Nei minuti successivi Ionandreij ripassò mentalmente quale fosse la differenza tra fare un sopralluogo non autorizzato alla Colonna e fare una visita segreta a Patricia: che, nel primo caso, ben tre vampiri potevano finire nei guai, mentre nel secondo avrebbe rischiato solo lui. Chissà se quei due testoni ci arrivavano da soli?
A Perugia chiunque non fosse Consacrato non poteva avvicinarsi alla Colonna, chi lo faceva violava una legge più vecchia della Praxis dell'Augusto Barone, e inoltre rischiava direttamente la propria incolumità. Per altre ragioni c'era una precisa disposizione dell'Augusto stesso che vietava a chiunque non fosse Fratello della stessa conventicola di Patricia di incontrarsi con lei, in più si diceva che questa fosse una cosa mortalmente pericolosa per natura.
Patricia era creatura del Barone e la sua più grande onta. Una splendida ragazza francese che l'Augusto fece venire dall'Oltralpe appositamente per donarle l'Abbraccio, alla notte d'oggi si può dire che l'acquistò su e-bay, pensò Iona. E la cosa peggiore fu che l'infante dell'Augusto rivelò un difetto di fabbrica solo dopo l'Abbraccio: una volizione capace di spezzare anche il Vincolo di Sangue. Iona ricordava bene negli ultimi anni Trenta quanto fosse forte e inquietante quella 'tiepidina', con quanta classe e fermezza sopportava senza piegarsi la condanna alla non vita non voluta in primo luogo, e privata di ogni possibilità di scelta in secondo. Poi venne la seconda guerra mondiale e il Dominio del Barone vacillò come mai prima; il mondo notturno di Perugia quasi andò in frantumi e solo per fortuna l'Augusto riuscì a riprendere in mano le redini della Danza Macabra prima che ogni cosa si distruggesse. Quando la cenere si depositò e le macchie di sangue si stinsero, fu il tempo di fare la conta dei danni, e Patricia fu uno di questi. Era fuggita, scappata dalla gabbia dorata dell'Invictus e in nome della sua libertà si era affidata alla protezione di Attia dei Pagani.
Nessuno è mai riuscito a capire veramente la ragione per cui l'Augusto non distrusse la creatura che lo tradì colpendolo nel suo unico punto 'vivo', anche se molti ritengono che il segreto sia riposto negli incomprensibili ed enigmatici rapporti tra i due vampiri più antichi di Perugia: il Barone e la Gerofante.
Patricia è la ribelle e la più grande ferita ancora aperta nell'onore del Signore del Dominio; Egli la rinnegò, la scacciò dalla Corte, vietò che qualunque altro Fratello potesse incontrarla sotto la pena di incontrare la sua ira. In cambio Pratricia creò altre due vampire, aumentò la presenza del Sangue Ventures tra i Pagani, scelse di servire la Megera come Santa Meretrice e, stando ai pettegolezzi, fu responsabile della scomparsa di alcuni Fratelli in passato, dei folli o degli idioti che per un qualsiasi motivo vollero incontrarla nonostante la legge di suo padre.
Iona aveva ripreso la macchina e l'aveva guidata giù per via Pascoli, oltre Porta Conca, di nuovo alla Stazione delle F.S., di nuovo in quel quartiere che la Sua gente chiamava il Mignottificio. Parcheggiò a poca distanza dal palazzo che aveva mandato a fuoco qualche notte prima e si diresse verso quello opposto. Entrato sotto il portico si fermò un attimo di fronte alla grande plafoniera dei citofoni. Pochi nomi di persona e moltissimi numeri d'interno; dovette ricorrere alla sua agendina per ricordare quale fosse l'appartamento dove Patricia riceveva le sue prede, rubandogli il sangue in sacrificio alle sue divinità mentre i clienti credevano di farsi una delle più grandi scopate della loro esistenza.
Quando Iona suonò, all'interfono crepitò una voce femminile che gli chiese chi fosse.
