Le usanze di Perugia
La Volkswagen Passat nera, modello station-wagon del '98 aveva attraversato quasi tutte le gallerie del raccordo autostradale Perugia-Bettolle, tranne le ultime: quelle denominate Prepo e Piscille.
Per i tre viaggiatori della vettura i nomi delle galleria significavano ben poco, a parte il fatto che dovevano riuscire a riconoscere l'uscita giusta dell'autostrada. Essere degli stranieri in viaggio per luoghi sconosciuti, raramente è una condizione piacevole e inebriante; per i Fratelli della Notte non lo è proprio mai. La loro società e le loro leggi sembrano stilate appositamente per disapprovare il facile ricorso agli spostamenti: ogni città del mondo, capace di nascondere e sostentare col sangue degli uomini almeno un vampiro, ha sempre il suo padrone. E chi tra i Fratelli spera di aver facile esistenza muovendosi lontano dal luogo dove la sua vita finì e il suo Requiem prese avvio, scopre che c'è sempre qualcuno arrivato prima di lui, qualcuno che raramente tollera intrusi e ladri dell'indispensabile bestiame.
Per queste e per altre ragioni, i Notturni cosmopoliti sono relativamente pochi e i più sono dissuasi persino dal fare una semplice visita di cortesia alla città limitrofa a causa della lunga trafila di rituali sostenuti da regole decisamente arbitrarie - come sono sempre le regole del gioco in un mondo di predatori.
I tre viaggiatori nella familiare nera venivano da lontano, addirittura da Padova. Si erano messi in moto su ordine del loro Vescovo nel tardo pomeriggio del due dicembre 2006. E dopo cinque ore e qualcosa di viaggio ininterrotto, quando la sagoma costellata e soffusa con un alone di luce della città si era presentata ai loro occhi dal viadotto tra Madonna Alta e San Faustino, iniziarono un nervoso tentativo di orientarsi, per non commettere l'imperdonabile errore di perdersi e di mancare il luogo designato alla loro accoglienza.
Il Fratello alla guida fu il primo a sincerarsi d'essere ben indirizzato, rivolgendosi alla Sorella alla sua destra, colei che teneva in pugno un mazzo di cartine stradali e dei fogli con delle indicazioni su scritte: “Aveva detto che l'uscita da imboccare è quella indicata con il nome 'Prepo', subito dopo essere usciti da una galleria Madre?”
Il vampiro femmina cercò di rispondere mentre cincischiava impacciata con le carte: “Ergh, sì...Le indicazioni sono precise, ma è la quarta o la quinta galleria che attraversiamo e tutte quelle che abbiamo già passato avevano delle uscite verso destra”.
Troppo tardi per ripensarci: la Passat stava già percorrendo la rampa di cemento attorcigliato, una delle diverse fauci per entrare nel calderone perugino.
Il Fratello sul sedile posteriore fece un gesto, per meglio dire un rumore. Forse segnalava che si era accorto della vicenda in corso, o forse per mostrare disappunto. Il guidatore cadde subito in uno stato di profonda preoccupazione: “Quindi abbiamo sbagliato l'uscita”.
L'automobile procedeva lentamente, era ancora alla metà della rampa: un limbo di confine che in quel momento poteva spalancarsi nella voragine di un luogo ostile pronta a risucchiarli. O questo fu il pensiero comune delle tre Bestie alberganti nei corpi dei tre Dannati.
La donna a cui era stato dato il compito di indirizzare la consorteria d'occasione stava per dire qualcosa ma il terzo, l'ospite sul sedile posteriore, l'anticipò: “Ci fidiamo dei suoi sensi finissimi Madre”, disse con ipocrita bonarietà malcelante stucchevole disprezzo.
“Il fatto che possa vedere perfettamente nell'oscurità non comporta automaticamente che sappia intuire la direzione giusta”, rispose prontamente la femmina Ombra; e stava per porgere le cartine stradali al compagno di viaggio per incitarlo a rendersi utile e contraccambiare il disprezzo col disprezzo, ma s'ammutolì. Si fece più gelida di quanto mai fosse stata dalla notte del suo Abbraccio non appena Perugia si pose sotto gli occhi suoi lasciando esterrefatta lei, e anche gli altri due.
