti offese un gruppetto di ragazzini a un tavolo.



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