“Mi chiamo Johnny, Johnny S. e sto cercando Patricia”.
“Quarto piano, 56/A”, il portone si aprì.
Iona entrò e prese l'ascensore. Cercò di aggiustarsi l'abito, il nodo della cravatta e anche le radi ciocche dei capelli sulla fronte, ma naturalmente lo specchio non era di grande aiuto, le sue forme – come quelle di ogni altro vampiro – vengono riflesse distorte e sfuocate.
Bussò alla porta con una certa apprensione e il brivido dell'ignoto che gli percorreva il corpo, anche la sua Bestia iniziava a fargli l'occhiolino. Gli aprì la porta un'umana, una ragazzina piccola e minuta al limite dell'anoressia con addosso solo una canottiera e un perizoma; aveva i capelli unti raccolti da un elastico, Iona non seppe dire se l'ombra intorno agli occhi fosse un trucco molto pesante o delle occhiaie propriamente dette.
“Entra”, gli disse lei asciutta e indifferente mentre si voltava mostrando un sedere ossuto e le giunture delle ginocchia sproporzionatamente sporgenti.
Oh Dio! E il bestiame paga per scopare con una come questa? Pensò.
L'appartamento era pulito e bene arredato, divani di vera pelle. Tutto spento a parte una TV in un'altra stanza.
“Patricia ora è impegnata, se vuoi ci sono io. Cento euro bocca e fica con preservativo. Per il culo duecento”.
Iona raggiunse indifferente il divano e si sedette. “Voglio Patricia, aspetterò, non ho fretta”.
“Ah bene”, disse la ragazza senza badare, lasciandolo solo nel salotto.
Iona si rilassò sul divano mentre la piccola prostituta tornava nel suo letto a guardare la TV, estrasse un pacchetto di sigarette e ne accese una fingendo tranquillità. Dopo un po' Iona sentì aprirsi la porta che si trovava alle sue spalle. Non si voltò, udì dei passi avanzare, fermarsi per un secondo e riprendere il loro cammino spedito verso l'uscita; il proprietario di quelle scarpe era solo un'ombra che puntava diretto verso la porta. Non udì i passi successivi però, perché tutti i suoi sensi furono sovrastati dal Marchio di Patricia che avanzava alle sue spalle. Era decisamente troppo potente per l'età del vampiro. In quell'attimo Iona comprese che le dicerie sui Fratelli scomparsi erano vere: si trovava di fronte una cannibale.
“Giovanni Maria Schidòn detto Iona!” Esclamò Patricia con la sua erre arrotolata, “Sarà quasi mezzo secolo!”
Iona si costrinse a essere forte e sfoderò il suo Sorriso di Succube contro quell'icona erotica del periodo nazi-fascista: alta, snella, affusolata, bionda e ariana con un neo sulla guancia, una sopraveste blu trasparente e sbottonata lasciata cadere sulle spalle, lingerie di pizzo nero, calze e reggicalze. Era tutto quello che il denaro degli idioti poteva comprare di queste notti.
“Avrei dovuto farlo molto tempo prima”, disse Iona e Patricia gli sorrise invitandolo con le sue volute bionde ad accomodarsi nella sua alcova.
Iona attese che lei si voltasse di spalle prima di alzarsi; sapeva che in quel momento era iniziato un gioco mortale. Non guardarla negli occhi. Non guardarla negli occhi. Si ripeté mentalmente.
Iona entrò nella camera da letto di Patricia a testa bassa e appena poté si voltò a chiudere la porta mentre piegava il braccio sinistro per ogni evenienza, anche difendersi fisicamente.
“Patricia, stanno succedendo delle cose”, disse in quella posizione.
Patricia si era già stesa sul letto: “Lo so, io vedo molte cose, persino in questo deserto di solitudine nel quale quello che mi creò ha deciso di confinarmi”.
“Sono venuto qui per questo”, rispose Iona mentre si girava lentamente quasi con la paura di sbirciare quello splendore di femmina scelta tra milioni per essere Abbracciata.