Torreggiava alla loro destra l'Hotel Plaza, le sue quattro stelle d'argento e una corona tricorne dello stesso colore. Le vetrate, alzate con numerose decine di finestre riversavano su di loro luce intensa con le sfaccettature del cristallo; così tanta luce che era possibile vedere senza sforzo i dettagli dei suoi interni: mobilio e sfarzo, e anche mortali in movimento di qua e di là. Tutte intorno a loro, chiusi in una scatola di metallo semovente, altre scatole scorrevano lentamente. Decine, no, centinaia in pochi metri, incanalate, sobbalzanti; quando disposte in file fluide che sgranavano, quando l'armonia s'inceppava e tutto si muoveva a scatti e senza ordine in un caos di fasci luminosi che giocavano sul parabrezza; spie direzionali che brillavano confondendosi col rosso cupo degli stop e coi taglienti riflessi delle carrozzerie multicolori. I motori rombavano o bacchettavano, uno sporadico colpo di clacson o passava la musica di un hi-fi a volume alto, e i gas di scarico formavano nuvolette prima di disperdere le loro polveri nell'aria: vita!
Sebbene fosse già trascorsa la mezzanotte il volume del traffico scompaginava virtualmente il concetto e il senso del tempo. Era una serata umida e piovigginosa, e questo esaltava ancor più l'orgia dei colori e dei riflessi. Quando con andatura altalenante e smozzicata l'auto superò l'angolo dell'Hotel Plaza, gli occhi dei tre Fratelli girarono verso destra su via Palermo e superarono d'impeto la barriera visiva dei condomini per farsi assorbire dall'alone ambrato che il cuore della città sprigionava, lassù, sulla cima della collina: Perugia!
No, le arti di una Mekhet non conferivano un gran vantaggio in una città come questa.
Il guidatore, colpito come gli altri due dallo spettacolo, era visibilmente innervosito dal traffico e dal panorama – lui era Consacrato, e il pensiero di una visione infernale fu insopprimibile.
“Deve andare a destra, segua la strada: c'è la direzione obbligatoria, poi al semaforo vada ancora a destra, dovrebbe esserci un altro semaforo poco dopo, al quale dovremo poi svoltare a sinistra prendendo una via chiamata 'dei Filosofi'”, disse la donna, sperando che ciò tranquillizzasse il conducente. Ma nessuno tra loro era tranquillo.
“Che città...” Sospirò il terzo passeggero con gli occhi attaccati al finestrino.
“Molto affollata...Cioè incasinata”, rispose il guidatore mentre tentava di non essere d'intralcio a tutti gli altri automobilisti.
“È un Principato Invictus da un secolo e mezzo, e si dice che il Principe l'abbia voluta così”, intervenne la Mekhet addetta alla navigazione.
“Lui si fa chiamare Barone, ed è un Fratello molto rinomato per il suo potere e i suoi meriti. Guardate qua: una città così piccola rispetto alle metropoli del Nord, e così densamente popolata. Qui di certo nessuno soffre la fame”.
“È un inferno!” Esclamò il guidatore, “Non c'è ordine, c'è solo casino. E poi il 'Barone' per creare un posto come questo ha spezzato il Dominio della Lancia. O forse il fatto che sia un anziano Patrizio lo rende trascurabile?”
Il Ventrue seduto dietro non rispose, era trasognato e sopraffatto dal fascino di tutte quelle vene a spasso per accorgersi che peccava gravemente nei confronti della Santa Lancia del Centurione e di Dio Stesso. Quel poco che si sapeva su Perugia tra i vampiri Consacrati, faceva corrispondere la città a una novella Sodoma, un carnaio di vizio, in proporzione più simile a una città del Terzo Mondo piuttosto che una delle meglio regolate città del Nord.
“Ed è una città pericolosa”, puntualizzò la 'Madre' a supporto del guidatore mentre l'auto solcava i tornanti della sezione più bassa di Via della Pallotta, prima dell'incrocio a cui avrebbe svoltato a sinistra per porre fine al viaggio, “Per quanto sembra, questo edificatore di città per il Primo Stato che da tanto regna, non è capace di eliminare dei nemici come Sette, e tante altre cose...”
“Altre cose cosa?” Replicò piccato il terzo passeggero, “Se qui abitano oltre trenta Fratelli le sembra semplice evitare che vi siano – di tanto in tanto – vicende un po' turbolente? Non si senta libera di denigrare il Primo Stato quando noi stesi a Padova siamo soggetti al Dominio dell'Invictus meneghino”.
“Oh no, mai! Io accetto in pieno il Volere di Dio che ci ha posti come secondi sulla terra, Custodi dello spirito dei Fratelli piuttosto che della loro politica; ma le storie che arrivarono su Perugia dieci anni fa, raccontarono bene come questo posto abbia la necessità di una guida di Fede piuttosto che di Potere”.
L'auto era di nuovo ferma a un semaforo: “Dieci anni fa..?”, si lasciò sfuggire il Ventrue sul sedile posteriore.
“Svolti a sinistra, sempre dritto fino in fondo, troveremo un posteggio a pagamento chiamato Piazzale Europa”. Fu la risposta della donna vampiro.
“Cosa accadde dieci anni fa?” Ripeté ancora il Ventrue.
“Il Maligno”, si sentì rispondere e ciò provocò in lui uno sbuffo annoiato.
“Parlo di segni evidenti e di lutti numerosi, parlo di segni di malvagità e di presagi infausti, parlo della Sua presenza e del Suo potere concreto...” Lo inondò la Mekhet, “E del fatto che nessuno ha mai affermato con chiarezza che tutta l'opera dell'Avversario fu distrutta...Non dovrei, ma ho come il timore che Lui sia veramente in questa città e che lusinga col suo fascino alcuni Fratelli non appena vi mettono piede”, si udì un rumore sordo e animalesco da dietro, “Che sono chiamati a officiare un rito, per giunta”, si affrettò a concludere la donna come se volesse mordersi la lingua mentre in contemporanea il guidatore scattava per controllare che il terzo viaggiatore non andasse oltre il sussurro ferino, come minaccia nei confronti di un'Ombra dalla lingua lunga.
Fortunatamente il viaggio era giunto al termine. Percorsa fino in fondo la via che tagliava uno dei vecchi quartieri popolari della città, la più recente struttura di Piazzale Europa li attirò come una calamita attira una pagliuzza di ferro. Erano a poche decine di metri dal primo Elysium cittadino e ne erano del tutto inconsapevoli. Gli era stato detto di lasciare l'auto al parcheggio sotterraneo e di salire sulla terrazza, laddove una serie di scale mobili collegano il posto con una strada a un livello ancora più in alto, e così via tra scale, elevatori e altri tapis roulant fin sulla sommità dell'Acropoli.
Quando scesero dall'auto nel parcheggio sotterraneo, le loro articolazioni scrosciarono rumorosamente, ma nessuno di loro si sentiva realmente stazzonato dal lungo tragitto sulle strade di mezza Italia. Invece li disturbò un poco la presenza delle telecamere, il vero nemico dei vampiri negli ultimi anni, ma le note ricevute dicevano che questi dispositivi capaci di rivelare inconfutabilmente la loro natura a un osservatore qualsiasi, non dovevano essere motivo di preoccupazione per loro fin quando (perlomeno) loro non sarebbero stati un motivo di preoccupazione per altri Fratelli...La sottigliezza e le lame che tagliano da tutti i lati sono delle speciali costanti nella società Dannata, basta sopravvivere a essa per alcuni anni per abituarsi al fatto che ogni libertà nasconde una minaccia e viceversa.
Gli era stato detto che se fossero giunti in orario, avrebbero trovato un Fratello ad attenderli. Non gli era stato detto cosa sarebbe successo se avessero tardato, per questo avevano controllato forsennati gli orologi durante tutto il tragitto.
Salirono le scale interne fino alla terrazza, come indicato. Cadeva una pioggerellina fine, quasi impalpabile, e sembrava una serata fredda e fastidiosa. In base alle loro esperienze doveva essere una serata con poco bestiame in giro, ma in questa città le regole parevano del tutto aliene (sì, demoniache). Perlomeno le intemperie rendevano frettolosi gli uomini, con i baveri dei cappotti sulla bocca e i copricapi calcati sulle teste abbassate.