“Oh”, disse Patricia e, distesa sul fianco, mosse le anche come una serpe, “Ooh, Iona, pensavo che avessi dei concetti più raffinati riguardo i preliminari”.
Iona increspò le labbra con forza.
“Sei malvagio e meschino. Sono anni che non ospito un Fratello e non ho mai avuto l'onore di accogliere una Succube nel mio gineceo! Tu, oh Divus, lo sai: diffondi nell'aria la tua magia, il tuo Dono rende vivi i morti e non hai neppure la compassione di avvicinarti a questa povera anima Dannata, sola e oppressa da una colpa che non si merita”.
Non solo era un campo minato, ma quell'antiquata e stentorea lusinga presagiva che sarebbe stato impossibile tirar fuori qualsiasi cosa se non stava al gioco e se non dava fondo alle sue risorse di Daeva; del resto Patricia lo stava persino chiedendo.
Accanto al letto c'era una sedia, Iona vi si diresse per sedersi e fingere di essere stato ipnotizzato dall'ombelico della Nobildonna.
Patricia fluì verso di lui sul bordo del letto, mise una mano sul ginocchio di Iona.
“Tu temi me e temi tutti noi Accoliti, e questo mi piace, mi dà forza”. Patricia si allungò ancora e pose la sua testa esattamente sulla cintura della Succube alzando gli occhi... Iona roteò la testa all'indietro, stava subendo una tortura ed era vero.
“Non temermi, non voglio tutta la tua anima”, disse Patricia demoniaca e risvegliando la Bestia di Skidone, “Me ne basta solo un pezzettino... Stasera posso soddisfare le mie voglie, e posso finalmente mostrarti i tuoi errori Iona”.
“Non sono perfetto...” Rispose Iona imbarazzato, mentre sentiva le dita di Patricia armeggiare sulla sua patta.
“No, non lo sei affatto”, rispose la Ventrue abbassando lo sguardo verso i pantaloni di Skidone, “Ci hai sempre denigrati, disprezzati e combattuti perché anche tu credi nel dio dei Consacrati... Ma ora, ora che hai bisogno corri qua da noi, da me. Sai? Era proprio quello che mi aspettavo, era quello che volevo, e ora se vuoi sapere quelle cose devi pagarne il prezzo: devi impazzire per me!”.
Patricia affondò la bocca nel grembo di Iona e lui sgranò gli occhi.
I vampiri non possiedono la capacità di eccitarsi sessualmente, almeno non 'automaticamente' perché non sintetizzano ormoni. Tuttavia la situazione era di una delicatezza estrema. Patricia aveva in bocca una parte di Iona: l'evirazione era l'ultima cosa che lo preoccupava, perché fortunatamente qualsiasi parte del corpo poteva essere ricreata identica a prima, era però terrorizzato dal fatto che Patricia avrebbe potuto sfoderare la potenza fisica di un anziano, schiacciarlo contro la parete e banchettare con il suo sangue e la sua anima. Quindi Iona decise di non contraddirla e chiamò la Vitae per dimostrare che stava 'gradendo' le attenzioni.
Facendo tornare in vita una parte di sé Iona ebbe modo di essere pienamente consapevole di cosa è davvero un vampiro: un cadavere gelido. Patricia era assolutamente capace in quelle cose, ma la sensazione era ributtante: la lingua, le labbra, il palato... Le zanne taglienti, erano mezzi per uccidere e non per dare piacere.
A questo punto era il momento di abbassare la testa, ma Iona conosceva quel trucco, anche lui faceva sesso con le donne mortali; sapeva cosa sarebbe accaduto, sapeva che Patricia avrebbe usato il potere della Dominazione in quel frangente. Ma anche Iona aveva le sue armi... Patricia aveva chiesto di poter godere dei frutti stregati di un Daeva? Sarebbe stata accontentata! Avrebbe capito cosa significava stare alla Presenza di una Succube, venire ammantati dal loro splendore e perdere il libero arbitrio.
Patricia non si accorse di nulla, sentì solo le dita lisce e vellutate di Iona sulle spalle e alzò la testa, Iona le disse di stendersi sul letto e lei lo fece semplicemente perché ora lo voleva molto più di prima.
Anche Iona si alzò dalla sedia per tornare verso la porta, dove accanto a questa c'era una cassettiera. Si sfilò la giacca e la depose sopra questa per poi passare alla camicia. Pure Patricia si stava disfacendo di quel poco che aveva sopra le sue nudità con l'impazienza di una adolescente e Iona poté guardare quella pelle bianca e perfetta, quel pube dorato da ragazzina; capì ammaliato la ragione della sua bellezza.
“Sei villoso”, disse lei osservandolo mentre finiva di svestirsi, “Sei un uomo completo, mi piaci”, concluse.
Iona si protese verso di lei senza occhiali, le sue iridi da felino, verdi smeraldo, brillanti come scaglie di diamanti la turbarono.
“No”, disse Iona sapendo bene che effetto faceva il marchio più evidente della sua Dannazione agli altri, “Io sono un Drago, sono più di qualunque altri al mondo”.
Iona prese Patricia per una coscia e con un solo gesto la rivoltò su se stessa supina sul letto. Non aspettò altro che lei si rialzasse sulle ginocchia e sui gomiti e le salì sopra entrando nel suo corpo ghiacciato.
Patricia gemette e ringhiò, cercò di ribellarsi e si arrese; piacere e dolore si stavano mescolando, l'umiliazione di essere montata come un animale si confondeva con l'abbandono all'amante. Iona chiamò più Sangue per contrastare gli sforzi di Patricia e trasformò l'amplesso in uno stupro. Senza fermarsi si allungò sulla schiena di lei fino al collo dove passò la lingua e premette le sue zanne sulla pelle di lei. Patricia dimostrò di comprendere quello che stava per avvenire ma non si ribellò. Iona la morse e l'Estasi del Bacio esplose nella non morta portandole un piacere proibito, destinato a pochi della Loro gente.
Iona sentì la Vitae di Patricia entrargli in bocca e si ritrasse di scatto sputandola contro la parete. Poi si fermò del tutto.
Si riaccostò alla testa di lei osservando i due fori che le aveva fatto sul collo.
“Tesoro, io non ho finito, ne vuoi di più?” Le sussurrò in un orecchio.
“Ancora... Bastardo! Ancora! Fottimi, divorami!” Urlò la Ventrue in frenesia sessuale.
Iona le massaggiò il collo delicatamente, avrebbe potuto strappare quella testa con un solo gesto.
“Sei sempre stata una Sorella di molte pretese. C'è un prezzo da pagare, e non è semplicemente impazzire per me... Voglio sapere perché hai mandato Moreno a rubare un bambino. C'entra il Mostro vero?” Iona diede un colpo d'anca per spingerla a parlare.
“Il Mostro c'entra sempre... È l'Agnus Novus, colui che ha preso il posto dell'Ultimo Dio”, dopodiché, “Aaaah...”.
A Iona bastava, stava pagando la puttana per l'informazione e lo fece fin quando Patricia non crollò sul letto quasi in stato d'incoscienza. Iona si levò in piedi e uscì dal letto, avrebbe voluto concedersi una sigaretta ma non c'era tempo e poi nulla era di più orribile che farsi un cadavere. Si rivestì in tutta fretta tenendo d'occhio la Ventures. Non resistette però a terminare l'opera lasciando una banconota da cento euro sulla cassettiera. Bocca e fica no? Pensò sogghignando.
Uscì dalla camera da letto. L'umana anoressica era ancora a guardare la TV. Doveva sbrigarsi ad andarsene, tra poco l'Incantesimo della Maestà sarebbe svanito e si sarebbe scatenato l'inferno quando Patricia si sarebbe resa conto di quello che le aveva fatto. Povera umana, difficilmente avrebbe visto il sole del prossimo mattino.
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