Salirono e, niente. Neppure si guardarono intorno. Si strinsero tra loro fingendo un tentativo di condividere del calore; aspettavano di sentire un Marchio, la scarica dell'energia della Bestia che correva su per la schiena e ronzava all'altezza delle orecchie ogni qual volta due predatori di sangue si incontravano. E speravano che non accadesse niente di brutto. Perché, ognuno di loro e ognuno della loro Gente, ha il suo Marchio, e la Bestia: il mostro personale che seppur non parla è sempre irresistibilmente chiara e semplice. L'istinto, il demone della Dannazione che col Peccato Originale entrò nell'Uomo, e col Peccato del Sangue che ogni sire compie quando crea una progenie vampiro, risale in superficie erodendo parte dell'Uomo (o quasi tutto). La Bestia è il male del mondo, la quintessenza del peccato, la forza bruta che fa schiacciare senza misericordia e ragione il più debole; la perfida astuzia che fa scappare impazziti di paura quando incontra un predatore più potente di Lei stessa. A conferma della verità assoluta che Dio ha dato posto ai Dannati nel mondo, vi è quella verità per la quale ogni volta che due vampiri si incontrano la prima volta, per un secondo o per molto di più, l'Uomo scompare e la Bestia conquista spazio. Solo con la Fede e con la Grazia del Signore che reprime la forza oscura della Vitae, si può impedire che due Fratelli si saltino alla gola ogni volta.
Il Marchio sopraggiunse dopo pochissimo. Nessuno dei quattro (perché si era aggiunto ovviamente una altro Fratello) volle muoversi fin quando non fu sicuro che il l'Animale non avrebbe giocato uno dei suoi schemi perversi. Poi i tre, per così dire, tirarono un sospiro di sollievo: erano arrivati puntuali.
Sonia Corsari era di fronte a loro – chi per funzioni e Qualità del Sangue poteva essere migliore per riceverli? Milizia dell'Augusto Barone e Sangue di Loup-Garou, con la forza ricevuta da questa Vitae non tremava mai di fronte a nessuna Bestia, neppure a quelle più potenti.
Sonia si riparava dalla pioggia grazie a un ampio ombrello color crema, sotto il cappotto scuro e la sciarpa di alcantara indossava uno dei suoi tailleur da manager con pantaloni e stivali. I tre videro solo una Sorella Abbracciata quando doveva avere sui trent'anni, abbastanza alta e di aspetto gradevole, forse con dei lineamenti un po' anonimi; poco trucco e solo una spilla sul taschino del cappotto dove i signori, invece, di solito fanno sfoggio di un fazzoletto sapientemente ripiegato.
Ma quando la ragazza dai capelli nei raccolti sulla nuca li salutò, i tre dovettero dar dimostrazione di rispetto, riverenza, etichetta e anche di un pizzico di timore.
“Benvenuti Fratelli. Sono la Signorina Corsari, Sangue di Luop-Garou, Milizia del Dominio di Perugia e Inviata dall'Augusto Barone Stesso a porgere la Sua accoglienza ai benvenuti”, disse Sonia con naturalezza, restando ritta e piantata sui suoi tacchi perché in quel momento lei era il dominio in persona per loro.
Il Ventrue fu il primo a scostarsi dai compagni di consorteria per presentarsi; non era molto alto, un mezzo biondo un po' grasso sui quarant'anni con la pelle lucida e ambrata: “Onorato dell'accoglienza. Paolo Valtenti, Fratello Consacrato del clan dei Ventures. Sono giunto con i miei accompagnatori su richiesta di Sua Eccellenza il Vescovo di Perugia. Porgo i miei rispettosi saluti, e quelli di sua Eccellenza in Padova a Sua Altezza il Barone”, abbassò ossequiosamente il capo, “E sono lieto di fare la vostra conoscenza”.
“Grazie Signorino Valtenti”, rispose la Corsari appioppandogli d'ufficio uno status lei stessa, visto che Valtenti aveva trascurato di dichiarare la sua età, “Il Dominio è a conoscenza del vostro arrivo e del motivo che vi ha mosso a fare il lungo viaggio, spero che sia stato piacevole” – “Piacevole, sì”, interruppe Valtenti, e la Corsari fu costretta a indurire la voce: “Prima che vi scorti presso i vostri Fratelli di Congrega, permettetemi di conoscere i vostri compagni”.
“Sono Simone Malipietro”, disse alle spalle del Ventrue quello che aveva guidato per tutta la strada senza interruzioni; ben piazzato di spalle, chiuso nel cappotto e con un cappello ben calcato sulla fronte che lasciava vedere molto poco a parte un volto ruvido, chiazzato irregolarmente di barba spinosa, “Ancilla dei Nosferatu di Padova e Unto dalla Sacra Lancia”. Adesso si capiva bene il motivo dell'abbigliamento decisamente ottenebrante; ma il rappresentante degli Infestatori ebbe un inaspettato atto galanteria: “Permetta che le presenti la Sorella Madre Amorosa, Ancilla delle Ombre, anch'essa devota a Longino”.
La Corsari si sforzò di rivolgere un sorriso cordiale al vampiro minuto che vestiva come una vecchia: scarpe basse, calze di tessuto grossolano e spesso, cappotto dozzinale e la testa coperta da un fazzoletto; l'unica cosa che usciva dal fagotto era un paio di grossi occhiali, quadrati, con la montatura d'osso.
Una compagnia molto mal assortita, facciamo in fretta a scaricare il pacco. Pensò Sonia.
“Bene, lieta delle vostre presentazioni. Vi recherò immediatamente da sua Eccellenza il Vescovo Monteleoni, e strada facendo vi illustrerò alcune usanze che dovete conoscere indispensabilmente. Se volete seguirmi”, disse Sonia e si voltò in direzione delle scale mobili che portano verso la stazione di Sant'Anna iniziando ad ancheggiare come solo lei sa fare.
“La vostra è una magnifica città e sarebbe meraviglioso avere il privilegio di restare in visita, purtroppo alcune incombenze che abbiamo lasciato a Padova ci richiameranno immediatamente sin da domani notte”, disse ambiguamente Valtenti.
“Domani sera è prevista la vostra Presentazione”, smentì seccamente il Segugio, “L'Augusto in persona vi darà formale accoglienza nel Suo Dominio, e se l'Augusto avrà un impegno inderogabile, sopperirà alla funzione sua Signoria Ortensio del Megnis, anziano Priore del Sangue Patrizio”.
“Oh ma non vorremmo essere per voi un peso”, provò lo stesso il Ventrue.
Erano già arrivati di fronte alle scale che si alzavano in una fenditura fra dei palazzi a cavallo tra il piccolo parcheggio della stazione e Via Roma. Anche se era l'una di notte, dovettero rallentare l'andatura per via della calca. Quale situazione migliore per mostrare a questi padani che i loro timori erano del tutto infondati!
“Perugia è prospera e ricca. Siamo tanti e voi non sarete un peso”.
I tre si guardarono intorno abbastanza frastornati e persino assetati, visto che la loro partenza era stata così 'mattiniera' da fargli saltare la colazione.
“In questo momento ci troviamo in quella zona di città chiamata l'Acropoli. Per la precisione siete entrati nell'Acropoli quando avete svoltato al semaforo di Via dei Filosofi”, riprese la Corsari mentre li guidava nell'attraversamento di una delle canalizzazioni intasate intorno a Largo Cacciatori delle Alpi verso il sottopassaggio che li avrebbe condotti alla porta dei Tre Archi. “L'Acropoli è la zona di maggiore pregio e privilegio della città per noi...” Sonia lasciò che l'allusione si completasse da sé nelle menti degli altri in quanto erano spalla a spalla con un gruppuscolo di studenti. Quando si furono distanzianti abbastanza, riprese: “Tutto l'intero territorio dell'Acropoli è suddiviso e assegnato ai Fratelli e alle Sorelle di indiscusse qualità, i 'Fratelli del Corso'. Solo loro possiedono su concessione dell'Augusto il diritto di caccia sui loro territori assegnati: chi ha un locale molto frequentato, chi due o tre piccoli, altri alcune palazzine popolate e vivaci”.
Passando di fronte al primo pub del centro storico vero e proprio, Sonia rallentò di nuovo e raccolse sotto l'ombrello quanti poté degli altri, abbassando la voce fino al sussurro: “Non è tollerato in nessun modo che qualcuno si nutra senza permesso nell'Acropoli. O vi è la Parola dell'Augusto, oppure l'assegnatario vi invita; qualunque altra situazione è ritenuta Bracconaggio”, l'esposizione dell'ultimo concetto fu veramente aspra, per mettere in evidenza che quelli erano i casi che potevano interessarli.
“Siate cauti”, riprese Sonia sotto la chiesa di Sant'Ercolano con un piede sul primo gradino della scalinata che portava a Corso Vannucci, “Anche se non c'è impedimento per nessuno a entrare nell'Acropoli, passare [proprio come stavano facendo] per le sue vie all'insaputa e senza la condiscendenza dei Fratelli del Corso è spesso sinonimo di mancata educazione. Nel migliore dei casi”.
Simone Malipietro, che non aveva la dote innata per capire le cose al volo, azzardò come come conclusione: “Quindi, nei fatti, non è possibile entrare nell'Acropoli, e come faremo a uscirne?” Sonia sorrise, a differenza di Valtenti che aveva pensato alla stessa cosa ma era rimasto zitto per non sembrare idiota.
“In questo momento siete sotto la mia custodia. Quando io non sarò più con voi, vi sarete Presentati all'Augusto e trattati come ospiti”, gli rispose lei infingarda mentre proseguiva nella salita e Valtenti iniziava a notare la sua sensualità animalesca. Sonia continuò: “Ovviamente in quanto ospiti dovrete attenervi a delle regole. Se nessuno vi darà ospitalità tra le sue vene, dovrete uscire dall'Acropoli. Perugia non è così piccola come potreste pensare, ci sono molti posti per nutrirsi. Alcuni però sono territori personali di altri Fratelli che non hanno l'onore dello status di Fratelli del Corso. Siate attenti, ci sono molti zotici: i Carthiani sono incredibilmente gelosi di quelle che sono, per loro, le conquiste del loro Movimento; i Dragoni sono Fratelli più apprezzabili, ma questo sta a voi deciderlo. Vi sconsiglio invece di avvicinarvi alle zone dove ci sono i Pagani; loro non vedono di buon occhio nessuno e poi, ah!, ci sono altri posti dove è meglio non addentrarsi, ci sono pericoli chiamati le Nemesi e la Minaccia, ma i vostri confratelli vi sapranno illustrare meglio”.
Valtenti a questo punto non resse. Aveva capito che la 'Milizia del Primo Stato' li stava menando sottilmente per il naso: “Quindi è come dire che siamo i benvenuti ma non abbiamo alcuna possibilità di nutrirci?”.
“Oh Signorino, lei mi fraintende”, rispose Sonia, “Nessuno da quando su Perugia Regna l'Augusto ha conosciuto una sola notte di sete! Tutti qui hanno la loro parte secondo giustizia, chi non possiede territorio o status può scegliersi come prede una delle numerose prostitute della città”.
Sonia disse la cosa con la stessa naturalezza con la quale quale un uomo poteva dire “puoi sempre fare un saldo da McDonald!”, ma la consorteria padovana si fermò proprio sugli ultimi gradini agli inizi del mattonato di Via Oberdan. Ovviamente la più sconcertata fu Madre Amorosa.
Sonia ruotò il busto disegnando una tenue stria di goccioline con le falde dell'ombrello: “Sono molti i Fratelli che optano per questa soluzione, noi li chiamiamo semplicemente 'Puttanieri' e non c'è niente di strano in questo termine solo...”
“Delle regole?”
Sonia sorrise di nuovo, gli altri tre un po' meno: “Potete recarvi in una via dove le prostitute attendono i clienti, oppure in uno degli appartamenti che si trovano fuori dell'Acropoli, e fingervi semplicemente dei clienti umani. Avete capito, no? Nel primo caso, se la scegliete per strada, sarà la prostituta stessa a dirvi cosa fare, voi dovrete semplicemente seguire le indicazioni, pagarle il compenso pattuito, così da togliere ogni sospetto, e trattarla con rispetto. Ossia non abusare di lei o arrecarle danni alla salute, così come si fa per qualunque altra preda”.
I tre vampiri Consacrati, tra cui una donna, avrebbero avuto milioni di cose da dire su queste 'usanze' pur restando negli stretti confini di ciò che era accettabile che sollevassero come obiezione, ma quando le ali degli antichi palazzi svanirono intorno a loro e vennero catapultati nell'epicentro sociale di Perugia, desistettero dal tentativo, arrendendosi all'evidenza che questa era una 'città meridionale' e che forse era vero che Satana abitava qui.
Avevano attraversato a piedi circa metà di quella che era l'Acropoli, quasi fendendo stormi di mortali sbucati da tutte le parti, c'era chiasso, chiacchiericcio confuso in ogni angolo; ogni porta degli edifici che avevano incontrato (e furono diverse) era aperta, gli interni illuminati e frastuono di musica d'ogni genere e tanti uomini e donne sulle soglie con delle sigarette accese e bicchieri di alcolici in mano, volti gaudenti. Ora lo spazio diventava enorme. Forse non molto, ma l'illusione ottica provocata da...Quante? Cinquemila? Forse diecimila persone ondeggianti qua e là nonostante la pioggerellina fastidiosa era un pugno nello stomaco per chi era abituato a posti molto più aridi e spopolati. Per non parlare dell'illuminazione. Oramai erano nel corso principale della città e l'intensità delle luci era incredibile...Sembrava giorno! O era quella che loro ricordavano essere la luce del giorno.
E non era finita. Quella non era che Piazza Matteotti, vista dallo scorcio di Via Guglielmo Oberdan. Il Palazzo delle Poste era un blocco di marmo scolpito davanti a loro e il Segugio li guidava tra la bolgia verso la larga traversa di via Mazzini occupata da numerosi tavolini riparati sotto fitte coperture di teli e ombrelloni.
Oltre la traversa, Corso Vannucci era almeno una volta e mezzo in larghezza di Piazza Matteotti e due volte più affollata. Si distendeva da sud ovest a nord est come una conca brulicante. Per più volte nelle spazio di pochi metri Sonia dovette fermarsi per non perdere i tre Consacrati. Fortunatamente in quel frangente, col Marchio del Predatore riusciva a individuarli come con un radar. I tre erano veramente a disagio, per non dire affaticati nel muoversi schivando e strusciando tutti quei corpi assembrati, e mano a mano che avanzavano in direzione della Cattedrale di San Lorenzo, sembravano diventare sempre più numerosi. Lassù la gradinata della chiesa sembrava lo spalto di uno stadio...Bestemmia!
Ma a un certo punto Sonia scartò improvvisamente verso sinistra, e seguendola i tre si infilarono sotto la volta alta e stretta che univa Palazzo dei Priori al Collegio del Cambio. Via dei Priori scendeva, chissà dove si chiedevano, ma almeno qui la pressione del carnaio si attenuava anche se di poco.
“La via che abbiamo imboccato ora segna per noi un confine invalicabile. Oltre questo, la zona che comprende tutta Piazza IV Novembre la chiamiamo la 'Colonna', ed è assolutamente vietato entrarvi”.
La Colonna? Confine? Vietato? I tre non avevano visto o percepito assolutamente niente di quello che gli era stato appena illustrato, ma erano troppo nervosi e le Bestie troppo solleticate da tanto sangue in circolazione per arrischiarsi in nuove domande e peregrinazioni ipotetiche. Perugia aveva le sue 'usanze'. “L'unico modo per andare da un punto all'altro dell'Acropoli senza passare per la Colonna è prendere strade alternative”, disse ancora la Corsari mentre svoltavano a destra: il vicolo li riportò in Piazza Morlacchi. Lì imboccarono un altro stretto tra due edifici che passava per l'apertura delle Scalette dell'Acquedotto, poi un'altra via in pendenza che portava all'Arco Etrusco. Risalirono l'antichissima via fin quando il lato 'in ombra' della Cattedrale non ricomparve. Avevano girato in tondo e lì c'era un portone riparato agli occhi indiscreti. I tre capirono – o desiderarono tantissimo – di essere finalmente arrivati.
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